Il mondo che celebra il giubileo vuole fare festa perché i peccati sono perdonati, perché il peso che grava sulle spalle dei poveri è alleggerito, perché chi è lontano si fa vicino e si può fare festa insieme.
La parrocchia che celebra il centenario con un anno giubilare non si prepara a celebrare colo una festa per sé, solo un evento religioso, solo una ricorrenza significativa. Ha anche qualche cosa da dire al mondo in cui vive. In quale mondo vive? Che cosa ha da dire una comunità cristiana che celebra il giubileo?
1. Forse si può dire che viviamo nel mondo delle etichette.
Il mondo delle etichette è quello che incasella agli altri e li squalifica per sempre. Appiccica una etichetta per un comportamento sbagliato, per una trasgressione clamorosa, per un difetto fisico. Appiccica una etichetta e la persona resta segnata. Nel mondo delle etichette se uno è stato in prigione per tutta la via si porterà l’etichetta del delinquente.
Nel mondo delle etichette, se un imprenditore fallisce, gli viene appiccicata l’etichetta e tutti lo ricordano così: è il fallito
Nel mondo delle etichette un difetto fisico diventa una etichetta per cui uno è conosciuto: se Luca è cieco, quando voi chiedete di Luca la gente risponde: “Luca? Quale Luca?”, ma se voi dite “Luca il cieco”, allora tutti lo conoscono.
Nel mondo delle etichette l’etichetta rimane per sempre: uno può anche cambiare tutto, ma rimarrà per sempre il delinquente, il fallito, il cieco, il drogato a secondo dell’etichetta che gli è stata appiccicata.
2. Il giubileo nel mondo delle etichette: la conversione e la vita.
La parola di Dio, la parola dei profeti suggerisce di proclamare un anno santo, un anno per la liberazione dalle etichette: ciascuno sia riconosciuto per quello che è, si riconosca che al il malvagio può convertirsi e cambiare e diventare santo.
E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere sè stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà (Ez 18,28)
La grazia di un anno giubilare è la grazia della conversione che richiede un viaggio a visitare la propria coscienza, la propria storia: anche ciò che di me non mi piace non è una etichetta irremovibile. Anche in quell’angolo buio della mia vita può entrare la luce di Dio e portarvi vita nuova.
3. Forse viviamo nel mondo delle croniche ostilità
Nel mondo delle croniche ostilità tutti litigano con tutti: i politici, quelli che si fanno concorrenza sul mercato, i vicini di casa, gli uomini e le donne dello spettacolo, i mariti e le mogli.
Talvolta persino i gruppi che operano all’interno delle comunità parrocchiali: si creano antipatie, battibecchi, rivendicazioni di spazi e di tempi.
Le croniche ostilità durano a lungo e spesso sono inguaribili: i vicini di casa non si salutano più, moglie e marito non si incontrano più, i concorrenti sul mercato cercano di eliminare l’altro per non aver più a che fare, i politici non riescono mai a trovare un accordo per risolvere insieme i problemi del mondo. Se vuoi abitare nel mondo delle croniche ostilità, preparati a litigare.
4. Il giubileo nel mondo delle croniche ostilità: la riconciliazione e la fraternità.
La parola di Paolo suggerisce di vivere un anno di giubileo che sia di riconciliazione:
Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.
Rimanere unanimi e concordi, condividere gli stessi sentimenti di Gesù, essere un cuor solo e un’anima sola è dono di Dio, dello Spirito Santo che ci rende partecipi dei sentimenti di Gesù: non basta cercare compromessi, praticare regole di buona educazione. È necessario volersi bene nel nome del Signore. Di questa testimonianza di concordia ha bisogno il mondo per non disperare, per credere ancora che sia possibile vivere insieme, costruire insieme il presente e il futuro.
5. Forse viviamo nel mondo malato di ipocrisia.
Il secondo figlio della parabola, il ragazzo per bene, al padre che lo manda a lavorare nella vigna risponde: sì, ci vado. Ma non ci andò. Le buone maniere, la cura per presentarsi bene, le forme per guadagnarsi la simpatia, il favore di una persona che conta nascondono poi un cuore meschino, interessi segreti, producono un comportamento doppio. Sembra brava gente, sembra gente generosa, ma poi fanno solo i loro interessi, hanno cura solo della loro immagine, si servono di te o della situazione per trarne vantaggi.
6. Il giubileo nel mondo malato di ipocrisia: la sincerità.
La parola di Gesù indica come si può vivere l’anno giubilare come la grazia della sincerità. La sincerità costruire i rapporti a partire da una stima profonda per sé stessi, dalla convinzione che, così come sono, sono amato da Dio, sono adatto a vivere la mia vocazione. Il giudizio degli altri mi interessa di meno del giudizio di Dio. E se il mondo malato di ipocrisia ritiene ingenui coloro che sono sinceri e crede che per imparare a stare al mondo bisogno essere ipocriti, i discepoli di Gesù sono impegnati a mostrare che la sincerità rende più sereni, più capaci di abitare il mondo e di renderlo migliore.
Introduciamoci quindi nell’anno giubilare della parrocchia accogliendo la grazia e professando il proposito della conversione, della riconciliazione, della sincerità.