1. La dinamica dell’eppure
È come se la vita di un prete fosse animata dalla dinamica dell’eppure.
La dinamica dell’eppure è la contestazione dell’inerzia, dell’ovvietà, della rassegnazione.
La dinamica dell’eppure è principio di stupore e di gratitudine, forse è uno dei segni più quotidiani della grazia che opera senza clamore e senza applausi nell’animo delle persone che seguono Gesù.
La dinamica dell’eppure è il principio della resistenza di fronte alle asprezze della vita, alla complessità delle situazioni, all’avversità del contesto.
Le parole evangeliche attestano la dinamica dell’eppure nella vita, nella passione, morte e risurrezione di Gesù e anche nei discepoli. Forse quindi si applicano in modo specifico ai preti.
2. I limiti dei preti. Eppure
Nell’ultima sera i discepoli si confermano inadeguati. Volonterosi nel preparare la cena pasquale, ma incapaci di coglierne il senso e di esserne trasfigurati. Mentre Gesù propone dei segni per interpretare il suo umiliarsi fino alla morte, i discepoli sono presi da meschine rivalità e discutono di chi sia il più grande. Dunque i discepoli sono meschini: eppure Gesù ancora li sceglie, ancora li istruisce, ancora li vuole partecipi della sua missione. Forse Gesù avrebbe potuto scegliere di meglio. Eppure ha scelto proprio questi dodici.
Nelle loro discussioni i discepoli rivelano di non avere una grande stima reciproca se la loro discussione riguarda chi dovesse essere considerato il più grande. Ciascuno aveva, presumibilmente, buone ragioni per candidarsi al primato. Non hanno stima gli uni degli altri. Eppure Gesù rivela di aver stima di loro e di aver tanto desiderato di condividere questa Pasqua proprio con loro.
Ecco la dinamica dell’eppure si riferisce al rapporto di Gesù con i suoi discepoli, li conosce, li vede così come sono eppure li scegli, li stima, li istruisce. In questo trovano pace i preti: sanno di non essere all’altezza della loro vocazione e di non essere i migliori. Eppure siamo tra i discepoli scelti per la missione.
3. L’ultima sconfitta. Eppure
Il dramma di Gesù va incontro all’ultima sconfitta. La luce finisce nel buio. La vita finisce nella morte. La missione finisce nel fallimento. Eppure in questo spettacolo indecente ancora Gesù grida, ancora Gesù prega, ancora Gesù invoca: Dio mio, Dio mio!
Coloro che seguono Gesù contemplano la scena del morire e si confermano nella decisione di seguire Gesù sino alla fine. Così fanno i preti: come tutti i mortali a un certo punto si avviano verso l’ultima prova, eppure pregano. Talora la prova si prolunga per mesi, per anni. Talora attraversa momenti di acute sofferenze, talora la vita e la fede sono insidiate da un cronico malessere. Eppure pregano, pregano i salmi, pregano come possono, pregano.
Ecco la dinamica dell’eppure si riferisce all’attraversamento delle prove della vita: logorano, stancano, abbattono. Eppure una intima resistenza consente di perseverare nella speranza e nella preghiera.
4. Il nuovo inizio. Eppure
Il nuovo giorno, il primo della settimana inizia, come tanti giorni, con la paura, con le porte chiuse, con la percezione di un contesto ostile. eppure proprio a questi discepoli intimoriti Gesù affida la missione: come il Padre ha mandato me, anche io mando voi (Gv 20,21). È il nuovo inizio dell’essere discepoli e anche l’inizio del popolo degli eletti. Gli uomini, come del resto i discepoli, sono segnati dal peccato e sembra la ferita inguaribile, il danno irreparabile. Eppure è dato ai discepoli lo Spirito che può operare il perdono. Così i discepoli, in particolare i preti, sono chiamati a pronunciare le parole dell’eppure sui fratelli e le sorelle, perché nessuno soccomba sotto il peso dei suoi peccati.
Siete peccatori, siete ancora peccatori, siete noiosamente peccatori. Eppure il perdono.
Questo si può dire di mons Giovanni Balconi: la sua vita è stata animata da questa dinamica dell’eppure nell’accogliere la chiamata di Gesù, nella tenacia della sua preghiera nei lunghi anni della malattia, nell’esercizio del ministero della riconciliazione qui in Duomo.
Mons Giovanni Balconi è morto. Eppure vive nell’abbraccio del Padre.