Un uomo che aveva immaginato per sé un avvenire radioso come calciatore, astronauta o avvocato di grido, ma che invece del pallone d’oro si ritrova tra le mani una scopa di saggina.
È il protagonista di “Chiedimi se sono di turno”, lo spettacolo di e con Giacomo Poretti con la regia di Andrea Chiodi che si terrà giovedì 22 settembre 2022 alle ore 20.30 al Teatro Massimo Troisi di San Donato Milanese (Piazza Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, 22).
La serata è organizzata da Cuore Fratello onlus nell’ambito dei festeggiamenti per i suoi 20 anni di attività. Un’associazione nata dal sogno di don Claudio Maggioni, all’epoca cappellano nei corridoi del Policlinico San Donato, che oggi opera concretamente per garantire il diritto alla salute dei più deboli, con particolare attenzione ai bambini malati di cuore di tutto il mondo.
“Chiedimi se sono di turno” si ispira alla personale esperienza di Poretti come infermiere e rappresenta un’occasione non solo per sorridere delle sue memorie di corsia, ma anche per riflettere sull’impegno e sull’umanità che questa professione richiede e sulle fragilità di chi si trova ad aver bisogno di assistenza.
Partito dai bagni, il protagonista dello spettacolo finirà sulla scrivania del Capo sala, dopo un vorticoso viaggio attraverso tutti i reparti dell’ospedale tra letti da rifare, suore, dottori, malati veri e immaginari, speranze di guarigione e diagnosi che spengono i sorrisi. Tutto questo sempre accompagnato da due amici fidati: la scopa di saggina e il pappagallo, lo strumento detestato da tutti in ospedale ma attraverso il quale passano tutta la delicatezza, la vergogna e il rispetto di quando si ha bisogno di aiuto e di qualcuno che tenga compagnia alla nostra fragilità.
Dal 2002 a oggi Cuore Fratello, che collabora con una serie di realtà in diversi Paesi tra i più poveri del mondo allo scopo di migliorare l’assistenza sanitaria locale, ha portato in Italia oltre 370 bambini e ragazzi perché potessero sottoporsi a interventi salvavita presso il Policlinico San Donato di San Donato Milanese o altre strutture ospedaliere. L’associazione ha inoltre coperto le spese mediche per le operazioni di più di 200 piccoli pazienti in Camerun e in Nepal, qui in particolare sono quasi 20.000 le persone curate nei campi medici sostenuti dall’associazione. Nelle sue Case di Ospitalità a San Donato, inoltre, la onlus ha accolto 3.200 persone, provenienti da tutta Italia e dall’estero, permettendo loro di stare accanto ai propri cari in cura presso il Policlinico.
Associazione Cuore Fratello Onlus – fondata a San Donato Milanese nel 2002 da un gruppo di amici di svariate professionalità e da don Claudio Maggioni, presidente dell’associazione e all’epoca cappellano del Policlinico San Donato, Cuore Fratello Onlus si impegna concretamente per garantire il diritto alla salute dei più deboli e specialmente dei bambini, con particolare attenzione a quelli cardiopatici dei Paesi in Via di Sviluppo.
A oggi l’associazione ha portato in Italia più di 370 minori provenienti dalle aree più povere del mondo, perché avessero accesso presso il Policlinico San Donato di San Donato Milanese o altre strutture ospedaliere alle cure non disponibili nel loro paese. I piccoli pazienti e i loro familiari sono ospitati nelle Case gestite dall’associazione insieme a coloro che arrivano da lontano per le cure e non possono permettersi un alloggio; i volontari, sempre presenti anche in ospedale, li accolgono e li seguono fino al momento del ritorno a casa, offrendo sostegno e solidarietà in un momento tanto delicato Grazie alla collaborazione con solide realtà locali, Cuore Fratello si impegna inoltre per migliorare l’accesso alle cure in alcuni paesi in cui la carenza sanitaria rappresenta una grave piaga sociale, come in Camerun, in Madagascar e in Kosovo. Sostiene inoltre l’organizzazione di campi medici in Nepal e ha supportato iniziative a tutela della salute dei bambini anche in Kurdistan Iracheno e ad Haiti. Dal 2020 opera anche in Liberia e in Repubblica Democratica del Congo, per portare le cure alla popolazione più fragile e in particolare ai bambini. cuorefratello.org
Giacomo Poretti, (Busto Garolfo, 26 aprile 1956) consegue svariati diplomi e pratica diversi mestieri. Nel 1984 decide che la sua strada è il teatro e si iscrive all’accademia teatrale di Busto Arsizio nella quale incontra Marina Massironi, compagna di scene nel duo “Hänsel e Strudel”, che li vedrà girare per locali e villaggi turistici fino al 1989.
Nel 1991 avviene l’incontro di Giacomo con Aldo e Giovanni: li accomuna una visione vivace e semplice della comicità, fatta di un equilibrato ed efficace connubio tra l’immediatezza della battuta verbale e l’abilità mimica. Se le celebri partecipazioni nei programmi TV rendono noto il trio al grande pubblico, Aldo, Giovanni e Giacomo si dedicano con straordinario successo al teatro, guidati dalla regia di Arturo Brachetti. Nel 2016 festeggiano 25 anni di carriera, e negli anni passano anche svariate volte sugli schermi dei cinema, in pellicole che spesso dirige Giacomo stesso. Giacomo è autore anche di tre libri, Alto come un vaso di gerani (2012), Al paradiso è meglio credere (2015) e Turno di notte (2021), e ha scritto con Aldo e Giovanni Tre uomini e una vita. La nostra (vera) storia raccontata per la prima volta (2016). È stato editorialista de La Stampa dal 2012 al 2016 e scrive attualmente per Avvenire e per il Corriere della Sera.
Chiedimi se sei di turno – In ospedale si entra solo per tre motivi: se uno è ammalato, se si va a trovare un ammalato, oppure – se sei particolarmente sfortunato – se ci devi lavorare. Il protagonista di questo monologo aveva immaginato per sé un avvenire radioso come calciatore, astronauta o avvocato di grido; ma la sorte è a volte sorprendente, talvolta bizzarra, e quasi sempre misteriosa, e così, mentre sta per ricevere il pallone d’oro, aprendo gli occhi si ritrova nelle proprie mani una scopa di saggina. Partito dai bagni finirà sulla scrivania del Capo Sala, dopo un vorticoso viaggio per tutti i reparti dell’ospedale, attraverso letti da rifare, suore, dottori, malati veri e immaginari, speranze di guarigione e diagnosi che spengono i sorrisi, sempre con due amici fidati: la scopa di saggina e il pappagallo. Il pappagallo è lo strumento detestato da tutti in ospedale: chi lo deve usare, chi lo deve pulire, il Primario non lo vuole vedere, i parenti lo vogliono occultare. Ma attraverso il pappagallo passa tutta l’umanità, tutta la delicatezza, tutta la vergogna e il rispetto di quando si ha bisogno d’aiuto e di qualcuno che tenga compagnia alla nostra fragilità.
Dopo il successo di Fare un’anima, Giacomo Poretti torna in teatro con un monologo che attinge alla sua esperienza personale, per sorridere delle sue memorie di corsia e tentare di rispondere insieme al pubblico all’annosa questione “E adesso chi lo svuota il pappagallo?”