Lunedì 25 marzo alle 21 presso la Biblioteca del Carrobiolo a Monza, terzo incontro del ciclo “Papa Francesco il coraggio di un profeta”. Protagonisti i giovani e gli anziani. Anche questo incontro replicherà il format dei precedenti: una presentazione di Fabrizio Annaro e una introduzione di Gerolamo Spreafico per poi lasciare la parola al pubblico. Seguirà la riflessione di Monica Amadini, pedagogista.
Ecco alcuni spunti che saranno poi ripresi durante la serata.
Papa Francesco dice: no alla solitudine delle nostre città, anziani e giovani crescano insieme. Gli anziani sono le “radici di cui i più giovani hanno bisogno per diventare adulti”, occorre allora che ci siano scambi proficui e costruttivi fra le diverse generazioni e soprattutto che la terza età non venga emarginata e isolata.
E aggiunge: “Stiamo attenti che le nostre città affollate non diventino dei “concentrati di solitudine”; non succeda che la politica, chiamata a provvedere ai bisogni dei più fragili, si dimentichi proprio degli anziani, lasciando che il mercato li releghi a “scarti improduttivi”. Non accada che, a furia di inseguire a tutta velocità i miti dell’efficienza e della prestazione, diventiamo incapaci di rallentare per accompagnare chi fatica a tenere il passo. Per favore, mescoliamoci, cresciamo insieme.”
Rivolgendosi ai giovani Papa Francesco nella Giornata mondiale della gioventù a Lisbona ha affermato: “La gioia non sta nella biblioteca, chiusa – anche se è necessario studiare! – ma sta da un’altra parte. Non è custodita sotto chiave. La gioia bisogna cercarla, bisogna scoprirla. Bisogna scoprirla nel dialogo con gli altri, dove dobbiamo dare queste radici di gioia che abbiamo ricevuto. E questo, a volte, stanca.
Vi faccio una domanda: voi vi stancate a volte? Pensate a cosa accade quando uno è stanco: non ha voglia di far niente, come diciamo in spagnolo uno getta la spugna perché non ha voglia di andare avanti e allora uno si arrende, smette di camminare e cade. Voi credete che una persona che cade, nella vita, che ha un fallimento, che anche commette errori gravi, forti, che la sua vita sia finita? No! Che cosa bisogna fare? Alzarsi! E c’è una cosa molto bella che oggi vorrei lasciarvi come ricordo. Gli alpini, ai quali piace scalare le montagne, hanno un canto molto bello che dice così: “Nell’arte di salire – sulla montagna –, quello che conta non è non cadere, ma non rimanere caduto”. È bello!
Chi rimane caduto è già “andato in pensione” dalla vita, ha chiuso, ha chiuso alla speranza, ha chiuso ai desideri e rimane a terra. E quando vediamo qualcuno, un nostro amico che è caduto, cosa dobbiamo fare? Sollevarlo. Fate caso a quando uno deve sollevare o devi aiutare una persona a sollevarsi, che gesto fa? Lo guarda dall’alto in basso. L’unica occasione, l’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso, ed è per aiutarla a rialzarsi. Quante volte, quante volte vediamo persone che ci guardano così, sopra le spalle, dall’alto in basso! È triste. L’unico modo, l’unica situazione in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso è… ditelo voi…, forte: per aiutarla ad alzarsi.”