1. Il demone che domina la folla.
La folla, la folla che si entusiasma, la folla che può seguire un maestro per tre giorni senza mangiare, la folla che spaventa i potenti che vogliono arrestare Gesù, la folla che merita compassione.
La folla, la folla che odia, che vuole sangue, vuole morte, vuole vedere morire il suo re.
La folla è come abitata da un demone che cancella la persona e la rende numero, che impedisce di parlare e la rende grido, che impedisce di farsi domande e la rende passione, istinto, per acclamare e per insultare.
Le molte ricerche e discussioni che ricostruiscono il processo a Gesù e si domandano chi sia il responsabile della sua condanna devono riconoscere il ruolo di questo demone invisibile e inafferrabile. Sì, certo il Sinedrio e i Sommi sacerdoti, sì certo Pilato. Ma tutto è stato possibile per la folla in piazza.
Le persone dunque diventano folla, sono intelligenti, ma rinunciano a pensare, ogni pensiero è inghiottito dal demone della folla; sono originali, ma diventano omologati, per dire le stesse parole per acclamare e per insultare; sono persone per bene, ma cancellano la distinzione tra bene e male, travolte dal fiume di una corrente irresponsabile; sono in realtà persone buone, ma possono essere contagiate dall’odio e gridare insulti e condanne, così come potrebbero anche pronunciare acclamazioni ed esaltazioni.
2. Chiamati per nome
Gesù teme la folla, si sottrae al favore passionale della folla che vuole farlo re, prende le distanze dalla folla entusiasta che cerca di schiacciarlo pur di riuscire a toccarlo.
Gesù chiama per nome, Gesù guarda negli occhi, Gesù riconosce il tocco di ogni persona, come quello della donna malata che tocca il lembo del suo mantello e guarisce.
Gesù porta a compimento la sua missione di amare tutti, di salvare tutti, circondato dalla folla ostile, reso impopolare dalle arti di seduzione dei capi del Sinedrio, insultato anche nel momento ultimo della sua umiliazione.
3. Nella folla, c’è però un uomo …
Ma ecco, un uomo parla un altro linguaggio. In mezzo alle risate, agli scherni, al grido: “a morte a morte, alla croce!”, c’è un uomo che dice: io non ci sto, io non sono d’accordo.
Una voce d’uomo che non si confonde con la folla. Un uomo che resiste al demone che vuole tutti uniformi, tutti trascinati dalla corrente.
Una voce d’uomo nel momento ultimo, tragico, in cui si decide della vita e della morte. Una voce d’uomo: “Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno”.
Ecco nel compimento estremo, c’è un uomo che crede e prega.
Così in tanti momenti tragici della storia, quando milioni di persone diventavano folla per acclamare i dittatori, per osannare la guerra, per dire: “a morte, a morte!”, ci sono stati e ci sono voci di uomini e donne che credono e pregano e dicono: io non sono d’accordo. I dittatori più feroci amano le adunate e coltivano il favore delle folle, eppure anche nelle dittature più crudeli ci sono stati uomini e donne capaci di dire: io non sono d’accordo, io non adorerò mai un uomo, io non potrò mai vendere al potere, alla moda del tempo, alla piatta uniformità della omologazione la mia coscienza, il mio cervello. Io credo, io prego, io dichiaro che non sono d’accordo con le intenzioni criminali, con la soppressione della vita umana, con l’umiliazione dell’umanità dell’uomo.
Ciascuno di noi cammina alla sequela di Gesù e non di rado si trova dentro una folla che vive di luoghi comuni e si abitua a giudizi sprezzanti nei confronti di Gesù, della sua Parola, della sua Chiesa e contrasta in ogni modo l’originalità dei cristiani. E però ciascuno di noi, anche in un contesto ostile risponde al suo Signore, alza la mano, in ufficio, a scuola, negli ambienti della vita quotidiana, alza la mano e dice: “Io ho deciso di seguire quel Gesù che voi condannate. Io però trovo che le sue parole sono vere. Io però spero in lui e in lui solo trovo speranza. Gesù, ricordati di me quando entrerai nel to regno”.
Noi accogliamo con gratitudine la promessa di Gesù e ascoltiamo la sua parola che chiama per nome, non raduna folle, ma convoca per essere comunità di fratelli e sorelle, non cerca il favore delle folle, ma l’amicizia dei discepoli, non intende appiattire nell’uniformità, ma donare il suo Spirito perché i molti diventino un cuore solo e un’anima sola e ciascuno offra il suo dono, la sua irripetibile originalità, viva la sua vocazione alla santità nel servizio all’utilità comune.