1. La visita pastorale
La visita pastorale è l’occasione per dirvi: voi mi siete cari. Voi mi state a cuore. Normalmente il vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La visita pastorale è l’occasione per dirlo di persona.
La visita pastorale è l’occasione per mettere in evidenza la dimensione diocesana della Chiesa. La Chiesa non è la singola parrocchia, ma la comunità diocesana presente nel territorio, unita nella comunione con il Vescovo, impegnata a condividere le risorse e la passione per il Vangelo in una particolare città. Il vescovo viene a invitare a coltivare la dimensione diocesana, a partecipare alle iniziative, a raccogliere le proposte, a stringere legami di collaborazione con le altre parrocchie della città.
La visita pastorale è per condividere l’ascolto della Parola che è stata annunciata in questa celebrazione eucaristica per domandarci: che cosa dice il Signore a questa comunità, in questo momento del cammino della parrocchia, in questa città, in questo tempo di Chiesa?
2. Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Il tempo liturgico dell’Avvento ci invita ad alzare lo sguardo, a preparare l’incontro.
Ma voi attendete qualcuno? Ma voi invocate che venga il Signore?
Il rischio di essere così indaffarati per le cose di Dio da dimenticarsi di Dio.
Gesù entra nel tempio e dopo aver guardato ogni cosa, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betania.
È quindi questo il messaggio principale che possiamo mettere in evidenza nel cammino che la comunità parrocchiale e la nostra Chiesa intera è chiamata a compiere.
La proposta pastorale “Viviamo di una vita ricevuta” dovrebbe aiutare a disporsi a ricevere, a ringraziare a contemplare.
La comunità che si interroga sulla sua vita e sulla sua missione può essere indotta a una specie di scoraggiamento nel constatare la sua inadeguatezza: non mancano solo i preti, ma anche i laici. Stiamo perdendo generazioni di cristiani. La parrocchia deve essere un presidio territoriale importante, ma sebbene in un contesto di risorse pastorali e apostoliche limitate, pensiamo che debba essere anche capace di apertura (Cfr relazione Consiglio Pastorale Parrocchiale).
La contemplazione del mistero di Gesù, della sua regalità mite, del suo ingresso su un asino preso a prestito, verso un tempio dove nessuno lo aspetta invita a seguire la vita della inadeguatezza per ritrovarvi la gloria, il trono stabilito sulla mansuetudine.
3. Poiché la vita è dono, la vita è vocazione.
La disposizione a riconoscere il dono, ad accogliere il Gesù, il re mite che viene nel nome del Signore, introduce nella consapevolezza che non viviamo per noi stessi, che non siamo i salvatori di noi stessi, ma la vita è dono ed è chiamata a farsi dono.
La preoccupazione espressa deve lasciarsi convertire alla fiduciosa disponibilità a vivere la vita cristiana non come distribuzione di incarichi, ma come disponibilità alla sequela di Gesù.
“facciamo fatica a trovare gli evangelizzatori. Il rischio è quello di cercarli “come una volta”, da inserire nelle modalità e nelle strutture a noi note” (cfr. Relazione CPP).
Non si tratta di immaginare una strategia di reclutamento, ma di rispondere al Signore che chiama e insegna lo stile del servizio. La differenza tra incarico e vocazione è nella relazione con Gesù (cfr Qualcuno bussa al tuo cuore).
4. Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti (1Ts 3,11ss).
La parola che Dio vuole rivolgere all’umanità in questo tempo non è un discorso o una dottrina, ma è la comunità in cui i discepoli si vogliono bene nel nome del Signore, per il dono dello Spirito, secondo la raccomandazione di Paolo ai Tessalonicesi e a tutti.
Dunque siamo chiamati a essere un segno dell’opera di Dio nella storia per la carità che ci unisce e per l’amore che pratichiamo verso tutti.
La fatica e la complessità dei temi non devono scoraggiare o indurre a chiusure ostinate: possiamo credere che il Signore ci illumina, ci riunisce, ci orienta a cammini promettenti (cfr Assemblea Sinodale Decanale).
La sovrabbondanza nell’amore non si riduce a costruire buone relazioni e a provare sentimenti di benevolenza, ma a camminare insieme nel prendersi cura gli uni degli altri e nella pratica di quello stile sinodale che forse permetterà di sperimentare il dono della gioia e la via della missione.
Dunque possiamo ricavare tre parole come il messaggio che può intitolare la visita pastorale:
- L’attesa di Gesù
- La vocazione
- L’amore in comunità e verso tutti.