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La promessa, quindi la speranza, perciò il Giubileo. Spes non confundit

“Quale Giubileo per la città di Milano”, Milano - Basilica di Sant’Ambrogio, 26 febbraio 2025

26 Febbraio 2025

1. Quelli per i quali il Giubileo non serve

Il Giubileo è l’offerta di un anno di grazia. Ci sono di quelli ai quali la grazia non serve. I giusti non hanno bisogno di misericordia, i sani non hanno bisogno del medico. Coloro che sono senza peccato non hanno bisogno del perdono. Quelli che sono liberi non hanno bisogno di essere liberati.

La parola “peccato” forse oggi serve solo come esclamazione, quando si dice: “Che peccato! È stata una bella giornata, peccato per la pioggia!”. La parola “peccatore” nella lingua corrente suona come una parola astrusa e rara.

Ecco: il Giubileo ha a che fare con il peccato, è un anno di grazia per i peccatori. Ma chi si riconosce peccatore? Il peccato non ha a che fare solo con il rammarico, come quando si dice: “È un bravo ragazzo, peccato che non abbia voglia di studiare”. Il peccato è invece un modo di vivere il rapporto con Dio. Già! Ma a chi interessa il rapporto con Dio?

 

2. Si fanno avanti i peccatori

Ma nella folla degli indifferenti, di quelli che compatiscono questi discorsi, si fanno avanti quelli che dicono: “A me interessa il rapporto con Dio! A me interessa una parola di speranza che venga da Dio! A me interessa una parola di liberazione da parte di Dio perché la mia vita è troppo faticosa e io sono troppo smarrito se Dio non mi parla!”.

«A te grido, Signore, mia roccia,con me non tacere: se tu non mi parli,sono come chi scende nella fossa (Sal 28,1). «Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?» (I promessi sposi, cap. 23). Infatti «nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere» (Gv 1,18).

Non si capisce il peccato se non nel rapporto con Dio e non si può conoscere se non nella rivelazione di Gesù. Il peccato è la coscienza di aver bisogno di essere salvati e Gesù è il salvatore. Il peccato non è solo una trasgressione, non è solo una debolezza, una cattiva abitudine: consiste nei pensieri, nelle azioni, nelle omissioni che ci rendono estranei a Gesù, ed il pentimento ci rende desiderosi di ritrovarlo, di avvicinarsi a lui, di sentirsi ancora dire: “Tu sei mio amico!”.

Il Giubileo è l’anno in cui è offerta la grazia del perdono e della riparazione. La data del Giubileo è nella ricorrenza della data convenzionale della nascita di Gesù. Si celebra la salvezza, perché è nato il Salvatore. È nato, cioè è entrato nella storia degli uomini, nel tempo, nella durata, nella gioia di amare e di essere amati, nell’intensità degli affetti e delle amicizie, nell’indignazione per il formalismo religioso, nello strazio per la morte di un amico, nella notte delle confidenze e della delusione, nella festa del vino nuovo pagato a caro prezzo.

Solo in Gesù, vero uomo e vero Dio, si celebra la nuova alleanza, nuova ed eterna: nel sangue versato per tutti per la remissione dei peccati.

 

3. Forse una nostalgia, forse un’aspettativa, certo una vocazione

Le figlie e i figli di Dio che hanno nostalgia della casa del Padre da cui si sono allontanati, i figli e le figlie che desiderano trovare casa, sentono il peso della condizione di “gente senza casa” sono raggiunti da una promessa che si presenta come vocazione. La nostalgia, l’aspettativa sono visitati da una promessa e sono trasfigurati in speranza, così come il Papa scrive nella Bolla di indizione del Giubileo.

N° 1.    «Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5). Nel segno della speranza l’apostolo Paolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma. La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Per tutti, possa essere un momento d’incontro vivo e personale con il Signore Gesù, «porta» di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale «nostra speranza» (1Tm 1,1).

N° 3.    La speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5,10). E la sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo, si sviluppa nella docilità alla grazia di Dio ed è perciò animata dalla speranza, sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo.

È infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? […] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,35.37-39). Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita. Sant’Agostino scrive in proposito: «In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare» (Agostino, Discorsi, 198 augm., 2).

 

4. Deporre il peso, sperare la remissione del debito, rimettere il debito:
«Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori»

La vita può sperimentare la spossatezza del fardello che i giorni, le relazioni, le situazioni hanno imposto sulle spalle. Come la famiglia gravata da un debito sproporzionato può essere stremata e vivere i giorni senza riuscire mai a essere veramente lieta, così ogni persona può trascorrere i giorni avvertendo la pesantezza di situazioni, di persone, di condizioni di salute. Il Giubileo è la grazia di sperimentare che è possibile deporre il peso della vita, della storia, del peccato per grazia di Dio, accogliendo la parola della riconciliazione, e vivendo l’affidamento all’abbraccio del Padre e la comunione dei santi.

I nostri debiti sono rimessi: in conformità alla grazia ricevuta lo Spirito ci suggerisce come anche noi dobbiamo rimettere i debiti ai nostri debitori.

 

5. La celebrazione del Giubileo (cfr. ABC del Giubileo)

N° 4.    […] una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza. Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma. La pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura.

N° 5.    “Non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità. Anche nel prossimo anno i pellegrini di speranza non mancheranno di percorrere vie antiche e moderne per vivere intensamente l’esperienza giubilare. Nella stessa città di Roma, inoltre, saranno presenti itinerari di fede, in aggiunta a quelli tradizionali delle catacombe e delle Sette Chiese. Transitare da un Paese all’altro, come se i confini fossero superati, passare da una città all’altra nella contemplazione del creato e delle opere d’arte permetterà di fare tesoro di esperienze e culture differenti, per portare dentro di sé la bellezza che, armonizzata dalla preghiera, conduce a ringraziare Dio per le meraviglie da Lui compiute. Le chiese giubilari, lungo i percorsi e nell’Urbe, potranno essere oasi di spiritualità dove ristorare il cammino della fede e abbeverarsi alle sorgenti della speranza, anzitutto accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, insostituibile punto di partenza di un reale cammino di conversione. Nelle Chiese particolari si curi in modo speciale la preparazione dei sacerdoti e dei fedeli alle Confessioni e l’accessibilità al sacramento nella forma individuale.

 
Il pellegrinaggio ha come meta un luogo indicato: la Porta Santa in Roma, le Chiese Giubilari nelle Diocesi.

Per accogliere la grazia della riconciliazione, per deporre il peso dei peccati e delle conseguenze del peccato la Chiesa indica le condizioni per disporsi a ricevere la grazia dell’indulgenza:
il cammino che si compie verso una Porta Santa o verso una Chiesa Giubilare;
la Confessione e la Comunione;
la preghiera per il Santo Padre, il Papa Francesco;
la professione di fede.
 

I segni di speranza invocati da Papa Francesco:
pace;
desiderio di trasmettere la vita;
detenuti;
ammalati;
giovani;
migranti;
anziani;
poveri;
remissione del debito dei paesi poveri.