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L’inquietudine che si apre alla Presenza

Benedizione del Monastero di San Benedetto, Milano - Parrocchia di S. Agnese V. e M. 28 febbraio 2025

28 Febbraio 2025

1. Ti metto in imbarazzo

La presunzione dei capi dei sacerdoti, degli scribi, degli anziati di sottoporre Gesù ad un processo a causa del suo zelo per la casa del Signore riceve la risposta che mette in imbarazzo chi si ritiene padrone del tempo, del culto e forse persino di Dio.Gesù ha rovesciato i tavoli di quelli che vendevano e compravano nella casa destinata a essere casa di preghiera per tutte le nazioni (cfr. Mc 11,17). Gesù opera con parole forte e gesti di rottura. La sua presenza in città, la sua predicazione, i suoi gesti sono imbarazzanti. Anche questo è un aspetto della missione di Gesù, anche questo è un aspetto della vita della Chiesa: essere una presenza che sconcerta, mette in imbarazzo, crea disagio, in particolare in coloro che difendono la prassi corrente, che si ritengono autorità inappellabili.

C’è anche questo nell’evento che celebriamo: l’inaugurazione della presenza di una comunità di Benedettine adoratrici del SS. Sacramento. È una parola che viene da Dio e mette in imbarazzo. Che cosa fanno le monache adoratrici? Offrono servizi? Sono un centro di produzione di cose utili? Si dedicano a distribuire viveri o vestiti o medicine? No! E allora a che cosa servono? La risposta mette in imbarazzo: “Ma tu dimmi: tu sai che cosa serve alla città? Noi siamo qui per adorare il Santissimo Sacramento”.

 

2. La città ha bisogno di un cantico, ha bisogno di un cielo, ha bisogno di uno sguardo

Il cantico è quello del salmo: «Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, la più santa delle dimore dell’Altissimo, Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare». La città ha bisogno di imparare a cantare, la città che grida, la città che geme, la città che fa rumore, la città che insulta, protesta: c’è un luogo qui dove la città può esprimersi con un cantico di lode, di gratitudine, di stupore.

Il cielo è quello che invita ad alzare lo sguardo, per riconoscere la vocazione alla speranza. La città frenetica, la città confusa, la città arrabbiata, la città spaventata, la città povera, la città troppo ricca ha bisogno di distogliere lo sguardo dalle sue miserie e dalle sue ricchezze, dai suoi idoli e dai suoi peccati per riconoscere che c’è nella vita una vocazione alla speranza. La presenza di questo monastero ha questa missione di indicare il cielo, cioè di alimentare il desiderio della via felice, della vita eterna, della vita di Dio.

Lo sguardo è quello che si apre alla luce, quello che riconosce la presenza, che contempla il mistero. La città cieca non vede i poveri, la città frettolosa riduce le persone a sagome senza spessore, la città guardona umilia la dignità dell’uomo e della donna, la città si lascia ingannare dal «lavoro infruttuoso di coloro che disegnano ombre, immagini imbrattate di vari colori, la cui vista negli stolti provoca il desiderio». C’è bisogno di uno sguardo limpido che sappia riconoscere in ogni persona un fratello, una sorella. C’è bisogno di uno sguardo per vedere la presenza di Dio nel mistero che si celebra, per imparare che ogni cosa è segno e parola, per imparare che ogni persona è immagine di Dio, per imparare che ogni tempo è occasione di grazia.

 

3. La comunità di Quarto Oggiaro accoglie la comunità delle monache

Celebriamo quindi con gratitudine questo inizio della presenza delle monache in questo quartiere. Anche se ogni trasloco è una fatica e non manca qualche traccia di tristezza per ciò che si lascia, è tuttavia una benedizione di Dio per quello che inizia.E noi invochiamo che la grazia di Dio offra a questo quartiere qualche cosa che nessun altro può offrire, se non impara a cantare le lodi del Signore, ad accogliere la vocazione alla speranza, a guardare con uno sguardo illuminato dallo Spirito di Dio.