Giovedì 4 novembre alle ore 20.30 nella chiesa di San Carlo e San Rocco a Erba (Co) sarà celebrata una Messa solenne in onore del primo patrono, presieduta da
don Carlo Gerosa. In occasione della Festa Patronale del Rione Pradelmatto, la Chiesa resterà aperta tutto il giorno per venerare la Reliquia del Santo.
«La candela per dare luce agli altri deve consumare se stessa»: queste parole che il santo Arcivescovo Carlo solertemente ripeteva ai suoi collaboratori, nella semplicità dell’immagine della candela che arde e si consuma per dare luce agli altri, riassumono il senso di una religiosità profondamente vissuta nell’instancabile servizio verso gli altri e nella coraggiosa testimonianza della propria fede.
Forte di queste convinzioni, san Carlo ha rappresentato la figura più significativa della Chiesa milanese del suo tempo, nell’ attuazione dei principi riformatori che il Concilio di Trento aveva proposto alla Chiesa tutta, e, come ebbe a sottolineare il beato Cardinal Schuster, «Di fronte alle difficoltà non si smarrì».
Le difficoltà di allora, non diverse da quelle di oggi, non gli hanno impedito di essere Pastore e Maestro, e ancora oggi per noi tutti san Carlo testimonia che Dio e la Chiesa sono presenti in ogni tempo e in ogni luogo.
Sulle orme di san Carlo, oggi a ciascuno di noi è indicato il cammino: profonda conoscenza della fede, assiduità per la preghiera, i sacramenti e la liturgia, carità verso il prossimo, nella fiduciosa speranza della presenza della grazia divina.
I tempi attuali non sono certo né peggiori né migliori di quelli di ieri; tuttavia nel nostro tempo manca spesso il coraggio della testimonianza.
La preghiera collettiva e comunitaria, un tempo più diffusa anche in famiglia, ci dovrebbe incoraggiare sulla strada di una sempre più convinta testimonianza del nostro essere cristiani, sostenendoci nella quotidianità dell’oggi.
Questa chiesa, di cui celebreremo il prossimo 5 maggio 2022 i 260 anni di storia, è la testimonianza tangibile di una religiosità e di una fede profondamente radicate sul nostro territorio: costruita nel corso XVIII secolo per iniziativa dei fedeli di Incino, una volta ultimata, fu benedetta il 5 maggio del 1762 ad opera del prevosto Antonio Airoldi. L’edificio era sorto come cappella votiva in seguito ad un’epidemia di malaria e proprio per questo è dedicato ai due santi taumaturghi san Rocco e san Carlo. Per tale motivo, fin dal Settecento, è stato meta di pellegrinaggi parrocchiali in occasioni di gravi eventi naturali e calamità.
Nel solco di questa tradizione popolare, il prossimo 4 novembre saremo chiamati a compiere un pellegrinaggio spirituale pregando l’effigie del santo vescovo Carlo: la statua esposta e restaurata si pensava che fosse perduta, mentre fu trovata nel sottotetto dell’edificio proprio poco prima che scoppiasse la pandemia.