1. Abitati dall’inquietudine
La verità è che noi siamo inquieta, incerti, forse anche smarriti.
Abbiamo ascoltato le promesse di Gesù e siamo certi della sua fedeltà. Ci ha donato la pace. Eppure dobbiamo riconoscere che non c’è pace, che non c’è pace neppure tra i discepoli.
Non siamo di quelli che cercano colpevoli e muovono accuse con l’ossessione di rivisitare la storia per dimostrare di avere ragione.
Siamo piuttosto di quelli che si addolorano, che si sentono umiliati dalle loro sconfitte.
Ascoltiamo Gesù che insiste: “Non preoccupatevi!”, e invece siamo preoccupati; ascoltiamo Gesù che dice: “Non abbiate paura!”, e invece abbiamo paura.
Abbiamo ascoltato il profeta che proclama: “Confidate nel Signore sempre, il Signore è una roccia eterna”, e non abbiamo l’impressione di essere su un terreno scivoloso, di non poter confidare in una roccia sicura.
2. Ci decidiamo a percorrere le vie della pace.
Mentre riconosciamo la nostra fragilità e le nostre contraddizioni, ci raduniamo ancora in preghiera per rinnovare la nostra decisione a percorrere le vie della pace.
Cerchiamo il Signore, di notte anela a te l’anima mia, al mattino ti cerca il mio spirito. Non abbiamo altra roccia sulla quale appoggiarci, non abbiamo altra luce alla quale attingere luce, non abbiamo altra pace, se non la pace che viene da Dio. Forse dobbiamo riconoscere che preghiamo troppo poco: ci sono altre priorità, altre cose più necessarie del nostro pregare. Il sospiro dell’anima che cerca Dio, di giorno e di notte, abita ancora in questa nostra città? Abbiamo ancora tempo e desiderio di ascoltare la parola di Gesù, quello che lui ci ha detto per prepararci ai tempi del maligno? Invochiamo veramente il suo ritorno come la speranza della nostra vita?
Viviamo la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani perché vogliamo professare ancora che la nostra unità è opera di Dio, può essere costruita solo dallo Spirito di Dio.
Impariamo ancora ad amare. L’amore che Gesù ci comanda non si può descrivere secondo l’inerzia dei luoghi comuni. È un mistero troppo grande l’amore per pensare di saperne qualche cosa solo perché ne ripetiamo il nome. L’amore di cui parla Gesù è come la pace: non è come quello che il mondo identifica con amore. Infatti è argomento di discussione e quasi una sfida e una provocazione la richiesta del dottore della legge che vuole mettere alla prova Gesù.
Il primo comandamento e il secondo, che è simile al primo, ci chiedono di amarci come Gesù ci ha amato. Il dottore della legge che vuole mettere alla prova Gesù per togliersi dall’imbarazzo chiede chi sia il prossimo da amare. Chiede cioè del secondo comandamento, simile al primo, cioè l’amore del prossimo simile all’amore di Dio.
“Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?” (Lc 10,27ss).
Sembra che il comandamento di amare Dio con tutto il cuore sia ovvio e il dottore della legge chiede chiarimenti sul “prossimo”. Eppure il mistero più profondo, la domanda più necessaria è “chi è il mio Dio?”. Perciò accogliamo l’invito di Gesù a rallegrarci perché va al Padre e ci rivela il Padre e si presenta come colui che è in tutto obbediente al Padre. E così, glorioso alla destra del Padre Gesù ci rende partecipe del suo modo di amare, del suo modo di essere la nostra pace. Il mistero al quale siamo introdotti è troppo più grande di noi e noi invochiamo di poter accogliere l’amore del Figlio e se amando non ci lasciamo trasformare in amore, uomini e donne della pace di Dio.