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Diffusione e localizzazione geografica
Al mondo vi sono circa 4 milioni di giainisti, concentrati soprattutto nell’India nord-occidentale.
Cenni storici
Il Giainismo è una religione molto antica che – come il Buddhismo – affonda le proprie radici nella tradizione induista, dalla quale si distinse in seguito a un movimento di riforma rispetto all’ortodossia vedica e brahmanica.
I grandi maestri (o Jina, che in sanscrito significa "vincitori" – nel senso che hanno conquistato le proprie passioni) riconosciuti da questa religione sono ventiquattro: l’ultimo Jina fu Vardhamana (noto anche come Mahavira, o "grande eroe") e visse nel VI-V secolo a.C., più o meno contemporaneamente a Buddha.
Secondo la tradizione, Vardhamana nacque da una famiglia nobile e, a ventotto anni, lasciò la moglie e la figlia per dedicarsi alla religione e alle pratiche ascetiche. Raggiunse l’illuminazione interiore, rifondò la comunità giainista e morì di digiuno a settantadue anni.
Nel I secolo d.C. la comunità giainista si scisse in due correnti principali: i Digambara ("vestiti d’aria"), più conservatori, secondo i quali i monaci dovevano vivere completamente nudi, e gli Svetambara ("vestiti di bianco"), che accettavano che i monaci indossassero una veste bianca.
Testi sacri
Il canone Svetambara, denominato Agama, risale al II-III secolo a.C. e comprende parabole e leggende riferite alla figura di Mahavira.
I Digambara negano l’autenticità di questi testi e il loro canone comprende le opere del monaco Kundakunda (circa IV secolo d.C.).
Princìpi fondamentali
Come gli induisti e i buddhisti, i giainisti credono nella reincarnazione e nel ciclo delle rinascite (o samsara): il ciclo è eterno (poiché il tempo non ha inizio e non ha fine) e l’obiettivo ultimo del credente è di liberarsi dal proprio karma (dalla somma delle proprie azioni e delle loro conseguenze sulle vite successive) per raggiungere il nirvana, lo stato di eterna quiete.
La liberazione dalla vita terrena si ottiene solo se si riesce a separare l’energia indistruttibile ed eterna dell’anima ( jiva) dai suoi legami materiali, che sono il risultato di passioni nocive.
Il giainista è tenuto a osservare cinque voti:
– Ahimsa: rispettare ogni forma di vita
– Satya: dire la verità
– Asteya: non rubare
– Brahmacharya: per i monaci, questo è il voto di castità; per i laici, si tratta di un voto di monogamia
– Aparigraha: non acquisire più di ciò che è necessario per sopravvivere giorno per giorno (questo voto vale solo per i monaci).
Il principio dell’Ahimsa, che fonda l’etica giainista, è legato al concetto di karma: quando si infliggono dei danni a un’altra creatura (anche involontariamente, come quando si calpesta senza volere un insetto), si accumulano karma negativi che si ripercuoteranno sulle esistenze successive. Secondo la tradizione, vi sono 8.4 milioni di jiva (anime) nell’universo, tra animali, vegetali, particelle minerali e agenti atmosferici: per rispettare il principio di nonviolenza, occorre cercare di limitare il più possibile i danni che si arrecano agli altri esseri animati. È per questo che i giainisti praticano una forma estrema di vegetarianismo, bevono solo acqua già usata per cucinare (di modo che la responsabilità dell’uccisione dei microorganismi nell’acqua non cada su di loro), camminano a piedi nudi e talvolta spazzano con una piccola scopa di fronte a loro per non calpestare inavvertitamente un insetto e, in alcuni casi, si coprono la bocca con un fazzoletto per non inalare qualche creatura microscopica.
Rapporti con le altre religioni
Il Giainismo presenta molti punti in comune con l’Induismo, di cui tuttavia rifiuta alcune nozioni, come quella della divisione della società in caste. Recentemente si è verificato un avvicinamento tra queste due religioni.
(scheda tratta dal sito www.tolerance.it)