- Le opere perfette dell’uomo imperfetto.
Restiamo incantati di fronte alla qualità di quello che si produce nella nostra terra, nelle nostre fabbriche. Che si producano mobili o macchine, che si lavori l’acciaio o il legno o la plastica o un tessuto, che si costruisca una casa o un impianto quello che si produce è di una straordinaria qualità e chi produce, dal progettista all’operaio all’impiegato possono essere fieri della loro opera. La qualità è riconosciuta poi dai clienti, dai mercati di tutto il mondo che parlano con ammirazione della qualità del “made in Italy”.
I prodotti sono curati, i materiali sono scelti, il lavoro è fatto bene, il controllo qualità mette il timbro.
Ma chi progetta, mette in produzione, controlla la qualità dell’opera perfetta?
Ecco, uomini e donne imperfette si mettono all’opera ogni giorno, si affaticano, si impegnano, per ore e ore, per giorni e giorni, per anni e anni: producono il prodotto perfetto. Ma sono uomini e donne imperfette, portano i segni, le ferite, di vite imperfette, di desideri incompiuti, di vicende dolorose.
Uomini e donne imperfette, alcuni hanno caratteri difficili, alcuni portano dentro pensieri e sentimenti di cui si vergognano, sono invidiosi, presuntuosi, alcuni hanno fatto soffrire altri, persino quelle persone a cui vogliono bene. Sono uomini e donne imperfetti, anche se sono capaci di fare cose perfette.
- In maniera degna della vocazione che avete ricevuto.
Paolo scrive agli Efesini e scrive a noi per dire: non rassegnatevi all’imperfezione, non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento per quanto riguarda la vostra vita imperfetta, non sottovalutatevi, non ostinatevi a dire: “io sono fatto così”.
In questo luogo in cui onoriamo Maria, la piena di grazia, in questo giorno in cui ricordiamo il santo Papa Giovanni XXIII, la parola di Paolo ci rivolge l’invito incoraggiante e ci affida il compito affascinante: edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Ci rivela il desiderio di Dio per la nostra gioia: non accontentatevi di produrre cose perfette, cercate soprattutto di diventare uomini e donne perfette, a questo siete chiamati, per questo siete creati.
- Prendersi cura dell’umanità dell’uomo e della donna.
Ma le persone non sono come il legno, il tessuto, il metallo che la competenza e gli attrezzi possono modellare e rendere un prodotto di qualità. Le persone non si producono in serie, non si applica un processo che arriva al risultato come previsto dalla programmazione.
Che significa la perfezione quando si parla di persone?
Rivolgiamo il nostro sguardo a San Giovanni XXIII, guardiamo a Maria. La nostra perfezione non significa essere senza difetti. La perfezione non è un risultato che dice: ecco il processo è finito, adesso si può mettere in vetrina, si può esporre in fiera…
Uomini e donne sono chiamati a riconoscere il dono ricevuto, la grazia che ci rende partecipi della vita di Dio. “piena di grazia”: la vocazione non chiede una inerzia, una passività, ma una riconoscenza, cioè un conoscere il dono ricevuto e trarne gioia. L’anima mia esulta in Dio mio salvatore. Quanta gioia abbiamo per il fatto di essere vivi, chiamati a partecipare alla vita di Dio?
Uomini e donne sono chiamati a mettersi in cammino: comportatevi in maniera degna della chiamata che avere ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Mettersi in cammino, tendere a raggiungere la pienezza di Cristo: infatti nessuno è immobile o progredisce o regredisce; infatti nessuno è solo vittima delle circostanze: c’è sempre una libertà che può scegliere; infatti nessuno è libero senza limiti: c’è sempre una condizione data, che ci favorisce o ci ostacola ed è ingenuo chi crede di poter fare tutto o chi cerca colpevoli negli altri per quello che non riesce a fare.
Uomini e donne sono chiamati a camminare insieme, a condividere e mettere a frutto i talenti ricevuti per edificare il corpo di Cristo. Nessuno diventa santo da solo, nessuno arriva alla meta da solo, nessuno si salva da solo. La testimonianza di san Giovanni XXIII che è modello di sollecitudine per la Chiesa, la testimonianza di Paolo VI che ha operato con tanto zelo e intelligenza per l’unità della Chiesa ci aiutino a sentirci parte del popolo di Dio, popolo in cammino, radunato dal Buon Pastore per essere una parola di speranza perché l’umanità diventi una fraternità.
Voi che salite per la scala santa ricambiate con il vostro saluto il sorriso e l’abbraccio di Papa Giovanni XXIII, confidate a lui le vostre speranze, le vostre pene, e ascoltate anche la sua parola che invita al coraggio, che suggerisce di tornare a casa migliori dopo aver pregato la Madonna del Bosco.