di Giorgio Mollisi Immerso nei boschi di ulivi, di palme e di pini, adagiato ai piedi dei monti e a picco sul lago Ceresio, in un piccolo lembo di terra comasca al confine con la Svizzera. Siamo al Santuario di Nostra Signora della Caravina, in Valsolda, la terra di Fogazzaro, autore di Piccolo Mondo Antico, […]

Molti artisti valsoldesi per tutto l’arco del Seicento fecero a gara per abbellire il loro santuario a cominciare da Salvatore Pozzi di Puria che dipinse due grandi tele con La presentazione al tempio (sulla parete di sinistra subito dopo l’entrata della chiesa), e un’Annunciazione (del 1645) posta sempre sulla parete di sinistra, ma a fianco […]

Aveva abbandonato tutto, Alessandro. Da un giorno all�altro, senza guardarsi indietro, senza dare troppe spiegazioni. Alcuni amici gli avevano detto che era pazzo; altri, quelli pi� cari, non avevano saputo dirgli nulla. Sua madre piangeva, suo padre lo guardava con rancore. Come! Dopo tutto quello che aveva fatto per lui, dopo i soldi che aveva speso per farlo studiare� E le terre, ora, a chi le lasciava? E ai poderi, chi ci avrebbe badato?Andava a fare l�eremita, lui. �Bella roba��, commentavano alcuni in paese, con cattiva ironia. Se aveva davvero la vocazione, si bisbigliava, perch� non si era fatto prete? O frate? No, quell�Alessandro l� non doveva essere troppo normale. Aveva qualche problema, era chiaro! Uno mica lascia la famiglia e i denari per andare a rintanarsi in cima a una montagna, da solo, come un animale� A meno che non voglia nascondersi da qualcuno, a meno che non abbia fatto qualcosa di cui vergognarsi�Ma voci e pettegolezzi non riuscivano a salire fin lass�, tra le mura della chiesetta dedicata alla Vergine. Alessandro Carnizzari si sentiva in pace, con se stesso e con gli altri. Guardava le montagne davanti a lui, alte, forti, maestose, inondate da un cielo di luce, accarezzate da un azzurro pastoso. E pi� sotto il lago, tremulo di migliaia di stelle. S�, qui avrebbe trovato quel Dio che cercava. Quass� la sua sete d�infinito si sarebbe finalmente placata.Presso il santuario di Santa Maria sopra Olcio, all�interno della sponda lecchese del Lario, Alessandro rimase per tutto il resto della sua vita. Una vita lunga, e forse felice. Seduti sui gradini della cappella, ce lo immaginiamo intento a riparare il tetto e le mura dell�antico ospizio montano, a strappare al magro orto il poco per una zuppa, a pregare, a lodare, a invocare, con gli occhi colmi di letizia, con le braccia aperte al Creato.Oltre duecento anni sono passati da allora, ma poco � cambiato in questo luogo dove cielo e terra si incontrano. La salita da Sonvico, frazione di Mandello, non � lunga, n� difficile. Un sentiero di pietra, modellato da migliaia di piedi, accompagnato in principio da viti e ulivi, ombrato poi da fitti alberi che s�aprono a tratti, mostrando i monti e il sole. E ogni cento passi una croce, moderna, semplicissima via Crucis a indicare la strada, a fare di una