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Fratelli, sorelle, ditemi: qual è la vostra profezia?

Veglia Missionaria – Redditio. Milano, Duomo – 22 ottobre 2022

22 Ottobre 2022

Fratelli, sorelle, ditemi: qual è la vostra profezia?

  1. “siamo missione”

Ma non vi sentite un po’ strani voi che avete preso coraggio e avete scritto la vostra regola di vita e l’avete consegnata al Vescovo?
Una regola di vita? Ma non è più normale una vita sregolata, senza né capo né coda, senza comandamenti né di dover rendere conto a qualcuno di quello che faccio e penso e voglio?
Ma non vi sentite un po’ strani voi che avete deciso l’azzardo di lasciare abitudini consolidate, condizioni rassicuranti, rapporti gratificanti e ora partite per paese stranieri, condizioni disagiate, lingue difficili?

Sì, in effetti, ci sentiamo strani, parliamo un linguaggio incomprensibile ai nostri coetanei e agli stessi nostri familiari, siamo un po’ strani, ma il fatto è che non possiamo fare diversamente. Siamo stati invitati da una parola persuasiva, abbiamo riconosciuto la presenza che trasfigura i nostri pensieri e la nostra vita, abbiamo incontrato Gesù e abbiamo accolto l’invito: vieni, seguimi!
Il fatto è che siamo stati chiamati per essere profezia, per essere segno, per essere seminatori della Parola che cerca una terra in cui germogliare e portare frutto.
Il fatto è che siamo incaricati di una profezia, siamo missione (cfr EG 273).

“La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela l’infermiera nell’animo, il maestro nell’animo, il politico nell’animo, quelli che hanno deciso nel profondo di essere con gli altri e per gli altri” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 273)

 

  1. Stiamo cambiando, non stiamo morendo.

Ma non vi sentite un po’ un anacronismo, gente d’altri tempi, voi che partite in nome di un messaggio vecchio di duemila anni? Non vi sentite un po’ dei sopravvissuti, voi che andate ancora all’oratorio? Non vi sentite un po’ patetici voi che vi dedicate al gesto minimo della carità, dell’educazione alla preghiera di un gruppo di ragazzini dell’oratorio di Milano o di una favela del Brasile, mentre il mercato con la sua invadenza inarrestabile pervade ogni angolo del mondo per vendere prodotti per il corpo per far dimenticare l’anima?

Sì, in effetti ci sentiamo circondati da una specie di compatimento, da un diffuso scetticismo, considerando che eravamo tanti e ora siamo pochi, eravamo popolari e ora siamo sospetti, eravamo importanti e ora siamo ritenuti insignificanti. Il fatto è che noi abbiamo dentro una gioia che cerca vie nuove per irradiarsi, il fatto è che noi abbiamo ricevuto il dono e la rivelazione di una speranza di vita eterna che vorrebbe farsi dono per tutti. Il fatto è che tutto cambia, tutto è cambiato nel modo di divere e di pensare da quel primo mattino di Pasqua eppure non c’è altro nome sotto il cielo in cui si possa avere salvezza. Perciò anche noi stiamo cambiando, anche la Chiesa sta cambiando, ma non stiamo morendo. Siamo vivi di una vita che non è nostra, ma che è gioia invincibile, siamo ardenti di una speranza che non è un nostro proposito, ma una grazia senza prezzo, siamo accompagnati da una amicizia che non è solo un sentimento e un conforto, ma una comunione che incoraggia ogni passo, ogni cammino, la piccola decisione di oggi, di una regola di via, la grande decisione di una vita per una missione nuova.

 

  1. Giovani per l’umanesimo della fraternità universale.

Ma non vi sentite troppo sognatori, uomini e donne che credete ancora alle favole, voi che vi professate fratelli di popoli sconosciuti e dichiarate i vostri buoni propositi in un tempo in cui l’avidità e la prepotenza, la corruzione e l’egoismo dominano i rapporti tra le persone, tra le tribù, tra le nazioni? Non vi sembra che i vostri buoni propositi siano ingenui? Non vi sembra che i vostri buoni sentimenti siano insignificanti per un contesto in cui contano i soldi, i numeri, i tiranni?

Sì, in effetti, riconosciamo la sproporzione. Sì, in effetti, non abbiamo la presunzione di decidere le sorti del mondo. Il fatto è che noi leggiamo e rileggiamo le pagine della storia, delle assurdità della storia, dei disastri della storia e tra le grida e i gemiti, tra le parole dell’arroganza e le proclamazioni dei prepotenti, ci giunge e ci persuade e ci commuove una voce discreta, tragica e splendida che percorre i secoli e continua a generare speranza. Ci parla il sangue dei martiri, ci parla la sapienza dei saggi, ci parla il fascino dell’umanesimo cristiano.
Il fatto è che di fronte alla guerra noi non possiamo tacere il messaggio della fraternità universale, di fronte all’ingiustizia noi non possiamo tacere la parola di Dio che stringe alleanza con le vittime e chiama a conversione l’ingiusto, di fronte ai sentimenti ostili e alle azioni spietate noi non possiamo trattenerci dal praticare la misericordia.
Noi non possiamo rassegnarci al silenzio, all’inerzia, alla viltà. Perciò formuliamo i nostri propositi, perciò ci mettiamo in cammino. Perciò i missionari partono, perciò i giovani si mettono in cammino verso Lisbona: siamo infatti alla ricerca della verità, anche quando la confusione e il politicamente corretto sembrano modi più moderni di pensare, siamo assetati di giustizia, anche quando sembra che troppa gente anteponga il proprio interesse alla giustizia, siamo testimoni di misericordia, anche quando troppa gente si difende con l’indifferenza dalla compassione. Sentiamo la responsabilità di tenere vive nella storia dell’umanità cammini di pace, giustizia e misericordia.
«La verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia. Tutt’e tre unite, sono essenziali per costruire la pace e, d’altra parte, ciascuna di esse impedisce che le altre siano alterate. La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono. […] Ogni violenza commessa contro un essere umano è una ferita nella carne dell’umanità; ogni morte violenta ci “diminuisce” come persone. La violenza genera violenza, l’odio genera altro odio, e la morte altra morte. Dobbiamo spezzare questa catena che appare ineluttabile» (Papa Francesco, Fratelli tutti, 227).

 

Conclusione

Questa veglia offre l’occasione per raccogliere alcune parole di sintesi del Festival della Missione “vivere per-dono” che abbiamo celebrato nei giorni scorsi (29 settembre – 3 ottobre).

E le parole possono essere:

  • Stiamo cambiando, non stiamo morendo. Santa Chiesa di Dio tu sei giovane! Giovinezza
  • Siamo missione, siamo profezia
  • Siamo testimoni e costruttori di pace, perché cerchiamo la verità, siamo assetati di giustizia, pratichiamo la misericordia

Questa veglia offre l’occasione per accogliere “la regola di vita” dei giovani che si decidono per la sequela di Gesù e per invitare tutti i giovani a mettersi in cammino verso Lisbona, per la GMG “Maria si alzò e andò in fretta…”.

Ci raduniamo intorno a Papa Francesco per essere il popolo che offre all’Europa e al mondo il proprio messaggio: siamo giovani, siamo missione, siamo il popolo della pace.