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Ricerca

La vita, le relazioni, la fede, la Chiesa: i giovani dicono la loro

In vista del Sinodo di ottobre, un'indagine commissionata dal Servizio diocesano e realizzata da sociologi della Cattolica con la collaborazione degli stessi giovani. Ne emerge un quadro articolato di un mondo aperto al dialogo, desideroso di far sentire la propria voce e disponibile a mettersi in gioco

di Cristina PasqualiniRicercatrice e docente di Sociologia all’Università Cattolica

8 Luglio 2018

Il desiderio di conoscere meglio i giovani tra i 16 e i 29 anni presenti nel territorio della Diocesi di Milano, nato in vista del Sinodo dei giovani, ha portato alla realizzazione della ricerca #TiDicoLaMia, un ampio e articolato progetto partecipato, commissionato dal Servizio Giovani diocesano (nella persona del responsabile don Massimo Pirovano) e realizzato da chi scrive con Fabio Introini, entrambi ricercatori e docenti di Sociologia all’Università Cattolica. Per le metodologie di ricerca impiegate e per le tematiche affrontate, l’indagine assume le forme di un “MIni Sinodo dei giovani” che ci ha visto impegnati sul campo per oltre un anno, dall’8 aprile 2017 al 24 marzo 2018, ovvero nel periodo tra le due Veglie in Traditione Symboli.

Dopo aver ascoltato la voce dei giovani nelle sette Zone pastorali – mediante un questionario online, focus group e interviste in profondità -, con alcuni di loro, che per vocazione potremmo definire impegnati e vicini alla Chiesa, si è scelto di realizzare una peer research, ovvero di formarli e farli scendere in campo come ricercatori sociali. A loro abbiamo affidato il compito di intervistare i coetanei, pescando all’interno delle proprie reti sociali persone non vicine alla Chiesa, allontanatesi per i motivi più diversi, con una fede in standby, agnostiche o addirittura non credenti e di altre religioni. Il depositato di questo interessante giro di consultazioni tra giovani e dei giovani ha prodotto una serie di dati e informazioni originali, inedite, che ci fanno conoscere meglio chi sono i giovani oggi, che percorso di vita e di fede hanno sviluppato, ma anche che cosa pensano della Chiesa, che cosa si aspettano da lei e dal lavoro dei Padri sinodali.

Entriamo nei risultati. Se guardiamo alle relazioni – un tema particolarmente sentito a questa età – i giovani intervistati confermano l’importanza e la centralità dei genitori e degli amici, ma soprattutto del coltivare rapporti offline prima ancora che online. Hai relazioni significative nella tua vita? Il 74% dice «molto». Quella con i genitori è la relazione più significativa per il 55,7%. Le relazioni in Rete sono per lo più abbastanza/poco significative (55,1%) o per niente significative (36,6%). Di cose belle si parla prima con gli amici (38,7%) e poi con i genitori (27,7%), mentre dei problemi prima con i genitori (42%) e poi con gli amici (29,1%). Dio è sentito come vicino, lo sentono principalmente individualmente e nelle emozioni: nel silenzio interiore (41%), nei momenti forti di gioia o dolore (36,3%), nelle proposte della Chiesa (13,5%). Una Chiesa che, secondo i “veri” Nativi Digitali – come confermato anche dalle indagini realizzate dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo -, può servirsi dei social network per raggiungere i giovani dove i giovani sono, nei luoghi che abitano con familiarità; un uso che potremmo definire “strumentale” della Rete, per raggiungere più persone (35,5%), per raccogliere opinioni (28,9%).

Dall’ascolto dei giovani emergono alcune prime piste interpretative generali.
1) I giovani non sono chiusi, al contrario manifestano il desiderio di essere raggiunti nei luoghi “virtuali” e “reali” dove sono ogni giorno; la Chiesa “in uscita” può farlo.
2) I giovani hanno cose da dire, anche alla Chiesa; per il 67,7% dei giovani far sentire la propria voce è molto importante; per loro è più facile esprimersi tu per tu (50,4%) o in piccoli gruppi informali (41,1%), mentre non è semplicissimo esprimersi nella Chiesa, che li ascolta poco/abbastanza per il 63,8%.
3) La Chiesa ha di fronte giovani disponibili a essere protagonisti del loro tempo, a mettersi all’opera; il 42,3% ha il desiderio di dare il proprio contributo a partire da ciò che si sa fare, e questa risorsa va coltivata.

Se questo vale per i giovani in generale, da parte loro i più vicini alla Chiesa chiedono di essere più valorizzati, in quanto sono poco “attenzionati” proprio per il fatto di essere in una età del limbo, il limbo della giovinezza, la terra di nessuno. Ma anche la giovinezza ha le sue pene, le sue scelte complicate da prendere. Diventare adulti non è cosa da poco, non è a costo zero.

Infine, coloro che si sono allontanati dalla Chiesa lo hanno fatto perché hanno iniziato a “pensare con la loro testa”, oppure non hanno trovato nella fede la risposta alle loro domande, ma comunque ritengono la Chiesa un ambiente troppo giudicante. Che Chiesa vorrebbero i giovani? Le metafore emerse ci fanno pensare a una Chiesa “multiservizi”: il talk show / circolo culturale, l’agenzia per il lavoro, il laboratorio protetto, il counseling (non solo religioso), una casa e una famiglia accoglienti. In definitiva, una Chiesa presente nei territori, fatta di persone “in carne e ossa”, autorevoli e al contempo umili, che si spendono e ci mettono la faccia, persone che ascoltano, dialogano, accolgono, accompagnano e sostengono le loro scelte.

 

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