passeggiata nel verde, per chi vuole, un cammino di fede.S�, Alessandro Carnizzari dovette darsi da fare, quando giunse qui in alto, attorno al 1750. La chiesa era antica, antichissima, ma abbandonata da tempo. Un papa, Enrico III, nel 1145 le aveva concesso privilegi straordinari, ricordandola come consacrata al nome di Maria, riconoscendole un ruolo significativo, fondamentale persino, quale luogo di culto e di ristoro per coloro che dalla Valsassina si spingevano al lago, e viceversa.Santa Maria sopra Olcio, dunque, era un punto di riferimento tra la Grigna e il Lario, modesta per dimensioni, eccezionale per importanza. Una piccola chiesa, alcuni raccolti edifici, un chiostro: un ospizio religioso di montagna, insomma, nato probabilmente nell�alto medioevo, attivo certamente gi� prima del Mille. Gestito, all�inizio, dai monaci di san Benedetto, che anche qui potevano dare piena applicazione alla loro regola, Ora et labora. Il viandante vi trovava riparo per la notte, il pellegrino vi riceveva il conforto di una pia parola. Per tutti un panorama incantevole, che si sarebbe portato nel cuore fino a casa: da una parte le cime innevate, dall�altra la distesa del lago.Ai benedettini seguirono forse i templari, i celebri monaci guerrieri che avevano votato la vita alla riconquista della Terrasanta e alla difesa dei pellegrini. � voce popolare a dirlo, ma, come spesso accade in simili circostanze, non vi � alcun documento a provarlo. Ma basta il nome per creare suggestione, per aggiungere il mistero della storia al fascino della natura. E ci si ritrova allora a fantasticare di bianchi mantelli crociati all�ombra della Grigna, a presidio di questo baluardo della fede e della piet�, nostalgici d�Oriente... Ma forse � davvero troppo, e bisognerebbe accontentarsi.Nel Cinquecento, e negli anni a venire, non cess� la devozione popolare, ma venne meno la presenza stabile nel santuario alpestre. L�apertura di nuove vie di comunicazione, pi� rapide, meno impervie, lasciarono pi� isolato che mai il vetusto ospizio, meta s� dei devoti pellegrinaggi della gente lariana, ma dalla cadenza periodica, stagionale, legata per lo pi� alle grandi celebrazioni mariane. Si trov� tuttavia l�occasione di dotarla di begli ornamenti e di un dipinto pregevole sull�altare, una soave Madonna col Bambino vegliata dai martiri Lorenzo e Giuliano, santi particolarmente venerati nel mandellasco.Per tutto ci� ci � cara la figura vaga e dispersa di Alessandro Carnizzari, che nel secolo dei Lumi torn� ad abitare il santuario, facendosi eremita, da ricco che era. Per fede profonda, per amore � ne siamo certi - delle sue montagne. Da qui il suo sguardo si posava sul Sasso Cavallo, accarezzava il pizzo Carbonai, s�arrampicava lungo i torrioni Magnaghi, la cresta Parascioli, la punta Malavello, e poi ancor pi� su, aggrappandosi alla cima aguzza della Grigna settentrionale... Una meraviglia che incanta i cuori e libera la mente. Allora come oggi ancora, per nostra fortuna.

