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Agrate Brianza

Padre Clemente Vismara uomo delle beatitudini

Ieri sera la prima messa in onore del nuovo beato presieduta da mons. Ennio Apeciti e con la testimonianza di Joseph, il giovane miracolato

di Veronica TODARO

28 Giugno 2011

«Tutto il creato deve poter assistere e vedere il Sacrificio divino: gli uomini, gli insetti, gli uccelli, i monti, i fiumi, nessuno, nessuno escluso. Quando un sacerdote celebra, deve regnare il silenzio, è permesso solo il mormorio del ruscello, il sommerso sibilar del vento tra le foglie; e l’uomo, il re della natura, zitto e pensoso stia a capo chino davanti al suo Dio». Inizia con le parole tratte dagli scritti di padre Clemente la prima messa in onore del beato Clemente Vismara che si è svolta lunedì sera nella parrocchia Sant’Eusebio ad Agrate Brianza. Più di 80 i sacerdoti presenti, nativi della zona, missionari del Pime e provenienti dal decanato. Una lunga processione ha aperto la funzione.
Il parroco, don Mauro Radice, ha portato all’altare un reliquiario, opera dell’artista Alfredo Vismara, contenente l’unica reliquia del corpo di padre Clemente, un ciuffo della sua barba, giunta ai fedeli grazie al vescovo emerito di Kengtung, monsignor Abramo Than, che, di fronte alla venerazione di cristiani, buddisti e animisti accorsi al capezzale di padre Clemente, decise di recidere e custodire parte della sua lunga barba come reliquia personale, prima della sepoltura. Oggi, il gesto del vescovo, può essere letto come il primo autentico atto di devozione. Al termine della messa poi, più copie del reliquiario sono state consegnate a monsignor Than, a monsignor Peter Cakü per i fedeli della diocesi di Kengtung, alle comunità di Mongling e Mongping attraverso i due parroci presenti, alla comunità birmana nella missione di Fang in Thailandia, per la chiesetta dedicata a san Clemente papa. Altri reliquiari sono stati consegnati a monsignor Ennio Apeciti e a padre Piero Gheddo, che in questi anni hanno accompagnato il cammino verso la beatificazione di padre Clemente e all’istituto Pime, nel quale padre Clemente si è preparato e formato nella vocazione missionaria.
Durante l’omelia, mons. Apeciti, ha voluto lasciare la parola al giovane Joseph Thayasoe, il ragazzo birmano miracolato grazie all’intercessione di padre Clemente. Saluta con un inchino solo accennato, come da tradizione orientale, poi con un traduttore al suo fianco, inizia il suo racconto. «Lo spirito di padre Clemente vive in me». Perchè se è ancora vivo, in salute, se da bambino è diventato ragazzo, è merito suo. Lo ha stabilito la Chiesa dopo un’indagine che ha coinvolto 121 testimoni. Cerca con gli occhi don Stefano Ahno, il religioso che parla inglese. Joseph si esprime solo nella sua lingua madre. Racconta l’episodio del 1998, aveva solo 10 dieci anni, ora ne ha 23, anche se ne dimostra qualcuno in meno. Joseph ricorda bene quel giorno: «Ero salito su un grande albero, come quelli che ci sono da noi, i bambini lo fanno spesso: volevo prendere quel frutto in cima e sono scivolato, poi non ricordo più nulla».
Il resto è storia, ricostruita nel dettaglio in tutti gli incartamenti per la pratica di canonizzazione. Il piccolo Joseph resta in coma profondo per quattro giorni, nessun segnale di risveglio. Le suore non smettono di pregare e invocano padre Clemente. Ed ecco il miracolo: «Mamma ho fame», come se nulla fosse, come se avesse soltanto dormito. I dottori non sanno cosa dire. Dal pulpito, Joseph continua ringraziando tutti: «Prego fermamente perché padre Clemente diventi santo», e subito, aggiunge il traduttore. «Prego perché continui ad aiutare la sua gente. Dopo questa grazia, ho deciso di servire nella mia diocesi come volontario e prometto che servirò per tutta la vita. Darò la mia vita per il servizio ai fratelli, perché il Signore mi ha voluto bene». Mons. Apeciti ha voluto sottolineare come padre Clemente sia l’uomo delle beatitudini. «Padre Clemente», ha sottolineato Apeciti, «ci ha creduto, le ha messe in pratica e ci ha mostrato che si può vivere secondo le beatitudini, perché il Vangelo si può vivere, il Vangelo è possibile a tutti». Perché, come ha detto padre Clemente, «la vita è bella solo se la si dona».