1. Elogio dei “soldati semplici”
Parliamo di quelli che non si notano, quelli che non si nominano, quelli che non dicono parole memorabili, che non compiono opere degne di nota.
Parliamo, si potrebbe dire, dei soldati semplici.
Parliamo di quei discepoli, uomini e donne, che seguono Gesù, che stanno con lui, che condividono con lui la fatica del viaggio, l’entusiasmo delle folle per i segni che Gesù compie e condividono anche l’impopolarità di Gesù e l’ostilità che cresce intorno a Gesù. Stanno con lui, ma di loro si parla in modo generico.
Sono quelle “alcune donne” presenti nella stanza al piano superiore a condividere l’invocazione dello Spirito con Maria e con gli Undici che sono nominati, ma di loro non si ricorda il nome né si dice di quali vie e quali vite abbiano vissuto quando furono riempite di Spirito Santo.
Sono quei discepoli ai quali i farisei si avvicinano per esprimere le loro critiche a Gesù, come ricorda il Vangelo (“Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”). Non si sa chi siano questi discepoli provocati dalle critiche delle autorità, ma anche loro sono lì a far festa e a sentirsi giudicati e incompresi, come Gesù.
Parliamo cioè di quegli uomini e quelle donne che prestano il loro servizio con dedizione e serietà, senza pretendere applausi e medaglie.
Parliamo dunque non degli apostoli importanti, che Matteo e alcuni altri, che hanno avuto un ruolo così determinante nella Chiesa di Gerusalemme, parliamo piuttosto di quelli che non si notano e non si nominano.
2. Le virtù dei discepoli che non si notano.
I discepoli che non si notano sono quelli che stanno insieme con Gesù, anzi stanno in lui, così da essere avvolti dalla gloria predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato … in lui siamo stati fatti anche eredi (Cfr. Ef 1,3ss). Nient’altro li caratterizza se non questo stare con Gesù, in Gesù, essere suoi discepoli, essere figli nel Figlio.
Uomini e donne a servizio dello Stato e della comunità hanno dentro un principio di moralità, rispondono alla propria coscienza, non hanno bisogno di essere sorvegliati o controllati per svolgere bene il loro lavoro.
I discepoli che non si notano, che non si fanno notare, che non sono nominati, sono però riconoscibili. Sono infatti discepoli e portano qualche tratto che li distingue e perciò sono esposti alle critiche, alle domande e all’impopolarità di Gesù. Forse c’è gente che non osa criticare direttamente Gesù, forse c’è gente che è un po’ intimorita dai discepoli importanti che hanno ruoli di spicco nel gruppo dei discepoli.
Uomini e donne in divisa sono riconoscibili: per gli onesti sono presenza rassicurante, per i delinquenti sono avvertimento e contenimento e contrastano la trasgressione.
I discepoli che non si notano, non si notano anche perché ci sono sempre. Non sono i grandi personaggi che fanno notizia perché una volta vanno incontro a Gesù per una discussione e poi se ne tornano sui loro passi. Sono quelli che ci sono sempre, quelli che distribuiscono il pane e raccolgono i pezzi avanzati, quelli di buon comando, quelli che portano i bambini a Gesù e si prendono il rimprovero dei discepoli importanti. Sono quelli che ci sono sempre, nei momenti dell’ingresso trionfale in Gerusalemme e nel momento tragico della crocifissione: solo là a guardare da lontano lo spettacolo dell’amore che giunge fino al compimento: Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo (Mt 27,55).
Uomini e donne a servizio della comunità, sono sempre a servizio e il servizio è assicurato.
I discepoli che non si notano, sono quelli che non amano i primi posti, che non discutono su chi tra loro sia il più grande, non pretendono riconoscimenti, sono imbarazzati nei ringraziamenti, perché dicono: abbiamo fatto quello che dovevamo fare, siamo qui solo per servire e già questo è un grande onore. E infatti è quello che Gesù stesso sceglie di fare.
Uomini e donne a servizio dello Stato e dei cittadini non vivono anzitutto per la carriera, ma per il servizio.