Si chiama Yad Vashem la collina di Gerusalemme dove, nel 1953, la Knesset, il parlamento dello Stato d’Israele, decise di istituire “Il memoriale delle vittime e degli eroi dell’Olocausto”, per commemorare i sei milioni di ebrei morti nella Shoah.
Yad Vashem significa letteralmente “un monumento e un nome”, nell’espressione tratta dal passo biblico di Isaia 56, 5 – “ Io donerò loro un posto e un nome che non perirà mai” – scelto proprio a significare che chiunque sia scomparso nella tragedia dei campi di sterminio deve essere ricordato, deve, come è stato detto, “avere voce per continuare a gridare l’orrore”.
Oggi, il complesso è costituito dalla “Sala dei nomi”, dove sono conservati, appunto, circa 3.500.000 di nomi accertati, 58 milioni di pagine di documenti, 100.000 fotografie, migliaia di testimonianze di sopravvissuti.
Inoltre, esiste il “Muro della Shoah e dell’eroismo”: un monumento in cui molti pannelli fanno memoria dello sterminio e della resistenza dei partigiani ebrei. Accanto a questo sorge l’ “Ohelizkoz” – le “Parole del ricordo” –, una struttura in cemento armato in cui sono incisi i nomi dei 21 principali campi di annientamento. Il “ Memoriale dei bambini” ricorda, invece, il milione e mezzo di piccoli ebrei mai diventati adulti.
Nel 1962 è stato realizzato il “ Giardino dei Giusti” – voluto da Moshe Bejski che seppe trasformare il suo destino personale in un esempio universale – dove è stato piantato un albero per ogni uomo che, durante la Shoah, abbia salvato almeno una vita. È, così, anche nato il “viale dei Giusti”. Dal 1963 la Commissione di Yad Vashem individuò circa 20.000 “Giusti delle nazioni”. Oggi, per mancanza di spazio, alcune iscrizioni sostituiscono spesso gli alberi. Da notare che anche a Milano si è pensato a qualcosa di simile dall’anno scorso grazie all’Associazione “Figli della Shoah”, presso il “Montestella”, alla periferia nord della città.