1. La visita pastorale.
La visita pastorale è l’occasione per dirvi: voi mi siete cari. Voi mi state a cuore. Normalmente il vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La visita pastorale è l’occasione per dirlo di persona.
La visita pastorale è l’occasione per annunciare ufficialmente il percorso per costruire insieme la nuova comunità pastorale che dà forma istituzionale alla pastorale di insieme e alla missione delle parrocchie di Santo Stefano e di San Giovanni Battista.
Del resto, la Chiesa non è la singola parrocchia, ma la comunità diocesana presente nel territorio, unita nella comunione con il Vescovo, impegnata a condividere le risorse e la passione per il Vangelo in una particolare città. Il vescovo viene a invitare a coltivare la pastorale di insieme tra le due parrocchie, entro il decanato di Sesto San Giovanni e in rapporto con la dimensione diocesana.
L’inserimento nella pastorale decanale e la recezione delle proposte diocesane e la partecipazione alle convocazioni diocesane è necessaria per mantenere vivo il senso di appartenenza alla Chiesa e per esplorare insieme vie di evangelizzazione adeguate al nostro tempo.
La visita pastorale è per condividere l’ascolto della Parola che è stata annunciata in questa celebrazione eucaristica per domandarci: che cosa dice il Signore a questa comunità, in questa città, in questo tempo di Chiesa?
2. Come saremo pellegrini di speranza in mezzo ai disastri?
La storia è piena di disastri. Forse si può anche dire che la storia dell’umanità è un disastro.
Isaia interpreta le tremende tribolazioni del popolo come frutto dell’esasperazione di Dio per l’infedeltà all’alleanza. La pagina del Vangelo interpreta lo sconvolgimento cosmico e sociale come il risultato delle guerre tra i popoli, nazione contro nazione, popolo contro popolo.
In questo contesto apocalittico percorrono la terra i “pellegrini di speranza”, quelli che si preparano al Giubileo dell’anno 2025, quelli che non si rassegnano ai disastri, quelli che non si accontentano di lamenti e proteste.
I cristiani abitano la città come pellegrini di speranza. come si riconoscono, che cosa li distingue?
2.1 I pellegrini di speranza sono quelli che alzano la testa
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
I pellegrini di speranza non camminano a testa bassa, come schiacciati dalla situazione, dalle notizie deprimenti. Alzano il capo perché vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Alzano il capo, non per distogliere lo sguardo dalle cose della terra, dagli impegni quotidiani, dai fastidi e dai problemi, ma per riconoscere che la gloria del Signore avvolge da ogni parte la vita degli uomini per renderli capaci di amare. Perciò si dedicano all’opera educativa, nell’oratorio, nella scuola, perché sono pellegrini di speranza. Perciò guardano alle strutture parrocchiali, per esempio, non come a immobili imbarazzanti, ma come possibilità che si possono aprire (cfr Presentazione parrocchia Santo Stefano, pag 4: Il teatro Manzoni, chiuso da 8 anni; il secondo piano dell’oratorio; la palestra chiusa da almeno 15 anni: ci sarà lavoro per i prossimi 20 anni a fronte di ingenti finanziamenti da trovare).
2.2 I pellegrini di speranza sono figli della luce (cfr Ef 5,8).
Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore (Ef 5,8).
I pellegrini di speranza sono luce: non perché sono perfetti, non perché presumono di essere migliori degli altri, ma perché si lasciano trasfigurare dalla grazia di Dio, si lasciano convertire per essere uomini e donne abitati dalla luce di Dio.
L’umanesimo cristiano è frutto della grazia che autorizza ad avere stima di sé: infatti ci sono tanti disastri, ma “io non sono un disastro”.
La grazia abilita a comportarsi come figli della luce. quella forma del vivere che trova naturale fare il bene, il bene per sé, il bene per gli altri, il bene per tutti, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore (Ef 5,2), rifiutando i vizi: la fornicazione, ogni specie di impurità o di cupidigia, volgarità, insulsaggini, trivialità (Ef 5,3-4).
2.3 I pellegrini di speranza percorrono la terra e offrono e chiedono a tutti di offrire pace.
I discepoli di Gesù si rendono conto che la disgregazione delle famiglie, i conflitti tra i popoli sono situazioni che si ripetono nella vicenda umana, ma i discepoli continuano ostinatamente, sapientemente, coralmente a costruire la pace, in casa e fuori casa, nella società e negli ambienti quotidiani, nella vita pubblica e nelle aspirazioni.
Possiamo quindi raccogliere quello che il Signore vuole che noi facciamo oggi, in questa situazione, si può riassumere in tre parole:
- La speranza sempre,
- La luce che trasfigura il vissuto
- La pace che riconcilia.
“Che la visita pastorale possa essere di sprone ad accogliere la benedizione di Dio, per essere sempre più testimoni credibili della novità e della bellezza del Vangelo, certi della sua Presenza, tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (cfr. Presentazione, pag 4)