Una società coesa, buona e giusta, aperta e attenta agli ultimi. In una parola, una società “santa”. È questo l’alto auspicio del cardinale Tettamanzi per la sua Milano. Un obiettivo che appare irraggiungibile, o quanto meno astratto, che fa sorridere i disillusi. Ma che l’Arcivescovo ha invece indicato come possibile ai giornalisti presenti alla conferenza stampa tenutasi questa mattina in Curia, a conclusione del Pontificale in Duomo nella festa di Maria bambina che ha aperto l’Anno pastorale.
Perché proprio il tema della santità? Perché sarà San Carlo Borromeo – nel quadricentenario della canonizzazione – la figura spirituale al centro del prossimo percorso pastorale. «Non si tratta solo di ricordare una figura straordinaria della storia della Chiesa – ha detto l’Arcivescovo -, né di affidarci a lui, anche se ne abbiamo un gran bisogno. Questo centenario ci invita a raccogliere la sfida della santità».
Una sfida a portata della Chiesa, per la quale la santità non deve essere una delle questioni cruciali, ma “la” questione di fondo, anche per tutta la società: «Pensiamo spesso alla santità come a qualcosa di astratto, quando non c’è niente di più vicino al nostro cuore e al senso della vita». E, con concretezza tutta lombarda, il Cardinale ha spiegato in dettaglio come intende questa “santità laica”: «Parlo di una società ricca di bontà e giustizia, attenta alle situazioni faticose e laceranti della vita. E anche di una economia e di una finanza più “etiche”, perché l’etica non è un freno, ma qualcosa che può dare garanzia e impulso a un sistema che sia sempre più a servizio dell’uomo».
Un’apertura al bene comune che deve improntare anche la politica: «La politica è santa se affronta i problemi concreti con occhi che guardano al futuro». E a questo proposito Tettamanzi ha fatto cenno alle scelte riguardanti l’Expo 2015, «che sono importanti oggi, in vista del 2015, ma soprattutto per il futuro. La lungimiranza, una dote tanto raccomandata da San Tommaso, significa saper guardare al domani, in fatto di tempi, ma anche di “spazi”: com’è possibile essere così tanto localisti nella società della globalizzazione?».
Sulla strada da percorrere per arrivare alla santità, il cardinale Tettamanzi non ha dubbi: deve passare attraverso la croce. Che tradotto nella società significa pensare alle ferite della città, quelle stesse che San Carlo passava a toccare con le sue mani durante la peste del 1576, e che oggi si chiamano soprattutto solitudine e mancata integrazione. E – nonostante l’Arcivescovo abbia tenuto a precisare che l’integrazione non riguarda solo gli immigrati, «ma anche le tante persone che a una certa età si trovano espulsi dal ciclo produttivo, i carcerati, gli ammalati negli ospedali» -, è arrivata immancabile la domanda sulle sue recenti dichiarazioni riguardo al luogo di culto per la comunità islamica: «Ho parlato sempre in maniera chiara, – ha precisato l’Arcivescovo -, per questo mi piacerebbe che non si aggiungesse nulla, ma nemmeno si togliesse qualcosa dalle mie dichiarazioni. Per esempio, non ho mai parlato della richiesta di una moschea, bensì della richiesta di luoghi di culto per gli islamici: ho parlato di legalità, di diritti, ma anche di doveri».
E, sempre in tema di integrazione, Tettamanzi ha avuto parole di accoglienza anche per i 250 rom che ieri hanno subito lo sgombero del campo di via Rubattino: «Richiamare il tema della legalità e quello della sicurezza non basta. Bisogna pensare alla sofferenza dei bambini, che rischiano di non andare più a scuola perché sgomberati. Certo lo sgombero non è la soluzione del problema».
Infine, visto che la santità non è un concetto teologico, ma tocca il nostro quotidiano, il Cardinale ha annunciato la proroga per un altro anno del Fondo Famiglia – Lavoro (che per statuto avrebbe dovuto durare solo fino alla fine del 2010), comunicando anche i dati di questo fortunato esperimento lanciato durante le celebrazioni natalizie del 2008: «Dovrò pensare a qualcosa di altrettanto coinvolgente per il prossimo Natale», ha detto scherzando.
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