- La visita pastorale
La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!
La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “Voi fate parte della Diocesi. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nel configurarsi della Comunità Pastorale nella sua articolazione decanale. L’antica e gloriosa tradizione della comunità parrocchiale ha le risorse per intensificare il senso di appartenenza e anche la possibilità di una dinamica missionaria più vivace e convinta: appare globalmente modesta la passione evangelizzatrice. Il dato identitario del riconoscersi nel Suffragio sembra prevalere sull’ansia apostolica (cfr relazione consiglio pastorale 3).
La visita pastorale è anche momento di grazia per celebrare l’Eucaristia e chiedere che la parola di Dio sia lampada per i nostri passi. Quali indicazioni ci offre Gesù in questa quarta domenica di Quaresima?
- Non le idee, non le norme: l’amicizia. La casa di Betania.
Siamo in cerca della casa di Betania. L’inquietudine ci ha indotti a viaggiare: non sentirsi a casa da nessuna parte e avere sempre un oltre da esplorare, un desiderio incompiuto, il sospetto di una perdita se non si arriva anche là, anche altrove. Con il tempo, con l’accumulo di delusioni e di eccitazioni di un momento, anche il desiderio si è stancato.
Siamo in cerca della casa di Betania. Le discussioni sui principi, lo scontro dei punti di vista, il conflitto delle ideologie ci hanno coinvolti, ci hanno fatto arrabbiare, ci hanno mortificati nella persuasione di avere ragione e di non riuscire a dimostrarlo. Con il tempo e l’impressione di un accanimento inconcludente, anche la passione politica, ideologica si è stancata.
Siamo in cerca della casa di Betania. La celebrazione solenne per dare gloria a Dio, il grande raduno per dimostrare di essere in tanti, di essere forti, di essere vivi ci hanno impegnato molto. Con il tempo la grande folla si è dispersa e la nostalgia di trionfi passati ha preso il posto dell’euforia e dell’entusiasmo per quella che una volta era la chiesa piena, la piazza piena.
Siamo in cerca della casa di Betania: raccogliamo l’invito per vivere la scelta di stare con Gesù come una amicizia, il rapporto personale e insieme di comunità, il tempo per ascoltare e per domandare, per confidare e ricevere confidenze, l’esperienza di essere un amico desiderato, conosciuto, chiamato per nome. Nella casa di Betania i discepoli di Gesù sperimentano che il Verbo di Dio si è fatto carne, presenza amica, incontro personale e singolare che rivela il significato del mondo e la vocazione a percorrere la via della vita.
- L’amicizia delle lacrime.
Anche la casa di Betania è visitata dalla malattia e dalla morte. Il destino di morte che incombe sull’umanità non risparmia nessuno, secondo l’ovvietà ottusa dell’esperienza empirica.
Viene da pensare che l’amicizia di Gesù sia una esperienza edificante, bella, buona, ma proprio quando ne hai più bisogno, è l’esperienza di una assenza e l’impressione di una impotenza.
L’amicizia diventa la condivisione delle lacrime, il conforto abituale tra gli amici, una qualche forma di partecipazione. Nel momento tragico, di fronte al dominio indiscutibile della morte, la presenza di persone care che partecipano è motivo di un certo sollievo. Non sempre le lacrime sono sincere, non sempre la condivisione è profonda. Ma l’amicizia delle lacrime è un palliativo desiderato e benefico nei giorni del lutto e dello sconforto.
- L’amicizia per la gloria.
C’è però la luce. C’è però la rivelazione del Verbo fatto carne perché non la morte ma la gloria di Dio abiti in carne d’uomo. Gesù visita la casa di Betania per svegliare gli amici dell’ovvietà ottusa che si rassegna al destino di morte. Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato.
L’amicizia per la gloria contesta la persuasione che la vita umana sia un destino e che la morte sia l’indiscutibile esito della sorte dei figli degli uomini. La persuasione antica è anche la persuasione del nostro tempo. Uomini e donne del nostro tempo confermano con molti argomenti la saggezza della rassegnazione a morire: hanno argomenti scientifici, hanno argomenti filosofici, hanno l’estenuante accumulo dell’esperienza universale.
Gesù non contrappone argomenti agli argomenti della sapienza del mondo. Piuttosto offre l’amicizia personale: io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà. Il cammino della gloria è quindi la sequela, la fede che diventa amicizia, non solo per la condivisione delle lacrime, ma per il dono della gloria.
La vita cristiana rischia di diventare una pratica di buone intenzioni, esecuzione di opere buone, persino un logorante calendario di adempimenti. Nella casa di Betania, l’amicizia della gloria raccomanda la sosta che raccoglie la parola di Gesù, le sue confidenze, la conversazione che accompagna fino a che le inquietudini trovino pace, l’attivismo trovi riposo, lo strazio un passaggio verso la speranza e la gioia. La fede diventa esperienza di comunità, lottando contro le tentazioni dell’individualismo
La fede in Gesù, risurrezione e vita, non è un rapporto di amicizia che si limita dalla reciprocità degli affetti, è vocazione alla comunione che rende partecipi della vita di Dio. Dio ci ha fatto rivivere con Cristo … per mostrare la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Proclamiamo il nostro “amen” nel celebrare l’amicizia della gloria in Cristo, per Cristo, con Cristo. Amen! Sì! Noi crediamo in te, Gesù! Noi viviamo in te.