1. Le pietre si sono fatte mute
Nella città, nelle strade, nelle case, nelle chiese sembra che le pietre siano diventate mute. Non parlano, non dicono niente, quelli che entrano e quelli che escono non sentono nulla: le pietre si sono fatte mute, non raccontano nessuna storia, non comunicano nessun messaggio.
Forse la gente è troppo distratta, guarda qua e là, sempre attratta da qualche novità, sempre abbagliata da qualche luce troppo potente, sembra assordata da troppo rumore. Anche se le pietre parlassero, chi potrebbe sostare per ascoltare?
Forse la gente va troppo di fretta: ha sempre una cosa da fare, una dopo l’altra, ha sempre una scadenza, sempre un appuntamento. Anche se le pietre parlassero, chi si fermerebbe ad ascoltare?
Forse la gente ha troppi pensieri, è inquieta per troppe cose, deve badare al lavoro, agli anziani, ai figli, agli studi, ai sintomi di una malattia, alle beghe del condominio, ai prezzi di quello che è necessario. Anche se le pietre parlassero, chi sarebbe nello stato d’animo da raccoglierne il messaggio?
2. La dedicazione invita ad ascoltare la voce delle pietre e delle cose.
Che cosa dicono dunque le porte e le mura che ora dedichiamo?
Dicono: venite, entrate, voi siete benvenuti; venite, voi siete attesi; venite, voi siete benedetti; venire, unitevi agli altri che sono venuti: voi siete un unico popolo, anziani e giovani, da qualsiasi paese veniate, qualsiasi mestiere facciate, qualsiasi vestito portiate: venite tutti!: le mura vi accolgono, vi proteggono, vi mettono al riparo dal vento e delle piogge. Venite: siete invitati perché si possa fare festa, sperare, accogliere il comandamento e perciò amare.
Che cosa dice l’ambone che dedichiamo?
Dice di quel libro (cfr Ne 8) che si legge dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, di quella legge che viene letta alla presenza di tutto il popolo, di quel libro che fa piangere tutto il popolo, di quel libro che il lettore che leggeva stando sopra una tribuna di legno che avevano costruito per l’occorrenza. Dice di quella parola che merita di essere ascoltata: non parola di uomini, ma parola ispirata da Dio. Ecco: c’è una parola che è luce, una parola che è tagliente e distingue bene e male e indica la via della vita. Una parola che merita di essere ascoltata: non la chiacchiera banale che riempie la comunicazione, non il gridare scomposto che crea spavento e confusione. Una parola che fa piangere, perché trafigge il cuore; una parola che riempie di gioia, perché queste cose vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Che cosa dice l’altare che consacriamo?
Dice del fondamento. Su quale pietra angolare si costruisce l’edificio di Dio, il tempio di Dio che siamo noi? L’altare che consacriamo, l’altare del pane spezzato, del sangue dell’alleanza, l’altare è la pietra che dice di Gesù, della sua morte e risurrezione per la vita del mondo.
Ascoltate la voce dell’altare, del fondamento. Lo sguardo che si rivolge all’altare deve essere uno sguardo che sa vedere l’invisibile, che sa lasciarsi illuminare dalla voce dei segni. I segni dovrebbero essere come una rivelazione e invece sono spesso ridotti a cose, oggetti muti. Siamo abituati alle cose che si possono vendere e comprare, che sono gli affari dei mercanti del tempio: contro di loro si è arrabbiato Gesù, che ha scacciato tutti fuori dal tempio.
Il pane e il vino non sono cose, sono segni ai quali Gesù ha attribuito il significato eucaristico: cioè, per le parole della consacrazione diventano il corpo e il sangue, cioè la sua morte, cioè il compimento della missione di salvare il mondo amando sino alla fine.
Perciò si aprirono gli occhi dei discepoli di Emmaus allo spezzare del pane. Il segno è diventato rivelazione per la parola di Gesù. L’altare non si può guardare solo come una tavola in cui si condivide il pane, ma si contempla come il pane che ci nutre, il pane che ci raduna è il dono del Figlio di Dio che innalzato da terra attira tutti a sé.
La dedicazione della Chiesa è il momento di grazia in cui il rito restituisce alle pietre la voce per rivelare il mistero che siamo, il mistero che ci salva.
La dedicazione è per sempre: non è l’illuminazione di un memento solenne come questo, ma è l’offerta di grazia che è disponibile ogni volta che entriamo in questa chiesa.
Ascolta la voce delle porte e delle mura: vieni!
Ascolta la voce dell’ambone: accogli la parola che ti chiama, che ti fa vivere della promessa affidabile, ti orienta sulle vie della gioia piena.
Ascolta la voce dell’altare: tieni fisso lo sguardo su Gesù per ricevere il suo Spirito e vivere alla sua sequela.