- Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente.
Rendiamo grazie perché siamo stati salvati, perdonati, riconciliati.
Il Messia, l’Unto del Signore, l’atteso di Israele, è presente a Nazareth, rivela il compimento delle profezie: Oggi si compie la Scrittura. Il Messia, l’Unto del Signore, è il compimento sorprendente della regalità di Davide, della dignità del Sommo sacerdote che entra una volta per sempre nel santuario e ottiene in virtù del suo sangue una redenzione eterna.
Dunque un olio di letizia unge il Messia, l’unto del Signore, perché porti ai poveri il lieto annuncio
E lo Spirito del Signore rende il popolo santo di Dio partecipe della consacrazione del Figlio, dell’unzione del Messia.
Gli oli che consacriamo in questa solenne liturgia sono per l’unzione di tutti coloro che sono iniziati alla vita cristiana, di coloro che sono consacrati nell’ordine sacro, di coloro che sono consolati nei momenti della prova.
Un olio di letizia è preparato per noi!
Un olio di letizia è l’olio per i sacramenti dell’iniziazione cristiana, perché essere accolti nella Chiesa è una festa; un olio di letizia è l’olio per le ordinazioni diaconali, presbiterali, episcopali, perché il servizio del ministero ordinato al popolo cristiano genera la gioia dello Spirito; è olio di letizia l’olio per l’unzione degli infermi, perché nella dura prova della malattia è motivo di grande consolazione la forza dello Spirito e la prossimità della comunità.
È un segno singolare che in questo olio è stato versato anche un poco dell’“olio di Capaci”, l’olio frutto dell’uliveto piantato nel luogo della strage che ha ucciso il Giudice Falcone, la moglie e la sua scorta. Da quegli ulivi si ricava dell’olio che quest’anno è stato consegnato dai Questori a tutte le diocesi d’Italia. È un segno di quell’olio di letizia che attesta che il bene vince sul male, che dalla terra bagnata dal sangue e dallo strazio di uomini al servizio del bene comune sorge un principio di speranza. Raccogliamo il lieto annuncio, riceviamo l’unzione della gioia, rendiamo grazie per il dono che abbiamo ricevuto di essere accolti nella Chiesa, di essere chiamati alla grazia del ministero ordinato.
Gesù è stato mandato a proclamare l’anno di grazia del Signore. Questo tempo è l’anno di grazia. Siamo stati purificati per servire al Dio vivente.
E devo dare testimonianza che in molti modi le nostre comunità servono al Dio vivente compiendo le opere di Dio.
Gli incontro quaresimali con il clero delle zone pastorali, gli incontri personali, le notizie e le confidenze raccolte e le testimonianze ascoltate sono un racconto di innumerevoli forme in cui preti, diaconi, consacrati e consacrate, uomini e donne di ogni età e condizione servono il Signore.
Sono pieno di ammirazione e di riconoscenza.
- Siamo stati consacrati, siamo stati mandati. Tutti i battezzati.
L’unzione che ha consacrato l’Eletto è stata condivisa da Gesù con tutti i suoi discepoli e così la missione di Gesù è diventata la missione dei discepoli, di tutti i discepoli, la stessa missione.
La missione di annunciare e invocare e riconoscere il Regno che viene ha bisogno anche della Chiesa, della comunità di coloro che sono stati chiamati per essere luce, per essere sale, per essere città posta sulla montagna.
Nella Chiesa tutti i battezzati sono pietre vive, sono chiamati per essere mandati a portare il lieto annuncio ai poveri. Il battesimo che introduce all’eucaristia come compimento desiderato della fede è il motivo di responsabilità per l’annuncio del Vangelo a tutte le creature.
