- Vanno errando nella regione: il deserto li ha bloccati (Es 14,3).
Dove vanno i figli di Israele? Dove va l’umanità? Vanno errano nella regione, il deserto li ha bloccati. Camminano e camminano, si stancano e s’ingegnano per sopravvivere, ma non vanno da nessuna parte. Sono usciti dalla terra d’Egitto a mano alzata, fieri d’essersi liberati dalla schiavitù di faraone, ma ci sono momenti in cui la libertà è diventata più insopportabile della schiavitù.
Si continua a scrivere la storia di uomini e donne di ogni tempo. Chiamati da una promessa si sono smarriti in un deserto in cui si sentono abbandonati, dove non c’è più alcun segno che indichi la direzione per la terra promessa.
Perciò attraversano la prova della fede: ma ci si può fidare delle promesse di Dio? Non sono forse più rassicuranti gli idoli costruiti dalle nostre stesse mani?
Perciò provano risentimento verso Mosè, verso gli inviati e gli angeli di Dio che si sono fatti voce delle promesse di Dio.
Perciò hanno crocifisso Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, perché il regno che annunciava non corrispondeva in nulla al trionfo mondano che ci si aspettava.
Bloccati nel deserto, il popolo non sa dove andare e Faraone, il nemico del bene, già pregusta la vendetta che riporta gli schiavi in schiavitù.
- Ed ecco vi fu un gran terremoto.
Là dove la vita sembra inghiottita dalla morte, là dove la promessa alla quale Abramo si è affidato sembra contraddetta dalla richiesta del sacrificio del figlio Isacco, là dove il nemico invincibile incalza alle spalle e ogni via di fuga è impedita dalle acque del mare, là Dio apre una strada.
Il gran terremoto lascia come morte le guardie messe a custodire il morto, l’angelo di luce vince le tenebre spaventose, la forza divina rotola la pietra del sepolcro e ne fa una base per il suo trono.
È la Pasqua del Signore.
La gloria di Dio passa e apre il passaggio alla vita.
Tutta la grande veglia è la celebrazione del passare, della Pasqua.
- Si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua e anche la mia carne riposerà nella speranza (At 22,26).
Celebriamo perciò la Pasqua accogliendo l’annuncio che ci chiama a compiere il nostro passaggio.
I catecumeni compiono il grande definitivo passaggio: nell’acqua del battesimo si compie il segno del passaggio del Mar Rosso cantato da Mosé e dagli israeliti che avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare: voglio cantare al Signore perché ha mirabilmente trionfato. Ciascuno dei catecumeni che hanno chiesto il battesimo e che compiono questa notte l’iniziazione cristiana ha la sua storia da raccontare, talora drammatica come un esodo, talora entusiasmante come la scoperta di un amore, talora rassicurante come la promessa di appartenere al popolo santo di Dio.
La gioia dei catecumeni è diventata la gioia di coloro che li hanno accompagnati e la gioia delle comunità cristiane che li hanno accolti. Dobbiamo chiedere a loro che siano come angeli con la veste bianca come neve per rinnovare la gioia di tutto il popolo cristiano.
Noi tutti, cristiani peccatori, compiamo il passaggio dalla condizione di peccato alla gioia del perdono e della riconciliazione, secondo la parola del profeta: “Su, venite, discutiamo dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra (Is 1,18s). Celebriamo la Pasqua, il passaggio del Signore, la sua glorificazione non perché siamo perfetti, ma perché abbiamo bisogno di perdono e di riconciliazione; celebriamo la Pasqua, il passaggio del Signore, la sua risurrezione non perché siamo contenti di noi stessi e viviamo nella sicurezza adeguata per fare festa, ma perché siamo desiderosi di condividere l’esperienza di Maria di Magdala e dell’altra Maria che abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli (cfr Mt 28,8). Annunciamo la gioia di cui non siamo padroni, la promessa che abbiamo ricevuto in dono.
L’umanità intera sia pronta, desiderosa di compiere il grande passaggio che è il dono di Pasqua, del passaggio del Signore, verso la pace, secondo l’augurio di Paolo ai Romani: a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
Pasqua: il grande passaggio che apre finalmente una strada al popolo che il deserto ha bloccato:
- il passaggio dei catecumeni, per l’appartenenza gioiosa e grata alla Chiesa;
- il passaggio di tutti i fedeli, dalla mediocrità alla santità, dal peccato alla riconciliazione;
- il passaggio alla pace tra i popoli nel nome dell’unica vocazione e dell’unico dono di Dio.