1. Perché siete saliti sul Tabor, amici miei?
Perché siete venuti? Perché avete accolto l’invito? Perché siete saliti sul monte?
Forse qualcuno è venuto come Giacomo, figlio di Zebedeo, quello che voleva sedere alla destra di Gesù. Giacomo, quello che si sente importante, quello che vuole essere un discepolo serio, impegnato, uno di cui Gesù non può fare a meno; quello che ha una certa importanza nel gruppo dei discepoli e molti hanno stima di lui, molti contano su di lui, quando c’è una cosa importante da fare, una parola importante da dire. Forse qualcuno è venuto come Giacomo, come un bravo ragazzo, una brava ragazza che non può mancare in una sera come questa. Giacomo, il discepolo del desiderio di rendersi utile.
Forse qualcuno è venuto come Pietro, il discepolo che facilmente si entusiasma, che si appassiona, che è sempre pronto quando Gesù chiama, anche se non sempre capisce che cosa Gesù abbia in mente.
Pietro, quello che parla per primo, quello che gli altri mandano avanti quando c’è una domanda da porre, una inquietudine da esprimere, un dissenso da esplicitare. Pietro, il discepolo del desiderio di essere primo.
Forse qualcuno è venuto come Giovanni, il discepolo amato, quello per cui è decisiva l’amicizia, quello che va dove vanno gli amici, soprattutto va dove Gesù lo chiama. Giovanni, il discepolo delle emozioni e degli affetti, quello che accoglie con commozione le confidenze, che si accende di ardore e non può immaginare di stare lontano da Gesù. Giovanni, il discepolo del desiderio di amicizia.
2. Ogni desiderio convertito in stupore.
Qualunque sia il desiderio o la motivazione che ha convinto a venire fin qui, ogni desiderio è chiamato a convertirsi in stupore. Gesù rivela la sua gloria, il Padre rivela la gloria del Figlio e la trasfigurazione chiama i discepoli e i loro desideri a essere trasfigurati.
Sei disposto a riconoscere che quello che desideri, quello che aspetti è troppo poco di fronte al rivelarsi della gloria di Gesù? Se, come Giovanni, ti aspetti di trovare un amico, la trasfigurazione rivela come l’amicizia sia oltre il sentimento e la gratificazione una vocazione a rimanere così profondamente unito a Gesù da sperimentare non solo come sia bello stare insieme, ma come sia la gioia piena, la gioia di Dio.
Sei disposto a riconoscere che il tuo desiderio è troppo meschino, rispetto alla gloria di Gesù? Se, come Pietro, ti aspetti di essere il primo, di farti notare e apprezzare, la trasfigurazione rivela come il potere, l’incarico, sia la vocazione a essere ultimo, a farsi servo di tutti.
Sei disposto a riconoscere che il tuo desiderio è troppo presuntuoso rispetto alla gloria di Gesù?
Se, come Giacomo, ti aspetti di essere utile, di metterti accanto a Gesù perché lui ha bisogno di te, la trasfigurazione rivela che il dono sovrabbonda, che non sei tu che puoi dare qualche cosa a Gesù, ma è Gesù che ti ha arricchito di ogni dono che viene dall’alto.
3. Lasciarsi condurre.
I catecumeni, coloro che li hanno accompagnati, tutti noi qui convocati siamo chiamati alla trasfigurazione: una nuova luce avvolge la nostra vita, una nuova gioia abita nella nostra vita, una parola nuova orienta il nostro cammino.
La professione di fede che il Simbolo riassume offre le parole per orientare il cammino. La parola di Dio è lampada ai passi dei credenti, ma i credenti non camminano da soli, perché la parola non sia deformata dall’interpretazione privata. La regola della fede consente ai discepoli di Gesù di riconoscersi nella comunità, il popolo di Dio che è docile allo Spirito di Dio per non sbagliare strada, per non fermarsi per paura, pigrizia, stanchezza.
La professione di fede, la regola della fede, il riunirsi perché convocati dallo spezzare del pane che permette di aprire gli occhi per riconoscere Gesù sono la grazia di lasciarsi condurre.