“Vorrei che tutti noi avessimo nel cuore e nella mente questa bella visione della Chiesa: una Chiesa protesa alla missione e dove si unificano le forze e si cammina insieme per evangelizzare; una Chiesa in cui ciò che ci lega è il nostro essere cristiani battezzati, il nostro appartenere a Gesù; una Chiesa dove fra laici e pastori si vive una vera fratellanza, lavorando fianco a fianco ogni giorno, in ogni ambito della pastorale, perché tutti sono battezzati. […] E in questa visione unitaria della Chiesa, dove siamo anzitutto cristiani battezzati, i laici vivono nel mondo e nello stesso tempo fanno parte del Popolo fedele di Dio; i laici sono uomini e donne «di Chiesa nel cuore del mondo» e uomini e donne «del mondo nel cuore della Chiesa».” (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al Convegno promosso dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, 18 febbraio 2023):
La corresponsabilità di tutti per la missione si vive nella vita ordinaria, si vive negli ambienti del quotidiano, come testimonianza, come il rendere ragione della speranza che è in noi. Tutti i battezzati, ma in modo particolare i laici, uomini e donne, sono mandati per essere testimoni là dove vivono, lavorano, coltivano i loro affetti e la loro gioia, attraversano le loro tribolazioni e si prendono cura dei fratelli e delle sorelle.
Si deve riconoscere che lo spirito missionario delle nostre comunità stenta a trovare i linguaggi, si esprime con timidezza, persino con imbarazzo, quasi che l’ideale sia essere cristiani senza dirlo, senza dire Gesù. Ma è proprio di Gesù che il mondo ha bisogno, è proprio Gesù che è luce e salvezza.
È necessario che il desiderio di annunciare Gesù sia vivo in tutti, e che raggiunga tutti. Imparare lo stile, il linguaggio, le vie della missione quotidiana da parte di tutti è lo scopo delle Assemblee Sinodali Decanali che si stanno configurando nella nostra diocesi.
Non si tratta di riunioni che si aggiungono ad altre riunioni per organizzare la vita e le iniziative della comunità, che impegnano e affaticano gli operatori pastorali e in particolare i preti. Si tratta di prendere decisioni perché la vita quotidiana di uomini e donne che vivono in comunione con Gesù diventino un segno là dove vivono, lavorano, fanno del bene, stanno accanto alle persone fragili, esercitano le loro responsabilità professionali. Uomini e donne di buona volontà hanno vissuto l’esperienza del Gruppo Barnaba e la costituzione della Assemblea Sinodale Decanale con visibile entusiasmo e profonda convinzione: hanno dichiarato di aver bisogno di pensare insieme, decidere insieme, camminare insieme perché la loro testimonianza non sia solo impegno personale, ma un frutto ecclesiale. Lo Spirito infatti tiene viva nella Chiesa la passione missionaria perché il comando di Gesù di annunciare il Vangelo. Di questa missione vive la Chiesa in questa nostra terra e in ogni parte del mondo, come ci ricordano i fidei donum e i missionari originari delle nostre terre. Di questa missione siamo lieti. Di questa missione siamo responsabili. Per questa missione ci interroghiamo e cerchiamo le vie praticabili.
- I ministeri laicali.
Per il servizio della comunità cristiana e per promuovere la formazione degli operatori pastorali i ministeri istituiti del Lettorato, dell’Accolitato, del Catechista possono essere una forma di responsabilità specifica. Le indicazioni del Papa e della Conferenza Episcopale Italiana sono state elaborate dalla Conferenza Episcopale Lombarda perché si possa avviare a cominciare da quest’anno il percorso per giungere all’istituzione dei ministeri che saranno ritenuti opportuni nelle comunità.
I ministeri istituiti sono ministeri laicali: uomini e donne possono essere chiamati per questi servizi. È quindi necessario che si apprezzi il ruolo ministeriale dei laici, che le donne possano esprimersi con piena responsabilità nei ministeri istituiti come negli organismi di partecipazione ecclesiali ed è necessario che anche i seminaristi, nel percorso formativo verso il presbiterato, condividano con uomini e donne l’istituzione e l’esercizio di questi ministeri.
