Giovedì 7 ottobre il Decanato di Monza presenterà al cardinale Dionigi Tettamanzi la Carta di comunione per la missione. Il documento, redatto su indicazione dell’Arcivescovo, ha l’intento di definire in modo sintetico e concreto le scelte pastorali locali con spirito comunitario e missionario. «La Carta – spiega monsignor Silvano Provasi, decano di Monza – è composta da tre capitoli fondamentali attorno cui ruota il nostro futuro: comunione, corresponsabilità, missione, declinati in diversi modi e con propositi concreti».
Partiamo dal principio: quale metodo di lavoro avete scelto per preparare il documento?
Abbiamo preferito riservare una settimana intensiva a gennaio piuttosto che programmare serate a scadenze mensili. Ci siamo riuniti, il lunedì sera, a livello assembleare con il Consiglio pastorale decanale. Abbiamo letto la lettera scritta dal Cardinale a seguito della visita pastorale e abbiamo scelto i temi fondamentali su cui lavorare, divisi in commissioni. Il giorno successivo, che coincideva con la consueta riunione mensile del clero del Decanato, tutti i sacerdoti sono stati invitati a elaborare il materiale in una giornata intensiva, dalle 10 alle 17, sulla base della lettera dell’Arcivescovo. La sera del mercoledì si è nuovamente riunito il Consiglio pastorale decanale, allargato ai referenti dei diversi gruppi di lavoro, per proseguire la riflessione. La conclusione delle attività, domenica, è coincisa con la stesura pressochè definitiva della Carta e con i vespri celebrati insieme in Duomo.
Pensando la Carta, avete individuato ambiti che necessitano maggiore attenzione?
Sì, per esempio abbiamo scelto di dedicare più energie al sacramento della Riconciliazione, riconoscendo che oggi è in condizione di sofferenza. In certe parrocchie i confessionali sono deserti. Ne è nata una decisione molto concreta: quest’anno in Duomo sarà disponibile tutti i giorni un sacerdote per la confessione, dalle 7.30 alle 12 e dalle 15 alle 18. Parallelamente, abbiamo pensato di coinvolgere i genitori a stimolare i figli alla Riconciliazione.
Come avete affrontato i capitoli “comunione”, “corresponsabilità” e “missione”?
Per quanto riguarda la comunione, tra le altre cose abbiamo posto nella Carta l’obiettivo di intensificare la collaborazione con i numerosi istituti religiosi (6 maschili e 13 femminili) e i movimenti presenti sul nostro territorio. A ciò si aggiunge il desiderio di un maggiore coinvolgimento delle parrocchie di Brugherio e Villasanta, che con Monza completano il Decanato.
Per quanto riguarda la corresponsabilità?
Un primo esempio di questo valore è stata proprio la stesura della Carta. Ha coinvolto da protagonista il Consiglio pastorale decanale: tutti i membri hanno ritenuto buono il metodo di lavoro utilizzato, lo replicheremo. Altro proposito concreto è un itinerario di formazione per i collaboratori attuali e futuri, da svolgere, al più presto.
E infine, la missionarietà?
Abbiamo suddiviso questo capitolo in tre punti chiave. Innanzitutto la trasmissione della fede, che si traduce in attenzione alla pastorale battesimale, giovanile e scolastica. Poi la carità, che prevede anche un rilancio del volontariato tra i giovani e un’intensificazione del rapporto con le Istituzioni in merito a temi quali l’immigrazione e la legalità. Terzo punto è la cultura, intesa come occasione di dialogo e confronto con i temi dell’oggi.
Il Cardinale chiede che la Carta «non rimanga semplicemente un documento sulla carta, ma che diventi anima della vita di ogni Decanato»…
L’impegno principale di quest’anno sarà attuare quanto è stato programmaticamente scritto. In alcuni ambiti le iniziative sono già avviate da tempo, per altre cose invece partiamo da zero. Abbiamo però cercato la concretezza, nella Carta, appunto perché possa essere applicata nella pastorale quotidiana.
Come si inserisce la Carta decanale nel cammino unitario della Chiesa ambrosiana?
Siamo contenti di rilevare che le nostre riflessioni siano state in qualche modo confermate dal piano pastorale appena varato dal cardinale Tettamanzi. Significa che siamo in sintonia con la Chiesa ambrosiana, cui facciamo sempre riferimento anche all’interno delle scelte di competenza del Decanato».
A livello locale come pensate di declinare il richiamo alla santità sostenuto dal cardinale Tettamanzi?
Credo che la santità sia un impegno per la pastorale locale, anzi localissima. Ogni sacerdote, ogni educatore deve accompagnare i fedeli alla consapevolezza che la santità non è un’utopia lontana, ma è insita nel dna di ogni cristiano. È cosa di tutti i giorni. Noi decani possiamo cercare di capire quali realtà sacramentali (ad esempio la confessione) possono essere strumenti più efficaci di santità. Oppure possiamo metterci maggiormente a disposizione dei fedeli come guide spirituali per aiutarli a non farsi travolgere dagli affanni della quotidianità, ma soffermarsi in ascolto del Signore per capire qual è la loro chiamata alla santità.