Giovedì 22 marzo alle 21 presso il cineteatro Stella di Milano (via Pezzotti 53), verrà proiettato il film “Vedete, sono uno di voi” con la testimonianza di don Ettore Colombo che, per alcuni anni, fu uno dei segretari del Cardinale.
Il film
Chi era Carlo Maria Martini, e perché ha significato tanto per i milanesi e in generale i cattolici? Si pongono questa domanda Ermanno Olmi e Marco Garzonio, giornalista del Corriere della Sera che per decenni ha seguito l’uomo destinato (a sua insaputa) a diventare arcivescovo di Milano, e insieme ne ripercorrono la vicenda umana e spirituale parlando in prima persona, come se fosse lo stesso Carlo Maria Martini a raccontarsi.
La voce fuori campo e la regia sono dello stesso Olmi che firma anche la sceneggiatura con Garzonio, la fotografia è del figlio Fabio, il montaggio (fondamentale in questa storia che si muove avanti e indietro come i flussi delle maree) è di Paolo Cottignola, le ricerche d’archivio (quello dell’Istituto Luce, anche produttore con Rai Cinema e distributore, come di molte altre collezioni di memoria) sono di Nathalie Giacobino: nomi da citare per descrivere uno sforzo collettivo ed ecumenico nel rendere giustizia ad una figura che ha attraversato la storia d’Italia e ha rappresentato un punto di riferimento spirituale anche per molti non credenti. E le musiche, dal requiem di Verdi fino alle composizioni di Fabio Vacchi e Paolo Fresu, più che un accompagnamento sono un sostegno retorico (nel senso più nobile del termine) e un potente volano emozionale.
È proprio nel suo valore di catalizzatore della Storia che vedete sono uno di voi (scritto tutto minuscolo, come il precedente torneranno i prati, perché a Olmi “i maiuscoli danno fastidio”) trova il suo senso più profondo e la maggiore utilità divulgativa.
Martini ha attraversato alcune delle pagine più buie del passato recente (la parola oscurità è quella più spesso ripetuta) facendosi portatore di luce: a volte un faro, a volte una fiammella, quasi sempre consegnata a mano, in prima persona, e accompagnata da quello sguardo terso e azzurro che chi gli ha voluto bene non dimentica. Olmi e Garonzio partono dall’infanzia privilegiata ma sobria di Carlo Maria, identificando nelle sue radici altoborghesi mai troppo lontane dalla terra la formazione al rispetto della dignità umana (e alla libertà di pensiero e di azione) e la capacità di interloquire in egual misura con i potenti e con gli umili, in quella “sfida di essere onesti” che caratterizzerà tutta la sua attività pastorale, rendendolo talvolta scomodo per i suoi interlocutori.