La zizzania (lolium temulentum; laglio ubriacante) è una pianta che infesta i campi di grano, assomiglia alle piante di grano, le soffoca e si mescola con il grano con i suoi semi dannosi che provocano mal di testa e persino allucinazioni.
Il comportamento del padrone del campo può sorprendere. Certo è una parabola non un trattato di agronomia. Del resto io di botanica e di agricoltura non capisco nulla.
- Io immagino che il padrone del campo abbia ascoltato quello che la zizzania ha da dire.
“Io sono la zizzania. Sono un’erba sbagliata. La mia vita è un danno per la campagna. Il mio seme è pericoloso per chi se ne nutre. Chi coltiva il campo vorrebbe strapparmi subito e bruciarmi. Sono la zizzania, sono seminata dal nemico, dal principio del male che non vuole altro che far del male al padrone del campo che invece vuole fare solo del bene. Vengo dal maligno.
Io sono la zizzania, nessuno ha simpatia per me. Si dice che chi mi semina, chi semina zizzania, è un malintenzionato che vuole far nascere liti e discordie, anche nella stessa casa, tra i parenti e i fratelli.
Io sono la zizzania, sono un’erba sbagliata”.
A parte i problemi di botanica, forse la pazienza del padrone si rivolge a coloro che ragionano come la zizzania. Forse ci sono persone che pensano così di sé stesse: “Io sono sbagliato. Io non ho combinato mai niente di buono. Dove arrivo faccio danno. Semino veleno e suscito liti. Non servo a niente. Il mio destino è di essere buttato nella fornace dove sarà pianto e stridore di denti. Io sono come la zizzania, un’erba sbagliata. Nessuno ha simpatia per me”.
- Lasciate che crescano insieme il buon grano e la zizzania.
Come si spiega la decisione del padrone? Non credo si parli di botanica. Si parla del regno di Dio. C’è una parola che si rivolge a chi si sente sbagliato, fatto male, dannoso per sé e per gli altri.
C’è una parola di Dio che ha mandato suo figlio nel mondo non per condannare il mondo, ma per salvarlo: fino a questo punto lo ha amato.
Nel mondo dunque non ci sono i figli del Regno e i figli del Maligno, come persone fissate in un immobile destino, i buoni e i cattivi. C’è invece la presenza di un principio di salvezza che chiama tutti a conversione, che chiama i figli del regno a crescere insieme con tutti, come il buon campo nel grano, non per lasciarsi inquinare dal male, ma per vincere il male con il bene. I figli del regno sono come un po’ di lievito che fa lievitare la pasta, sono testimoni nel mondo di una potenza di salvezza, di una chiamata a conversione. I figli del regno sono presenti per dire a tutti i fratelli e le sorelle: nessuno è una pianta sbagliata, nessuno è predestinato a essere un danno per gli altri. Siamo tutti peccatori, complici nel peccato per essere solidali nel cammino di liberazione.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio (2Cor 5,21)
- Il gesto sacrilego e il principio della devozione alla Madonna del Sangue.
Il gesto sacrilego di Giovanni Zucono, il 29 aprile 1494, è stata l’occasione per chiamare molti a conversione e per dare un messaggio di fiducia perché ogni situazione possa diventare occasione per il bene.
“Noi non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio”
Le parabole del Regno possono ispirare la nostra preghiera e la nostra vita: siamo mandati dentro il mondo come un principio di vita buona, come una proposta di vangelo.
Possiamo mettere in evidenza alcune parole per ispirare il nostro cammino:
- la fiducia e la pazienza: nessuno “è fatto male”, nessun male è irrimediabile, non c’è nessuna zizzania che non possa convertirsi in buon grano
- la piccolezza come percorso della speranza: non il grandioso che si impone, ma il poco, il piccolo, il più piccolo di tutti i semi, il gesto minimo e la persona qualsiasi
- la responsabilità per la pasta, come il lievito che fa lievitare tutta la farina.