Che cosa fa la marchesa nel grande castello?
Lo arricchisce di specchi, di dipinti dei maestri più importanti e famosi, accumula tesori e curiosità esotiche. Nel castello celebra feste memorabili, banchetti raffinati e invita i nobili della regione che non si lasciano scappare l’occasione per ammirare il grande castello, ascoltare musica sublime, e gustare le specialità della famosa cucina.
E invece la marchesa accoglie le ragazze smarrite, le storie drammatiche, le povertà desolate. E la marchesa, educata a essere servita, si mette a servire, si prende cura delle lacrime e delle domande, della curiosità e della sete di verità.
Così sembra che Dio abbia posto la sua tenda nella terra di Verona e che cominciato a far nuove tutte le cose, come una rivelazione della Gerusalemme nuova che scende dal cielo come una sposa adorna per il suo sposo.
Che cosa fa la giovane intelligente e intraprendente, sapiente e decisa nell’amministrare l’immensa ricchezza?
Con la sua intraprendenza e intelligenza organizza una amministrazione efficiente, con la sua ricchezza guadagna altra ricchezza, con il prodotto delle sue terre compra altre terre, con la sua intelligenza sa muoversi tra i potenti e aggiungere agli amici altri amici.
E invece la giovane intelligente e intraprendente continua a interrogarsi sulla via da seguire per aggiungere alla carità altre opere di carità, per fare della sua cultura uno strumento per dare cultura alle ragazze che hanno bisogno di istruzione, a fare della sua nobiltà di famiglia un incoraggiamento a rendere consapevoli della loro nobiltà di figlie di Dio le figlie di povera gente.
Che cosa fa la ragazza che ha vissuto anni difficili, che ha porta le ferite dei lutti di famiglia e della infanzia infelice?
Con il suo risentimento diventa risentita, avendo sofferto spesso fa soffrire, essendo triste diffonde tristezza, ha sofferto per la durezza e l’indifferenza degli adulti che dovevano curarsi di lei e perciò diventa indifferente e dura verso gli altri.
E invece la ragazza ferita dalla durezza e dall’indifferenza arde di un amore che la rende capace di accendere amore, decide che in ogni modo deve aver cura di coloro di cui nessuno si prende cura, deve consolare chi ha troppo sofferto, si riveste di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine di magnanimità (Ef 3,12).
Che cosa fa la donna inquieta che non si ritrova negli schemi del suo tempo?
Si adegua a quello che ci si può aspettare: se tutti si aspettano che si sposi, si sposerà; se alcuni si immaginano che si chiuda in convento, si farà monaca; se si rende conto di non essere capita dai suoi consiglieri, procederà con ostinazione, come si conviene a chi ha i mezzi e la caparbietà delle sue idee.
Invece la donna inquieta cerca la verità della sua vocazione non per conto suo, ma ascoltando i maestri e camminando con la Chiesa, la determinazione non diventa ostinazione e orgoglio, ma umiltà di tentativi e disponibilità a lasciarsi correggere e a invocare la benedizione del Papa.
L’opera di Dio visita la storia della ricca marchesa, della giovane intelligente e intraprendente, della bambina ferita dalla indifferenza e dalla durezza degli adulti, della donna inquieta nella sua ricerca e vi semina la meraviglia dell’originalità cristiana: invece dell’egoismo la generosità, invece dell’ambizione per sé la dedizione alla promozione degli altri, invece del risentimento per le sofferenze subite la premura perché altri non soffrano, invece del protagonismo solitario il procedere nella coralità di amicizie sante e di un profondo sentire ecclesiale.
La carità cristiana è sempre anche un “invece”, una originalità che contesta lo stile mondano e semina nella storia umana le scintille di una umanità possibile, di una carità creatrice, di una liberazione dalla povertà, dall’ignoranza, dalla disperazione. Santa Maddalena di Canossa si è resa interprete e profeta di questa carità originale.
Possiamo celebrare i 250 anni della sua nascita ed essere monotoni, noiosi, rassegnati?
Per quale contrasto alla mondanità sei originale? Quale pratica della carità segna il tuo stile? Quale consolazione hai seminato?