Ogni lunedì sera, alle 21, nel Convento di Santa Maria delle Grazie in corso Magenta si riunisce il gruppo milanese della Gioventù Domenicana, guidato da padre Daniele Cassani e da alcuni frati novizi domenicani: è solo una delle realtà afferenti al movimento della Gioventù Domenicana Internazionale (IDYM, dal 1998 riconosciuto come parte integrante della Famiglia Domenicana). Nell’Italia del Nord, nel territorio della provincia di San Domenico, vi sono altri gruppi a Bologna, Torino, La Spezia e Conegliano Veneto.
Il gruppo milanese è un gruppo molto variegato cui partecipano studenti e lavoratori. Ognuno porta con sé una storia, le sue idee e i suoi desideri. Eppure tutti sono accomunati dal desiderio di incontrare il Signore. Per alcuni questo è un desiderio consapevole, per altri invece non c’è ancora questa chiarezza di coscienza.
Il desiderio dell’incontro con il Signore è spesso mascherato da bisogni vitali e fondamentali per ogni uomo, come ad esempio dalla necessità di vivere un’amicizia degna di questo nome, o da quella di essere inseriti in un gruppo di persone che si accettano per ciò che sono e non per quello che dovrebbero essere. Insomma, la domanda che accomuna un po’ tutti è la seria ricerca di senso da dare alla propria vita, e questa non può che approdare a ciò che chiamiamo, felicità.
Tre sono le ricerche: senso, felicità, incontro con Dio e queste sono le esigenze che si riscontrano comuni a ogni uomo. I santi hanno mostrato una consapevolezza molto nitida di questo fatto e credo che una delle migliori formulazioni la troviamo negli Esercizi Spirituali di Ignazio di Loyola: «L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio nostro Signore e per salvare, mediante ciò la propria anima; e le altre cose sulla faccia della terra sono create per l’uomo affinché lo aiutino al raggiungimento del fine per cui è stato creato».
In sostanza cerchiamo di rispondere a queste tre domande: chi sono? dove sono? a chi appartengo?
Chi sono?
La nostra storia non è un fatto scontato dal quale possiamo prescindere. Dobbiamo renderci conto che Dio ci chiama nella storia che ogni giorno viviamo. Dio stesso, d’altronde, ha scelto di affacciarsi nella storia con Abramo fino a che è giunto il tempo della sua incarnazione. Gesù si rivela come Dio nella storia, anzi, la sua storia rivela la sua divinità. Anche se dovessimo pensare alla nostra storia come a un evento perfettamente marginale, dobbiamo ricordarci che tutta la vicenda terrena di Gesù è la storia di un “ebreo marginale”, nato in una città marginale (Betlemme), in una regione marginale (Galilea) della Giudea in una provincia marginale (Siria e Palestina) dell’impero romano.
Dove sono?
Imparare a pronunciare il proprio nome davanti a Dio non basta: è necessario rispondere anche a questa altra domanda. Solo se prendo coscienza di dove mi trovo nel cammino che conduce a Dio posso non solo incamminarmi verso di lui, ma allo stesso tempo posso permettergli di venire incontro a me, come il Padre corre incontro al figlio che torna a casa pentito. “Dove sei?” è anche la prima domanda che Dio rivolge all’uomo, dopo che questi ha tradito la fiducia di Dio; è una domanda impegnativa che esige la sincerità e la libertà di rispondere con un “Qui!”
A chi appartengo?
L’ultima domanda è più impegnativa, perché non solo chiede conto di dove siamo, ma anche di quale sia la nostra direzione: che posizione prendo di fronte alla croce di Cristo?
Nei nostri incontri abbiamo iniziato la lettura di Contro Maestro Ciliegia del cardinale Giacomo Biffi, e nel tempo di Avvento ci siamo concentrati invece sulla Spe Salvi di Benedetto XVI: come anche per un burattino nodoso che continuamente tradisce la fiducia di coloro che lo amano c’è la speranza concreta di diventare un bambino vero così anche per coloro provano fatica a stare sotto la croce di Cristo è possibile diventare santi. Geraldo di Frachet nelle sue Vitae Fratrum racconta così un episodio della vita di san Domenico: “Uno scolaro, udendo predicare il beato Padre S. Domenico ottimamente, gli domandò in che libri studiava (…) Rispose l’uomo santo: Figliuolo, nel libro della carità più che in nessun altro libro ho studiato; questo libro insegna ogni cosa”. La nostra premura è quindi quella di essere lo strumento adeguato attraverso cui passa l’amore di Cristo.
Il cammino che il Signore ha tracciato di fronte ai nostri piedi è irto e faticoso, ma non manca di tratti più piani. A volte dovremo piantare il campo e trascorrere la notte in tenda, altre volte camminare sotto la pioggia o andare a rilento per tenere unito il gruppo… Eppure la vista della valle una volta arrivati in cima alla montagna è sempre di una bellezza indescrivibile; è una visione di cui non vale assolutamente la pena di godere da soli. La sua bellezza cresce nella sincronia dei respiri di chi la contempla.
È possibile conoscere qualcosa di più sul gruppo e prendere contatti per partecipare scrivendo una mail a: giovaniallegrazie21@gmail.com