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L’amicizia triste e l’amicizia di Pasqua

Veglia per la redditio e la missione, Milano – 21 ottobre 2023

21 Ottobre 2023

1. Conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto (At 24,14)

In effetti erano amici. Avevano confidenza. Conversavano, sì conversavano: il loro discorrere non era una chiacchierata, ma un discorrere tra amici che sono sinceri, stanno bene insieme, si interrogano su quello che è accaduto. Sì, non c’è che dire, una di quelle relazioni di cui si ha tanto desiderio, quelle relazioni che si concludono con la gratitudine: “grazie che mi hai ascoltato; almeno mi sono sfogato”.
Ma il risultato di questa conversazione così intensa e sincera non fa altro che far crescere la tristezza: si fermarono con il volto triste. I loro discorsi sono oggetto del rimprovero di Gesù: parlate tra voi, siete amici, siete persone serie, ma non sono discorsi che aiutano ad essere come Gesù vi vorrebbe.
In molti casi ci possiamo riconoscere nella vicenda di Cleopa e del suo amico.
Si parla molto dell’importanza delle relazioni, che è necessario trovare qualcuno che ti ascolti, che l’importante è ascoltare. Si raccomanda molto agli educatori e ai genitori di ascoltare i ragazzi e gli adolescenti. E tuttavia questi rapporti costruiti con benevolenza, con buona volontà, con la delicatezza di non dare torto troppo facilmente per evitare di sentirsi dire: “allora tu non mi capisci!”, ecco questi rapporti, queste amicizie, queste pratiche di attenzione e di pazienza non guariscono dalla tristezza: ci sono infatti amicizie importanti eppure deprimenti. Si può essere amici e passare ore in conversazione e non ricavarne niente, se non la consolazione di un momento. Il volto resta triste.


2. Non ardeva forse in noi il nostro cuore, mentre egli conversava con noi?
(At 24,32).

A conclusione del racconto si parla di un’altra conversazione e di un altro esito. Gesù si fa vicino, entra in confidenza, fanno chilometri parlando, con domande e inquietudini, con racconti delle Scritture e spiegazioni illuminanti.
Ecco l’esperienza di una amicizia che trasforma la tristezza in gioioso ardore, che dalla delusione fa intuire un insperato raggio di speranza.
Che cos’è che trasforma i due amici in apostoli e il loro conversare in un percorso che porta al riconoscimento di Gesù e alla condivisione della fede e della missione? Nel racconto risulta evidente: è l’inserirsi di Gesù nei loro discorsi, è la spiegazione delle scritture con cui Gesù apre la loro mente e scalda il loro cuore
C’è dunque un modo di conversare, di parlare, di ascoltar che può trasfigurare la vita, convertire il cuore, far diventare amici in un modo diverso, condividere l’esperienza del riconoscimento di Gesù.

 

3. Amici come?

Siamo dunque provocati a domandarci come sono le nostre amicizie e le nostre conversazioni. Nessuno di noi è discepolo da solo. Forse nessuno di noi questa sera è venuto da solo. In certe età della vita il gruppo degli amici è più importante di molte altre cose.
L’amicizia è una grazia impagabile, è un dono necessario che si può ricevere e offrire, ma non si può comprare, né pretendere. Ma è decisiva la qualità dell’amicizia.
C’è infatti una amicizia che rende tristi, che rende peggiori, che si può meglio chiamare complicità di branco: talvolta, come intrappolati in una compagnia sgangherata, si finisce per fare anche quello che uno non vorrebbe, come per una legge del branco.
Nella regola di vita e nel cammino di fede deve invece essere compresa l’amicizia che rende migliori, che incoraggia al bene anche quando uno è scoraggiato, che compie il cammino insieme con Gesù, che partecipa allo spezzare del pane, cioè alla Messa e riconosce Gesù, il Signore.
Il cuore arde e il volto è lieto.
Ecco dunque una domanda inevitabile: come sono le mie amicizie? Quali amicizie mi aiutano a camminare insieme con Gesù e a riconoscerlo?

 

4. Partirono senza indugio (At 24,34)

L’amicizia che rende migliori diventa anche il modo, lo stile, la condizione favorevole per correre a dire di Gesù anche agli altri.
Coloro che stasera ricevono il crocifisso potrebbero tutti raccontare di come hanno riconosciuto Gesù, di quali amici, educatori, genitori, preti li hanno incontrati su una via triste e li hanno aiutati a riconoscere Gesù “nello spezzare il pane”.
Nessuno parte per la missione da solo: c’è sempre un’amicizia, una comunità, una paternità e maternità che hanno incrociato la vita di ciascuno e hanno cambiato il volto triste in un animo lieto e ardente.

Fino a questo punto può essere determinante l’amicizia: può essere un legame che fa del male e trascina in una via di tristezza e può essere un legame che incoraggia al bene, che accompagna a trovare in Gesù risorto e vivo la sorgente di una gioia invincibile. L’amicizia buona, edificante, quando si sperimenta insieme l’ardore del cuore, quando si incontra insieme Gesù, diventa una forza meravigliosa che può convincere a imprese straordinarie, addirittura a diventare santi.
Amici santi, missionari santi, discepoli santi in ogni età e situazione.
Fino a questo punto può essere determinante l’amicizia!