- La visita pastorale
La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!
La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “Voi fate parte della Diocesi. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nella sua articolazione decanale. La comunità pastorale “Trasfigurazione del Signore” ha percorso un cammino significativo di condivisione e di interpretare la propria missione, per essere “una comunità cristiana che abita i crocicchi del territorio in cui è inviata in missione. Sono i crocicchi delle strade, il luogo dove si svolge la vita delle persone, le scuole, i centri commerciali, le istituzioni pubbliche e le svariate attività nate dall’iniziativa della società civile, i luoghi deputati alla cura della salute, del tempo libero” (scheda del Consiglio Pastorale)
Ogni parrocchia trae vantaggio dalla pastorale di insieme a livello di collaborazione interparrocchiale e a livello decanale. L’evento di Cascina Merlata e di tutta l’area impone una riflessione e una visione per non venire meno alla missione che il Signore ha affidato alla Chiesa. Questo camminare insieme offre molti doni, ma richiede anche molte attenzioni per favorire una comunicazione tra le parrocchie e le persone, le aggregazioni e le diverse comunità, richiede attenzione all’ascolto, al confronto franco e costruttivo, di cui il Consiglio Pastorale può essere esercizio ed esempio incoraggiante (Cfr Scheda del Consiglio Pastorale).
Questo decanato si è evoluto, che si è ampliato e che si dovrà articolare, accoglie cristiani provenienti da altre parti del mondo e li sente fratelli e sorelle, accoglie fedeli di diverse religioni e uomini e donne senza alcuna religione. Ogni parrocchia e decanato traggono vantaggio dal riferimento alla Diocesi, alle proposte, agli eventi, ai calendari diocesani per condividere lo slancio missionario, le priorità pastorali, la sollecitudine per tutte le Chiese. E la Diocesi ha bisogno di ogni parrocchia, si arricchisce di ogni esperienza e competenza locali. La presenza di istituti di vita consacrata nel decanato come affidatari di parrocchia e insieme come operatori di particolari ambiti di vita secondo il loro carisma è una ricchezza straordinaria, se i doni sono condivisi, se la conoscenza reciproca è caratterizzata dalla stima, dal confronto, dalla collaborazione fraterna
La visita pastorale è anche momento di grazia per celebrare l’Eucaristia e chiedere che la parola di Dio sia lampada per i nostri passi.
- Il figlio malato.
Il funzionario del re cerca Gesù, angosciato perché il figlio è gravemente malato e in pericolo di morte. Lo strazio di questo padre può esprimere anche l’inquietudine generale del nostro tempo. Si può infatti raccogliere l’invocazione del padre e dichiarare con lui: il figlio, cioè il nostro futuro è in pericolo di morte. Il futuro infatti si presenta segnato da molti motivi di preoccupazione. Il futuro è malato.
In questo contesto che cosa può fare la comunità cristiana? Quale speranza? Quale proposta?
- Signore, scendi prima che il mio bambino muoia!
Quello che la comunità cristiana può fare è pregare, invocare che il Signore venga, prima che la morte vinca: venga il tuo regno. La preghiera non è l’esecuzione di un adempimento devoto. La preghiera è aggrapparsi all’unica possibilità di essere salvati.
La sensibilità contemporanea sembra estranea alla preghiera, forse c’è persino un certo disprezzo per chi nel bisogno prega, forse è ritenuto obbligatorio e doveroso cercare di salvarsi e di risolvere i problemi con l’impegno, con l’intraprendenza e, quando tutte le vie sono state esplorate, arrendersi e rassegnarsi.
Il funzionario del re forse non era un esperto di teologia, la sua preghiera viene da una idea confusa di chi sia Gesù e da una angoscia evidente per la sorte del suo bambino. Perciò prega. Insegna a pregare.
- Se non vedete segni e prodigi, voi non credete.
Gesù rimprovera la pretesa di vedere segni e prodigi. La sua riposta alla preghiera è piuttosto aspra e critica. Gesù ha risposto così anche a sua madre, Maria, quando gli ha segnalato che non c’era vino per la festa (“non hanno vino” … “Donna, che vuoi da me?”). Eppure Gesù compie il segno e la sua dichiarazione interroga la Chiesa. La comunità cristiana è il segno che aiuta a credere. Non minaccia castighi, non cerca popolarità e pubblicità. Si prende cura dell’umanità in pericolo di morte.
Il segno è la misericordia, il segno è la comunione che unisce i discepoli, secondo la preghiera di Gesù (“perché siano tutti una cosa sola … perché il mondo creda” Gv 17,21). La Chiesa è il segno posto nel cuore della storia. Non si tratta di una esibizione di opere e di una strategia del consenso, ma di una testimonianza che rimanda al significato, che è Gesù, che consola, guarisce, salva.
- Tuo figlio vive.
Gesù si rivela capace di dare la vita, rivela che la destinazione del bambino, del futuro del mondo non è la morte, ma la vita. Gesù è venuto perché chi crede in lui abbia la vita, la vita piena, la vita eterna.
Il segno diventa fondamento della fede e promessa per sostenere la speranza.
I discepoli sono il popolo della speranza.
La preghiera, l’affidamento a Gesù;
il segno, la testimonianza della comunità
la speranza.