
«Nelle mie due vite ho capito che per fare la guerra basta un’arma, per fare la pace occorre coraggio. Per fare in modo che una guerra duri ci vuole odio autentico e il mondo è così piccolo che tutte le guerre sono guerre civili. E in una guerra civile devi odiare il tuo prossimo. E odiare il prossimo è il più banale ma potente dei mali. Per i fabbricanti di armi questa, in fondo, è la più solida garanzia che sul loro business non tramonterà mai il sole».
L’ingegnere Vito Alfieri Fontana ha vissuto due vite: la prima da progettista e fabbricante di mine antiuomo e anticarro alla guida dell’azienda di famiglia, la Tecnovar Italiana di Bari, la seconda da sminatore umanitario per l’Ong Intersors e la cooperazione italiana lungo la dorsale minata dei Balcani, dopo la guerra civile che ha insanguinato Serbia, Bosnia e Kosovo negli anni Novanta.
Due vite agli antipodi, una crisi drammatica costellata da una serie di incontri decisivi, a cominciare da quello con don Tonino Bello.
La storia di Vito Alfieri Fontana, raccontata nel libro Ero l’uomo della guerra (Laterza) scritto insieme al giornalista di Famiglia Cristiana, Antonio Sanfrancesco, è al centro dell’incontro letterario in programma sabato, 2 dicembre alle ore 18 al Refettorio Ambrosiano di Milano (piazza Greco, 11) e organizzato dall’Associazione per il Refettorio Odv insieme all’Associazione Regionale Pugliesi di Milano.
All’incontro, moderato da Costanza Cavalli, intervengono gli autori del libro, il giornalista e scrittore Agostino Picicco e il presidente dell’Associazione regionale pugliesi di Milano Camillo de Milato.