Non si tratta di generalizzare una istituzione, ma di qualificare persone che possano farsi carico della formazione e dell’organizzazione di alcuni servizi che sono irrinunciabili per la comunità, come l’annuncio della Parola, il servizio all’altare per le celebrazioni liturgiche, la Catechesi.
Non ogni servizio nella comunità cristiana richiede una istituzione. Ma l’istituzione in questi ministeri può essere provvidenziale per assicurare la continuità nel servizio e per promuovere la collaborazione di altri fedeli laici.
- Il ministero ordinato.
Il Vescovo, i preti, i diaconi sono ordinati perché chiamati a servire perché ciascuno porti a compimento la sua vocazione e nella Chiesa sia custodita la memoria di Gesù e la testimonianza offerta come annuncio di speranza per tutti.
Il diaconato è presente in modo significativo nella nostra comunità diocesana da qualche decennio e tuttavia raccolgo con una certa frequenza una specie di imbarazzo nel rapporto tra preti e diaconi, come se i due gradi del ministero ordinato avessero un principio di incompatibilità. Valorizzare il diaconato comporta di sottovalutare il presbiterato? O viceversa?
Il diacono, come il presbitero, è collaboratore del vescovo per la missione. L’orientamento a definire questa collaborazione in ruoli sovraparrocchiali (comunità pastorali, decanato, diocesi) può rendere più evidente la vocazione a custodire il “servire” nella Chiesa.
“Nella Chiesa deve vigere la logica opposta, la logica dell’abbassamento. Tutti siamo chiamati ad abbassarci, perché Gesù si è abbassato, si è fatto servo di tutti. Se c’è uno grande nella Chiesa è Lui, che si è fatto il più piccolo e il servo di tutti. E tutto comincia da qui, come ci ricorda il fatto che il diaconato è la porta d’ingresso dell’Ordine. E diaconi si rimane per sempre. Ricordiamoci, per favore, che sempre per i discepoli di Gesù amare è servire e servire è regnare. Il potere sta nel servizio, non in altro. … i diaconi sono i custodi del servizio nella Chiesa, per conseguenza si può dire che sono i custodi del vero “potere” nella Chiesa, perché nessuno vada oltre il potere del servizio.
Il diaconato, seguendo la via maestra del Concilio, ci conduce così al centro del mistero della Chiesa. Come ho parlato di “Chiesa costitutivamente missionaria” e di “Chiesa costitutivamente sinodale”, così dico che dovremmo parlare di “Chiesa costitutivamente diaconale”. Se non si vive questa dimensione del servizio, infatti, ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto. E poco a poco si mondanizza.
La generosità di un diacono che si spende senza cercare le prime file profuma di Vangelo, racconta la grandezza dell’umiltà di Dio che fa il primo passo – sempre, Dio sempre fa il primo passo – per andare incontro anche a chi gli ha voltato le spalle”(Papa Francesco, Ai diaconi permanenti della diocesi di Roma. Con le loro famiglie, 19 giugno 2021)
Le condizioni di vita del diacono, considerando gli impegni prioritari della vita familiare e l’impegno irrinunciabile per la vita professionale, possono anche ridurre molto la reale disponibilità di tempo e di risorse che il diacono può mettere a disposizione della comunità. Ogni destinazione deve essere proporzionata alla situazione specifica di ciascuno diacono, ma tutta la comunità diocesana è chiamata ad apprezzare il servizio diaconale, a raccoglierne la testimonianza, a favorire le vocazioni al diaconato permanente.
I preti nella messa crismale rinnovano le loro promesse e raccolgono davanti al Signore le molte ragioni per essere grati del dono ricevuto. Io desidero dire ancora una volta quanto sia grande il mio apprezzamento e la mia fiducia per i preti della nostra diocesi e di istituti religiosi operanti in diocesi. Ho molte ragioni per una stima profonda e una immensa riconoscenza per i preti.
In questo cambiamento d’epoca anche la figura, il ruolo, il numero dei preti impone la riflessione sul modo di essere preti e sulle dinamiche interne del presbiterio.
