1. La storia di “non amata”
È una lunga storia. È una storia complicata e tormentata. Sembra che fin dall’inizio l’umanità si definisca “non amata”. Il principio è interpretato come sospetto. Il comandamento come proibizione mortificante, frutto di una gelosia. “Non amata”, l’umanità si affligge in un vivere che fatto di sudore e doglie, uomini e donne si trascinano gemendo in un deserto. L’umanità “non amata” deve imparare a cavarsela, esule in una terra ostile: se c’è memoria di un paradiso è memoria di una favola infantile.
L’umanità “non amata” ha paura di Dio, lo chiama “Baal, mio padrone”. Crede che Dio sia il nome da temere come quello dell’esattore delle tasse, chiede la decima del raccolto sudato, pretende sacrifici oltre il sacrificio del vivere.
L’umanità “non amata” divenuta adulta si pone davanti a Dio con la pretesa del risarcimento: “ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?”
2. L’ostinazione del Signore Dio.
Ma il Signore Dio si ostina a cercare “non amata” a parlarle, a attirarla a sé, a provare a farsi ascoltare.
È una lunga storia di umiltà di Dio, di pazienza, di sapienza, di discorsi persuasivi, di dimostrazioni di amore. “In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito perché noi avessimo la vita per mezzo di lui”
È una lunga storia quella dell’amore di Dio.
La consacrazione delle vergini è ancora un capitolo di questa lunga storia.
Le consacrate sono a servizio della pazienza di Dio che rivela di amare “Non amata”.
Le donne consacrate sono là nel quotidiano delle faccende e delle responsabilità per rivelare il desiderio di Dio di convincere l’umanità che è amata da Dio, che è salvata da Dio, che è abilitata da Dio a vivere la vita di Dio.
Dobbiamo amarci gli uni gli altri, perché Dio ci ha amati così.
Come dunque ameranno le vergini consacrate?
Sapranno dire da dove viene il loro amore? sapranno dire che viene da Gesù?
Si rischia di scambiare la reticenza per discrezione: “ti faccio del bene, ma non ti dico in nome di chi ti voglio bene, per evitare di condizionarti”. La gente non ha bisogno di un sollievo momentaneo, ma di una speranza affidabile, di una verità che liberi dai pregiudizi di chiamarsi “non amata”. La chiesa e la società non hanno bisogno dell’ordo virginum, ma di conoscere Dio e di sperimentare la sua salvezza.
Si rischia di scambiare l’appartenenza con un titolo per avere privilegi. Se Dio mi ama allora abbonderà il grano, il vino nuovo, l’olio. Invece la sequela di Gesù rivela che la sua strada non porta alla garanzia della prosperità, ma alla disponibilità a pagare il prezzo della fedeltà: abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito.
Si rischia di scambiare la libertà per l’inappellabile solitudine. La consacrazione personale non è la collocazione in una solitudine, ma l’inserimento volonteroso, semplice, costruttivo in una comunità, senza titoli di privilegio, senza onori, senza incarichi speciali. Semplicemente, come pietre vive