1. I cinquemila, la folla.
I cinquemila che seguono Gesù sono la gente. Sono affascinati dai segni che Gesù compie. Pendono dalle sue labbra. Seguono come storditi. Seguono come pecore senza pastore che intuiscono in Gesù il buon pastore. Seguono come curiosi. Seguono accompagnati dal sospetto che Gesù rappresenti un problema. Seguono perché non sanno che cosa fare.
Seguono come una volta hanno seguito Teuda che pretendeva di essere qualcuno; seguono come hanno seguito Giuda il Galileo che poi finì male.
Sono miscredenti. Sono praticanti poco illuminati. Sono presuntuosi. Sono gente per bene, sono gentaglia.
2. La domanda che mette alla prova.
Non si sa perché Gesù ce l’abbia con Filippo. Perché vuole metterlo alla prova? Le domande di Gesù di Gesù sono una scossa che scuote l’ovvietà e l’inerzia. Le domande di Gesù costringono a rivelare che cosa l’interlocutore può aver capito di Gesù. sono imbarazzanti. Filippo è a disagio. Non sa che cosa rispondere. Filippo è quello che si sente dire: da tanto tempo sono con te e tu non mi hai conosciuto, Filippo? (Gv 14,9).
La domanda è imbarazzante. Chi sa rispondere?
Sono anch’io il discepolo ottuso che da tanto tempo è con Gesù e non l’ha conosciuto?
3. Che cosa rispondere?
I discepoli di oggi continuano a sentirsi porre la domanda da Gesù. I preti soprattutto. Guardano la gente, ne interpretano le attese e le pretese, le passioni e le confusioni. E continuano ad avvertire la domanda imbarazzante: che cosa si deve fare per dare da mangiare a questa gente?
La gente poca, ferita, forse anticlericale di questa terra, la gente devota di santa Rita e la gente santa, oppure la gente tanta, i flussi instancabili delle regioni della fretta, la gente senza radici e che non s’attende niente e o quasi dai preti e dalla Chiesa. Insomma la gente di qui e la gente della Diocesi di Milano.
Dove si va a comprare il pane per tutta questa gente?
Filippo non sa che cosa dire: l’impresa è impossibile. Forse è meglio rimandarli a casa. La risposta ragionevole della rassegnazione, della resa.
Andrea si dà da fare. Ha trovato qualche cosa. Ha trovato risorse enormemente sproporzionate rispetto al bisogno.
Simon Pietro manda avanti suo fratello. Vediamo come la prende Gesù.
Gli altri stanno zitti e fermi.
4. Fateli sedere … raccogliete i pezzi avanzati …
La risposta giusta alla domanda imbarazzante è quindi l’obbedienza. Gesù dice che cosa devono fare i discepoli.
Quello che i discepoli stentano a imparare è di essere semplicemente discepoli, amici che stanno con Gesù e obbediscono alla sua parola.
Se sei intraprendente fino alla frenesia, fermati un momento e ascolta quello che Gesù ti dice e mettilo in pratica con tutto il tuo vigore, ma per obbedire a Gesù.
Se sei incline all’inerzia, a ripetere quello che si è sempre fatto, lasciati scuotere dalla domanda con cui Gesù ti mette alla prova e mettiti all’opera con il tuo stile lento, cauto, ma per obbedire a Gesù.
Se sei segnato da ferite che creano dentro di te un risentimento, lascia che Gesù ti chiami in disparte, versi sulle tue ferite l’olio della consolazione e ascolta la sua parola, obbedisci a Gesù, perdona e cerca la riconciliazione.
Se sei mortificato per i risultati stentati del tuo impegno, fermati ad ascoltare Gesù, impara a guardare con i suoi occhi, ricevi la sua consolazione e mettiti ancora in cammino per seguire Gesù.
La storia della Chiesa ci istruisce a proposito dei cinquemila e della sovrabbondanza del pane: persone sante (Rita, Francesco, Benedetto) sono state l’opera che Dio ha compiuto in queste terre per scrivere una storia nuova.
Chiediamo la grazia di diventare santi, cioè discepoli docili, fratelli uniti nella carità per compiere le opere di Dio.