1. C’è il “prete penna facile”.
Gli viene facile scrivere. Scrive sempre. Scrive a tutti. Scrive al Presidente della Repubblica per chiedere la grazia per un ergastolano. Scrive al missionario del suo paese per mandargli una bella offerta. Scrive ai confratelli per lamentarsi del loro comportamento.
Soprattutto scrive al Vescovo. “Eccellenza, la proposta che mi ha fatto non va bene. C’è una casa troppo piccola. Eccellenza, non posso andare in quella parrocchia, non c’è neppure un pezzetto di terra per il mio cane. Eccellenza, non sono contento di dove mi trovo. Mi aspetterei un po’ più di attenzione da parte del mio parroco. Eccellenza, nella sua omelia della messa crismale non ha neppure citato i preti anziani e malati. Vorrei un po’ più di considerazione… ecc. ecc.”
Il Vescovo legge, archivia e il fascicolo si gonfia.
A un certo punto il Vescovo, che invece scrive malvolentieri, si decide e gli scrive: “Ma, caro padre, ti è rimasto ancora un po’ di speranza del paradiso?”.
Perciò, cingendo i fianchi della vostra mente e restando sobri, ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà. Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri di un tempo (1Pt 1,13s)
2. C’è il prete “tutto scrupoli”.
Il prete tutto scrupoli si tormenta e si affligge. Tutti gli dicono che è un sant’uomo. Ma lui è tormentato dagli scrupoli. Continua a fare tra sé l’elenco delle sue inadempienze.
“Non posso più andare a trovare i malati. So che mi aspettano, ma io non ce la faccio. Chi sa cosa diranno? Chi sa che cosa dirà il Signore?
Non riesco più a mangiare di magro il venerdì, perché in casa preparano qualsiasi cosa in qualsiasi giorno. Chi sa che cosa direbbe la mia mamma che era rigorosissima nel magro e digiuno fino a 90 anni! Chi sa che cosa dirà il Signore?
Non sono più capace di predicare. Dico due parole e poi mi mancano il fiato e anche le idee. Chi sa che cosa dirà il Signore?
Non riesco più a dire il breviario, sono quasi cieco, chi sa che cosa dirà il Signore di me!?”
A un certo punto forse il Signore si è stancato e ha mandato in missione l’angelo Serafino con questo messaggio: “Ma ti ho forse chiesto io di fare, di dire, di andare.
Ecco che cosa mi piace di te: che tu diventi santo, anche senza parola, anche senza digiuni, anche senza andare. Sei un sant’uomo! è più che sufficiente”.
3. C’è il prete esperto di vini.
Il prete esperto sa dove si prende il buon vino. Quando è il tempo giusto fa un giro in privato. Un anno visita le cantine di quella zona del Piemonte che lui conosce. Un altro anno si aggira nell’Oltrepò, un’altra volta va a trovare i suoi parenti in Veneto. Distingue quello più corposo e quello che è acquetta, distingue quello che è profumato e forte e quello che è spiritoso e leggero.
Ma capitò una volta che girando in cerca del buon vino in una regione che non so, rimaneva deluso. Assaggia uno e fa l’elenco dei difetti. Assaggia l’altro e non gli piace neppure il profumo. Prova in una cantina e non è soddisfatto. Prova in un’altra e ha solo da criticare.
A un certo punto arriva in una cantina che si chiama “cantina degli angeli”. Un po’ scettico, ma infine di decide a entrare. L’interno è proprio modesto, ma si sente un buon profumo, chiede un assaggio e rimane incantato, beve un bicchiere ed è trasfigurato dalla gioia.
Dice al cantiniere: tu hai tenuto da parte il vino buono finora.
Mi pare che abbia chiesto di fare il parroco da quelle parti.
L’intenditore di vini non è quello che gira dappertutto.
È piuttosto quello che sa dove si trova il vino buono e si stabilisce presso quella cantina.
L’intenditore di gioia non è quello che cerca tutte le esperienze, sa dove si trova la vera gioia e si stabilisce là.