Ci si chiede come sia stata possibile la rivoluzione conciliare che, nonostante tali premesse, ha steso con il decreto Unitatis redintegratio una delle pagine più alte della storia del magistero ecclesiastico e certamente uno tra i più innovativi documenti del Vaticano II.
Per capire bisogna ricordare le vicende dolorose e amare vissute dal pionierismo dei grandi protagonisti, primi fra tutti D. Beauduin, Y. M. Congar, Abbé Coutourier.
Basti ricordare due opere in particolare: Vera e falsa riforma della Chiesa e Cristiani in dialogo di Y.M. Congar. Resta, però, da spiegare come l’assise conciliare, pur con fatica, si sia convinta che l’ecumenismo fosse determinante per la Chiesa cattolica.
Ciò è dovuto – ci sembra – a un’esperienza pluridecennale che alimentava l’anima vivente della Chiesa, anche se mortificata e spesso esclusa dalla parola del magistero.
Ci riferiamo in modo preciso a quelle manifestazioni che la storia della teologia chiama, ormai, "movimenti": liturgico, patristico, biblico, laicale, missionario, ecumenico.
Il loro significato è subito intuibile negli stessi termini. La riscoperta della dimensione liturgica, per esempio, ha spostato il centro della Chiesa dalla sua struttura gerarchica a quella di comunità orante e celebrante la gloria del Padre.
Quanto al movimento biblico, che è stato certamente quello che più ha inciso nella riflessione conciliare, la sua sollecitazione ha portato la Chiesa alla propria sorgente, in quanto solo dalla Parola essa nasce, per ascoltarla, celebrarla e annunciarla nella carità.