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Messaggio rivolto a Israeliani e Palestinesi
dai partecipanti al Cammino ecumenico
a Gerusalemme
(17 – 24 giugno 2004)
Siamo venuti a Gerusalemme e in questa terra travagliata
per incontrare chi soffre e paga le conseguenze di un pesante conflitto,
chi è provato nella speranza di poterne vedere una soluzione,
chi malgrado tutto persevera a cercare ostinatamente vie di pace,
chi ama la “città santa” per tre grandi tradizioni religiose.
Uomini e donne che qui vivete, da voi veniamo a mani vuote,
perché non abbiamo né parole né proposte da suggerire,
perché desideriamo ascoltarvi per comprendere e condividere,
per imparare da chi tra voi, pur nella prova, ancora spera.
Siamo coscienti che per essere pellegrini di pace
dobbiamo prima di tutto purificare i nostri cuori,
perché ciascuno e ciascuna di noi porta con sé giudizi
che non ci farebbero, con uguale intensità, sentire solidali
e vicini all’uno e all’altro dei vostri popoli in conflitto.
Vogliamo infatti fare un cammino di pace in mezzo a voi
cercando di avere nel cuore gli stessi sentimenti fraterni
nei confronti dell’uno e dell’altro dei vostri popoli,
rispettando il valore supremo di ogni persona umana
e riconoscendo che ci sono ragioni e obiettivi giusti
nell’una e nell’altra delle cause per le quali combattete.
Condannando ogni forma di violenza e di sopruso
e ogni confusione tra vittime e assassini,
solidali con chi è nell’angoscia e attende giustizia,
vorremmo poterci porre nel mezzo del vostro conflitto
stringendo la mano dell’uno e la mano dell’altro
e così restare finché non vi stringiate la mano anche tra voi.
Non ne siamo capaci e dovremmo chiedere perdono
delle nostre debolezze che non ci permettono
di farci carico fino in fondo del vostro conflitto.
Non vi nascondiamo il nostro timore
che le politiche in atto siano destinate alla reciproca distruzione.
Pensiamo infatti che per una convivenza giusta e pacifica
sia necessario volere per l’altro sicurezza e benessere
e farsi carico delle ferite e delle paure di cui soffre.
Ve lo diciamo sottovoce, quasi in timore e tremore,
ma non ci sentiamo spettatori bensì corresponsabili.
Ve lo diciamo nel contesto del nostro cammino ecumenico:
dopo secoli di conflitti e guerre di religione
che hanno lacerato la cristianità e le nostre chiese,
da alcuni decenni, stiamo percorrendo insieme
un itinerario di dialogo e di riconciliazione,
accogliendoci reciprocamente con le nostre differenze
e rifiutando intolleranze e fondamentalismi.
Proprio a Gerusalemme è visibile il segno delle nostre divisioni,
ma siamo testimoni che lo Spirito di Dio opera nelle nostre
chiese
per trasfigurare la divisione in quell’unità nella diversità
che si attua quando in spirito di dialogo ci si ascolta
per scoprire e lenire le ferite che sanguinano negli animi.
Anche nelle terre del medio oriente le chiese camminano insieme
e noi preghiamo perché possano essere a servizio della pace.
A Milano i rappresentanti di comunità ecclesiali
appartenenti a confessioni cristiane differenti
si riuniscono da alcuni anni in un unico Consiglio delle chiese:
un fatto un tempo impensabile, reso possibile dallo Spirito di Dio.
Se impossibile può oggi apparire la pace a Gerusalemme,
noi siamo qui perché crediamo che nulla è impossibile
all’unico Dio Creatore e Signore del cielo e della terra.
Ènel suo stesso nome che gli chiediamo pace per Gerusalemme,
pace per il popolo ebraico e per il popolo palestinese,
pace per la terra che essi sono chiamati ad abitare insieme.
A coloro che aprono finestre e porte al dialogo e allo scambio
Dio conceda perseveranza, fortezza e consolazione
affinché le nuove generazioni possano sperare un mondo di pace.