… quelli invece che vivono secondo lo Spirito
Solennità della Natività della Beata Vergine Maria, Milano, Duomo – 8 settembre 2023
- … però ci dispiace.
Sì, ognuno si ritiene libero; sì, anche se in gran parte siamo condizionati dall’algoritmo, ognuno ritiene di poter fare quello che vuole; sì, anche siamo sconvolti dalla violenza dei forti sui deboli, di alcuni uomini sulle donne, di una seducente opera di corruzione passivamente subita, riusciamo a sdegnarci e a invocare provvedimenti e pene esemplari, ma non riusciamo a individuare ed estirpare la radice della violenza;
sì, anche se ci proclamiamo uomini e donne di pace, dobbiamo subire decisioni di guerra e stentiamo a resistere alla tentazione di rassegnarci; sì, anche se riteniamo rovinosi alcuni comportamenti per chi li pratica, forse anche i nostri familiari e i nostri amici, ci arrendiamo però a quello che ciascuno sceglie, perché ciascuno può fare quello che vuole.
Sì, però ci dispiace.
Paolo interpreta la tendenza alla morte come opera della carne e contrappone il vivere secondo la carne al vivere secondo lo Spirito. Noi siamo in una cultura in cui a ciascuno deve essere consentito di vivere secondo il suo criterio, fosse pure di tendere alla morte. Si può intendere questo vivere secondo la carne come un modo antico per esprimere l’individualismo contemporaneo, che si propone come inappellabile principio di comportamento.
Questo individualismo induce a vivere per sé stessi, secondo il proprio inappellabile criterio che decide che cosa sia bene e che cosa sia male. L’individualismo presume di costruire il mondo avendo come riferimento l’individuo, quindi una solitudine che costruisce e decostruisce rapporti secondo la sua volontà; e poiché l’individuo è irrimediabilmente condannato a morte, l’individualismo tende alla morte.
Sì, ciascuno faccia le sue scelte: se vuole vivere secondo la carne, secondo questo individualismo assoluto, deve essergli consentito e con questo tende alla morte. Vorrebbe un mondo da consumare per sé, vorrebbe un presente da godere senza responsabilità, senza nessuno a cui rendere conto, vorrebbe un mondo che vive con lui e muore con lui. Sì, chi vive secondo la carne tende alla morte.
Sì, faccia pure, ma a noi dispiace.
- Dio ha reso possibile la vita secondo lo Spirito, che tende alla vita e alla pace.
Noi non siamo autorizzati a giudicare nessuno, ma ci dispiace di troppi nostri fratelli e sorelle che vivono nella persuasione di morire, che vivono nella persuasione che essere soli sia meglio che assumere responsabilità per altri, che vivono senza prendersi cura che anche ad altri sia dato di vivere.
Ci dispiace.
Abbiamo però la responsabilità di accogliere il dono di Dio, perché cerchiamo di credere in Dio e abbiamo ricevuto la rivelazione che ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa del peccato, Dio lo ha reso possibile. Ha reso possibile, con la missione del Figlio suo Gesù Cristo, ricevere lo Spirito e vivere secondo lo Spirito, che tende alla vita e alla pace.
Perciò noi viviamo nella gratitudine, viviamo di una vita ricevuta e non riteniamo questa condizione come un limite, ma come la vocazione a partecipare alla vita di Dio.
L’alternativa radicale all’individualismo, che tende alla morte, è la fede, che accoglie la vita come un dono e vive la propria libertà come risposta a Dio che chiama.
- Viviamo di una vita ricevuta, la vita dei figli e delle figlie di Dio.
La proposta pastorale che offro alla Diocesi di Milano in questo inizio dell’anno pastorale 2023-2024 non dovrebbe neppure chiamarsi “proposta pastorale”, ma piuttosto programma di lavoro per gli anni a venire.
Infatti ho ribadito che la proposta pastorale di ogni anno è la celebrazione dell’unico mistero che salva, celebrato, accolto, pensato nell’anno liturgico: la proposta pastorale è accogliere il dono dello Spirito nella celebrazione dei santi misteri.
Dobbiamo ancora imparare a celebrare in modo che i santi misteri siano principio della vita cristiana e ci conformino a Cristo, il Figlio, per essere figli e figlie per il dono dello Spirito Santo.
- Cristo vive in noi.
La vita che riceviamo è il dono che diventa vocazione e il criterio del bene e del male non è la scelta soggettiva, ma l’obbedienza della fede che vive la relazione decisiva con Gesù, il Cristo glorioso, e camminando alla sequela di Gesù comprende sé stesso e compie le sue scelte.
La comunità cristiana è al servizio della vita di ogni persona perché incontri Gesù e con Gesù costruisca la sua risposta alla vocazione. Perciò la comunità diocesana oggi è in festa, perché celebra la risposta di Maria all’annuncio dell’angelo e riconosce l’annuncio dell’angelo non come una invadenza di Dio nella libertà di Maria, ma come il compimento della sua libertà, iscritta in lei fin dalla nascita. Perciò la comunità cristiana riconosce nella fede di Giuseppe un modello ispiratore, perché vive la docilità alla rivelazione dell’angelo non come uno stravolgimento della promessa di vita insieme con Maria, ma come un compimento oltre ogni aspettativa.
Perciò la comunità diocesana è in festa, perché questi uomini si presentano per dichiarare di aver riconosciuto il senso della loro vita e la decisione che compie la loro libertà nel presentarsi candidati al servizio della Chiesa come diaconi e presbiteri.
Pertanto la comunità cristiana ha la responsabilità di proporre percorsi di educazione affettiva, sessuale, relazionale, perché chi segue Gesù impari ad amare come Gesù ha amato; viva, nell’amore, la fedeltà indissolubile, come Gesù che ha amato fino alla fine; accolga con gratitudine la grazia e la responsabilità dell’amore fecondo, che genera figli e figlie per il futuro del mondo e della Chiesa; interpreti in chiave vocazionale anche il lavoro e l’impegno per la pace.
Senza un riferimento a Gesù e senza la partecipazione alla celebrazione dei santi misteri come principio di vita, non si possono intendere e apprezzare adeguatamente i capitoli che definiscono il programma di lavoro, e cioè l’educazione affettiva, la cura per l’indissolubilità del patto matrimoniale, la cura perché la vita sia accolta e difesa sempre, la sollecitudine per la dignità del lavoro, la promozione della pace.