La “riforma del clero” che riguarda l’identità del prete diocesano e le condizioni di vita e di ministero dei preti, dei diaconi e del vescovo ha alcuni tratti che è opportuno ricordare, anche per trarne le applicazioni spirituale e operativo.
La riforma del clero ha il suo principio nell’evidenza che essere preti significa, prima di ogni ruolo e potere, appartenere al presbiterio diocesano. L’appartenenza al presbiterio comporta la recezione delle proposte diocesane, la pratica sinodale delle decisioni, la cura per la fraternità dei rapporti, delle attenzioni.
L’appartenenza al presbiterio per la missione apostolica comporta che le proposte diocesane siano prioritarie rispetto al calendario locale e alle consuetudini parrocchiali.
L’appartenenza al clero di diaconi e presbiteri comporta che sia in evidenza la consapevolezza che siamo tutti a servizio della vocazione battesimale di tutti i fedeli e, nel popolo cristiano, a servizio della missione della Chiesa a tutti. La missione affronta sfide inedite e solo insieme, solo uniti, solo docili allo Spirito, solo con umiltà, creatività, intelligenza e audacia possiamo cercare le vie per accendere il fuoco della missione in tutti i discepoli che compongono le nostre comunità.
I preti non sono chiamati a fare tutto, a pensare a tutto, ad avere tutto sotto controllo, ma il presbiterio nel suo insieme con il Vescovo e i diaconi deve curare che la parola del Signore e la sua Pasqua che si celebra nell’Eucaristia continui a chiamare a conversione, a tenere vivo lo zelo perché nessuno si vergogni del Vangelo.
- Pastorale giovanile e pastorale vocazionale.
A proposito degli adolescenti e dei giovani raccolgo segnali di apprensione: le celebrazioni sono disertate, la partecipazione alle iniziative nuove o tradizionali è ridotta, i gruppi giovanili conducono talora vita stentata e sembra di riconoscere più uno sforzo di sopravvivere che la fierezza e la gioia dell’appartenenza alla Chiesa e lo zelo per la missione.
Il dialogo avviato “Giovani e Vescovi”, il cammino verso la GMG di Lisbona, gli impegni per l’animazione e la educazione dei più giovani, le aggregazioni di amicizia e di impegno che radunano gli universitari manifestano una vivacità, un interesse, una ricchezza di domande che devono essere accolte, elaborate, condivise.
La cura perché la pastorale giovanile sia pastorale vocazionale mette in evidenza l’urgenza di una reale esperienza cristiana che sia relazione con Gesù e non solo con valori, proposte, iniziative della comunità cristiana. Il Signore Gesù è vivo, chiama, accompagna e a ciascuno rivolge una parola personale che è chiamata a seguirlo.
La diminuzione preoccupante dei giovani che desiderano la vita consacrata nel ministero ordinato, in istituti di vita consacrata maschile e femminile interroga i consacrati e tutta la comunità.
I consacrati si devono domandare se il loro stile di vita, la loro coerenza. la loro gioia renda attraente la loro forma di consacrazione.
Tutta la comunità cristiana e in particolare coloro che si fanno carico della pastorale giovanile si devono domandare come sia coltivata la preghiera per le vocazioni di speciale consacrazione, di come siano proposti a ragazzi e ragazze, a giovani uomini e donne del nostro tempo percorsi di formazione e di discernimento.
Tutti siamo chiamati a farci carico di un aiuto personale e di percorsi comunitari, perché nessuno si senta al mondo per caso o per niente e tutti si sentano chiamati a portare a compimento la loro vocazione a essere figli e figlie di Dio nelle forme specifiche delle diverse scelte di vita.
Con olio di letizia sono consacrati i battezzati in comunione con Gesù, l’Unto di Dio, il Signore della nostra vita.
Olio di letizia viene consacrato in questa solenne celebrazione: si diffonda il suo aroma, si diffonda la gioia in tutta la Chiesa, la gioia e la pace siano il dono di questa Pasqua.