«Noi siamo qui per dire che abbiamo visto il desiderio di gioia che abita nel cuore della gente di oggi, le lacrime che aspettano consolazione, la fame che aspetta il pane, le distruzioni e le ferite e la morte e tutto il terribile corteo delle guerre che aspettano, invocano, sperano la pace. Noi siamo qui per dire che questa umanità merita il nostro rispetto e la nostra stima, perché sta a cuore a Dio che ha mandato il suo Figlio unigenito non per condannare, ma per salvare il mondo. Noi siamo quelli dell’“eccomi”».
La Veglia missionaria diocesana
Un “eccomi”, anzi “eccoci” che le oltre 3000 persone che hanno gremito il Duomo, prendendo parte alla Veglia Missionaria diocesana presieduta dall’Arcivescovo, hanno davvero detto con le loro parole, con i canti in tante diverse lingue, con la preghiera e l’Adorazione del Santissimo. Con l’allegria contagiosa della gioventù e i tanti volti del mondo legato alla missio ad gentes di chi parte per terre lontane e di chi arriva in terra ambrosiana. In quella Chiesa, appunto, ambrosiana che è e vuole essere sempre di più Chiesa dalle genti e sinodale, accogliendo chi giunge e inviando chi va ai 4 angoli del mondo: in questo 2024, un sacerdote fidei donum, 4 religiose e 2 laici. Secondo la logica del titolo scelto per la 98esima Giornata Missionaria Mondiale, “Andate e invitate al banchetto tutti”, che ha guidato anche la Veglia in Cattedrale, a cui da tre anni viene unita la Redditio Symboli, nella quale i 18-19enni consegnano la loro Regola di vita. Una scelta precisa perindicare alle nuove generazioni le motivazioni che spingono i missionari a diffondere lo spirito del Vangelo in tutto il mondo.
Dopo il momento convivale – un cocktail realizzato grazie ai volontari missionari dei Frati Minori Cappuccini e alla fornitura dei Panificatori milanesi e vissuto con il vescovo Mario nella chiesa di San Bernardino alle Ossa –, la breve processione si è avviata verso il Duomo dove, dal grande portale centrale aperto per l’occasione, sono entrati i partecipanti alla Veglia. Accanto all’Arcivescovo, il vicario generale monsignor Franco Agnesi, gli altri vescovi ausiliari, Vegezzi e Raimondi, i vicari episcopali don Giuseppe Como e monsignor Luca Bressan, alcuni vicari di Zona e di Settore, i responsabili del Servizio Giovani, don Marco Fusi e dell’Ufficio Missionario, don Maurizio Zago, molti sacerdoti.
La Veglia, animata come sempre al meglio, dai Cori Shekinah ed Elikya, si è aperta con la chiamata per nome, provenienza e destinazione in Diocesi dei 19 sacerdoti e 9 suore che sono tra noi per motivi di studio, di salute e pastorali. A loro, significativamente, l’Arcivescovo ha consegnato la Proposta pastorale e le Costituzioni del Sinodo minore “Chiesa dalle genti”. Particolarmente suggestivo anche il gesto con cui giovani di origine africana, asiatica e sudamericana hanno allestito un banchetto etnico ai piedi dell’altare maggiore, come segno della festa di nozze, secondo il brano di Matteo 22 da cui è tratta l’espressione che ha dato il titolo alla Veglia e che è stata al cuore dell’intera riflessione di monsignor Delpini.
Quelli dell’“eccomi”
«Alcuni dicono che la storia dell’umanità è una traversata nel deserto e non c’è nessuna terra promessa, non c’è nessuna meta desiderabile, ma solo l’abisso del nulla che inghiotte ogni cosa.Alcuni dicono che non c’è nessuna buona notizia che valga la pena di annunciare per invitare uomini e donne ad alzare lo sguardo e a desiderare il futuro, nessun paradiso e che conviene distrarsi e divertirsi, cogliere il piacere possibile qui e ora, per regalarsi almeno una parentesi di fuochi artificiali nel buio di una notte che ha consumato ogni aurora», scandisce il vescovo Mario.
Al contrario, «noi siamo qui per dire che sappiamo della festa di Dio, che crediamo alla promessa del Regno, che siamo in cammino, lieti e fiduciosi – anche se, come tutti, feriti e peccatori – verso il grande abbraccio che attende ogni figlio dell’uomo, che consola ogni lacrima e offre riposo da ogni fatica».
