La responsabilità degli uomini di religione è triplice. Si tratta dapprima di separare la religione dalla guerra, di desolidarizzare le tradizioni religiose dagli istinti di guerra. Non si deve solo evitare che le religioni siano un motivo di guerra o semplicemente di divisione o di disprezzo.
Occorre che le religioni siano, come diceva Pietro Rossano, il segno di un “ rifiuto radicale” della guerra e della violenza per risolvere i conflitti (…)
Una seconda responsabilità consiste nel fare della religione un saldo fattore di pace. Le situazioni di guerra, come ha affermato Andrea Riccardi, hanno potuto riavvicinare persone di religioni differenti (…)
Il dialogo interreligioso è cominciato nei giorni oscuri della seconda guerra mondiale. Nei campi di concentramento, particolarmente per quanto riguarda l’ecumenismo, il dolore dei martiri è stato “scuola di unità” (..).
Una terza responsabilità nei confronti della pace è quella dell’apertura degli uomini di fede alle altri religioni, ma anche ai non credenti, per riunire, secondo l’intuizione di papa Giovanni XXIII, gli uomini di buona volontà.
(da J.D. Durand, Lo “spirito di Assisi” . Discorsi e messaggi di Giovanni Paolo II alla Comunità di S. Egidio: un contributo alla storia della pace , Leonardo International, Milano 2004)