1. La Visita Pastorale
La Visita Pastorale è l’occasione per dirvi: “Voi mi siete cari. Voi mi state a cuore”. Normalmente il Vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal Vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La Visita Pastorale è l’occasione per dirlo di persona.
La Visita Pastorale è l’occasione per esprimere e raccomandare la consapevolezza di essere parte della Chiesa di Milano, e di essere inseriti nella comunione cattolica. Siate consapevoli, siate fieri, siate disponibili per una vita della Parrocchia che sia inserita nella vita della città, nei rapporti con le altre Parrocchie del territorio, nel Decanato, nella Diocesi che è la Chiesa locale nel suo mistero e nella sua configurazione reale, all’interno della Chiesa Cattolica.
In particolare, la definizione di una pastorale d’insieme strutturata in Unità Pastorale tra la parrocchia Sant’Ambrogio ad Nemus di Passirana e la Parrocchia San Giovanni Battista dev’essere un desiderio di vita cristiana più aperta alla missione. Non è una regola da praticare con malumore, ma una promessa per una vita cristiana che si rinnovi secondo il tempo che viviamo.
Nella vicenda recente sono radicati motivi di fatica e di disorientamento a motivo della discontinuità nella definizione della geografia della pastorale di insieme e a motivo del cambiamento troppo rapido dei Parroci. Lo Spirito di Dio deve però trasformare la situazione in occasione ed alimentare la gioia di vivere, condividere ed annunciare il Vangelo. La giovinezza della Chiesa è la missione.
La Visita Pastorale è il momento per ascoltare insieme la Parola di Dio, quello che il Signore vuole dire oggi a questa comunità, nella celebrazione della Messa domenicale.
2. Dal bisogno alla fede
2.1 Il grido dell’umanità malata
I dieci lebbrosi vanno incontro a Gesù e gridano la loro infelicità. Rappresentano l’umanità, cittadini e stranieri, giudei e samaritani. Gridano la loro solitudine, gridano la loro sofferenza, gridano per chiedere attenzione, per chiedere pietà. Gridano, vogliono richiamare l’attenzione, vogliono protestare per la loro condizione. Ci sono malati che gridano, malati che gemono, poveri che non si fanno sentire, bisognosi che non sanno dire il loro bisogno.
Il grido dei lebbrosi può essere una voce che interpreta anche le nostre voci. Possiamo dire che tutti siamo malati, tutti abbiamo ragioni per gridare il nostro bisogno. Forse malati di solitudine, forse malati di infelicità, forse malati di sofferenze acute, forse malati di relazioni spezzate.
Il grido dell’umanità malata giunge anche a noi, bussa alla nostra porta, richiama la nostra attenzione.
2.2 A chi grida l’umanità? «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!»
Alcuni pensano che il gemito dell’umanità cada nel vuoto: non c’è nessuno che l’ascolti, c’è un immenso vuoto nell’universo, un freddo nella storia. È un grido, è una preghiera ma non si rivolge a nessuno.
Alcuni pensano che l’invocazione dell’umanità malata di infelicità sia un appello che si rivolge agli altri uomini e donne che stanno intorno. Ed in effetti c’è tanta gente che prova compassione e si dedica ad alleviare la fatica, la precarietà, la ferita della vita. Ed in effetti noi ascoltiamo il gemito come invocazione e come vocazione. Insieme, però, ci rendiamo conto dell’impotenza. Possiamo fare molto per consolare, aiutare, accogliere, incoraggiare. Possiamo e dobbiamo fare molto. Ma infine ci dichiariamo impotenti di fronte al soffrire e di fronte al desiderio di essere felici.
2.3 La parola che salva. La parola che ringrazia. La parola che giudica.
Solo Gesù si rivela capace di salvare. La sua parola purifica, ricostruisce l’umanità divisa e ferita: gli esclusi sono di nuovo accolti, i malati sono sanati, così come i peccati perdonati, i nemici riconciliati. Solo Gesù può salvare.
La parola che salva suscita la risposta che si affida. La fede diventa la via della salvezza: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato». Ed era uno straniero! La parola della fede non richiede di appartenere al popolo di Israele, di conoscere la Legge e i Profeti, di essere preparati. La parola della fede aiuta a leggere l’opera di Dio nella vicenda personale: ci sono quelli che, ottenuto quello che chiedevano, se ne vanno contenti per una vita sociale ritrovata. Per loro Dio è colui che concede dei favori, procura delle cose.
Invece la fede riconosce nel dono ricevuto l’invito a una relazione, sente doverosa la riconoscenza. In conclusione il messaggio è: riconosci il tuo bisogno, fanne una preghiera, cerca la relazione che salva, cerca Gesù.