1. I paradossi di Gesù.
I discorsi escatologici usano la forma retorica del paradosso: le dieci vergini; il rendiconto dei
talenti; la scena del giudizio finale.
Gesù si serve del paradosso per aprire i discepoli alla comprensione del Regno di Dio che è
presente, che viene, che verrà.
Il paradosso del racconto drammatico collocato alla fine dei tempi è per rivelare il senso e la
responsabilità del presente; il paradosso di una immagine di un re che benedice e maledice è per rivelare la serietà di quello di cui si parla; il paradosso dell’importanza enorme del gesto minimo è per dare indizi che indicano la via per trovare risposta alla domanda: che cosa vuole Gesù? da che parte sta Gesù? Dov’è Gesù?
Che cosa intende insegnare Gesù? Che cosa intende insegnare a noi in questo momento?
Perché ci ha qui radunati con le nostre divisioni, le nostre stanchezze, le nostre ferite, le nostre
domande?
1. Vigilate, state attenti, riconoscete.
L’insistenza di Gesù è per evitare un modo di vivere e di pensare la vita come una banalità, di
vivere i rapporti e di intendere i rapporti in un modo ottuso, di guardare alle situazioni come una fatalità irrimediabile.
Siate vigili: ogni situazione è occasione, ogni rapporto è incontro, ogni momento della vita è il
abitato dalla gloria di Dio, dal grido che annuncia: ecco lo sposo!
2. Imparate a fare il bene, cercate la giustizia
L’ambiguità delle parole, l’opacità del gesto, la minaccia del fraintendimento di tutto non esonera dalla pratica del dono. Tutto può essere mistificato e la manipolazione delle notizie è umiliante per la verità e per le buone intenzioni. Ma resta il comandamento e la grazia di uno sguardo illuminato dallo spirito.
La profondità teologica del gesto minimo: l’avete fatto a me.
Non sottovalutate quello che fate,
non restate troppo delusi dall’esito delle vostre opere di bene,
non aspettate che cambi il mondo per capire che cosa dovete fare,
non perdetevi in discussioni astratte,
non accontentatevi di praticare i precetti.
Forse non è tempo di parole