Quelli, insomma dell’“eccomi” anche se «non siamo perfetti, non siamo neppure coraggiosi, non abbiamo superato tutti i dubbi e le esitazioni», ma perché «quello che ci convince non è la presunzione o il gusto dell’avventura, ma il fatto che il Signore ci ha chiamato. Non siamo ingenui. Non ci illudiamo che la nostra missione sia un successo. Non ci aspettiamo applausi e accoglienze trionfali. Ma tu, Signore, ci hai convinto che non c’è altra speranza che accogliere e praticare la tua Parola, non c’è altro senso alla vita che preparare la festa e percorrere la terra per invitare tutti, tutti a partecipare alla tua gioia».
Andare ai crocicchi delle strade
«Alcuni dicono che ai crocicchi delle strade non c’è gente che meriti di essere invitata. Alcuni parlano troppo male dell’umanità di questo tempo. Alcuni dicono che gli uomini e le donne di oggi, di ogni colore e di ogni provenienza, di ogni livello sociale e culturale non merita l’invito alla festa. Alcuni dicono che gli altri sono tutti egoisti, meschini, capricciosi, cattivi, che la gente di oggi va bene per lavorare come schiavi, per fare le guerre, ma non per costruire la pace, per rovinare la terra, ma non per preparare il giardino in cui si possa danzare e cantare e fare festa. Ma noi siamo qui per dire che siamo ispirati da un sincero, intenso, intelligente senso di fraternità e perciò vogliamo essere i servi del Signore, per invitare tutti quelli che incontriamo ogni giorno e in ogni parte del mondo perché partecipino alla festa. Noi siamo quelli della festa, noi siamo quelli dell’“eccomi”, quelli della umanità assetata di Dio».
La Redditio Symboli e la testimonianza missionaria
Dopo l’omelia, il momento intenso dell’Adorazione eucaristica nell’oscurità che cala in Duomo con un silenzio che accompagna anche l’inizio della consegna, nelle mani dell’Arcivescovo e dei Vescovi, della Regola di vita da parte di 250 giovani, per la maggior parte 19enni, provenienti da ogni zona pastorale della Diocesi. Non mancano la recita corale della preghiera della RedditioSymboli, ispirata a testi di san Charles de Foucauld e una breve testimonianza di don Davide Fiori, in partenza per Cuba.
«Missionario – dice – non è anzitutto chi parte per un Paese altro rispetto al proprio, ma è chi in nome del Signore cerca di vivere il Vangelo e di raccontarlo con la propria vita. La missione non è un’attività da svolgere, è un modo di essere. Chiedo a voi giovani: tu che missione sei? Vi confido che mi sento come all’interno di un flusso che mi precede e che continuerà dopo di me. Questo mi incoraggia e mi onora. Non sono solo in questa avventura: questo flusso si chiama Chiesa fatta di volti e di affetti». Il terzo richiamo del sacerdote fidei donum è, così come per l’omelia del vescovo Mario, alla pagina del Vangelo di Matteo appena proclamata, con il comando di portarsi ai “crocicchi”, «dove si incrociano non soltanto le vie, ma la gente»
«Qui vi è un suggerimento per ogni missionario partente o restante: io posso essere un crocicchio, ciascuno è chiamato ad esserlo. Questa è la mia speranza e l’augurio: che attraverso noi molte storie si incrocino, molte mani si stringano anche tra persone e popoli lontani. Incrociare le vite è il segno della croce di Gesù».
La consegna del crocifisso
Poi, il momento culminante della Veglia con la benedizione e la consegna del crocifisso ai 7partenti: don Fiori, 4 religiose che andranno rispettivamente in Camerun, Brasile e Vietnam e due laici destinati l’uno in Bolivia e l’altra in Camerun.
Infine, l’invocazione dello Spirito dei missionari sui giovani e di questi ultimi sui partenti e accolti, e l’uscita, ancora tutti insieme, sul sagrato dove vengono raccolte le offerte per le Pontificie Opere Missionarie e viene distribuita una cartolina con un Qr Code, mediante il quale sarà possibile mettersi in contatto con un missionario.