testi e foto di Luca Frigerio————————Aveva abbandonato tutto, Alessandro. Da un giorno all’altro, senza guardarsi indietro, senza dare troppe spiegazioni. Alcuni amici gli avevano detto che era pazzo; altri, quelli più cari, non avevano saputo dirgli nulla. Sua madre piangeva, suo padre lo guardava con rancore. Come! Dopo tutto quello che aveva fatto per lui, […]

NOTIZIE UTILI Da Mandello del Lario, sopra Lecco, si sale per carrozzabile a Somana e si prosegue per la frazione di Sonvico, con alcune antiche case rurali. Qui si prende una mulattiera che si alza alle spalle dell’abitato, raggiungendo prima la cappella di Santa Preda e poi la chiesetta di Santa Maria (664 metri). Miracolosamente […]

Aveva abbandonato tutto, Alessandro. Da un giorno all�altro, senza guardarsi indietro, senza dare troppe spiegazioni. Alcuni amici gli avevano detto che era pazzo; altri, quelli pi� cari, non avevano saputo dirgli nulla. Sua madre piangeva, suo padre lo guardava con rancore. Come! Dopo tutto quello che aveva fatto per lui, dopo i soldi che aveva speso per farlo studiare� E le terre, ora, a chi le lasciava? E ai poderi, chi ci avrebbe badato?Andava a fare l�eremita, lui. �Bella roba��, commentavano alcuni in paese, con cattiva ironia. Se aveva davvero la vocazione, si bisbigliava, perch� non si era fatto prete? O frate? No, quell�Alessandro l� non doveva essere troppo normale. Aveva qualche problema, era chiaro! Uno mica lascia la famiglia e i denari per andare a rintanarsi in cima a una montagna, da solo, come un animale� A meno che non voglia nascondersi da qualcuno, a meno che non abbia fatto qualcosa di cui vergognarsi�Ma voci e pettegolezzi non riuscivano a salire fin lass�, tra le mura della chiesetta dedicata alla Vergine. Alessandro Carnizzari si sentiva in pace, con se stesso e con gli altri. Guardava le montagne davanti a lui, alte, forti, maestose, inondate da un cielo di luce, accarezzate da un azzurro pastoso. E pi� sotto il lago, tremulo di migliaia di stelle. S�, qui avrebbe trovato quel Dio che cercava. Quass� la sua sete d�infinito si sarebbe finalmente placata.Presso il santuario di Santa Maria sopra Olcio, all�interno della sponda lecchese del Lario, Alessandro rimase per tutto il resto della sua vita. Una vita lunga, e forse felice. Seduti sui gradini della cappella, ce lo immaginiamo intento a riparare il tetto e le mura dell�antico ospizio montano, a strappare al magro orto il poco per una zuppa, a pregare, a lodare, a invocare, con gli occhi colmi di letizia, con le braccia aperte al Creato.Oltre duecento anni sono passati da allora, ma poco � cambiato in questo luogo dove cielo e terra si incontrano. La salita da Sonvico, frazione di Mandello, non � lunga, n� difficile. Un sentiero di pietra, modellato da migliaia di piedi, accompagnato in principio da viti e ulivi, ombrato poi da fitti alberi che s�aprono a tratti, mostrando i monti e il sole. E ogni cento passi una croce, moderna, semplicissima via Crucis a indicare la strada, a fare di una passeggiata nel verde, per chi vuole, un cammino di fede.S�, Alessandro Carnizzari dovette darsi da fare, quando giunse qui in alto, attorno al 1750. La chiesa era antica, antichissima, ma abbandonata da tempo. Un papa, Enrico III, nel 1145 le aveva concesso privilegi straordinari, ricordandola come consacrata al nome di Maria, riconoscendole un ruolo significativo, fondamentale persino, quale luogo di culto e di ristoro per coloro che dalla Valsassina si spingevano al lago, e viceversa.Santa Maria sopra Olcio, dunque, era un punto di riferimento tra la Grigna e il Lario, modesta per dimensioni, eccezionale per importanza. Una piccola chiesa, alcuni raccolti edifici, un chiostro: un ospizio religioso di montagna, insomma, nato probabilmente nell�alto medioevo, attivo certamente gi� prima del Mille. Gestito, all�inizio, dai monaci di san Benedetto, che anche qui potevano dare piena applicazione alla loro regola, Ora et labora. Il viandante vi trovava riparo per la notte, il pellegrino vi riceveva il conforto di una pia parola. Per tutti un panorama incantevole, che si sarebbe portato nel cuore fino a casa: da una parte le cime innevate, dall�altra la distesa del lago.Ai benedettini seguirono forse i templari, i celebri monaci guerrieri che avevano votato la vita alla riconquista della Terrasanta e alla difesa dei pellegrini. � voce popolare a dirlo, ma, come spesso accade in simili circostanze, non vi � alcun documento a provarlo. Ma basta il nome per creare suggestione, per aggiungere il mistero della storia al fascino della natura. E ci si ritrova allora a fantasticare di bianchi mantelli crociati all�ombra della Grigna, a presidio di questo baluardo della fede e della piet�, nostalgici d�Oriente... Ma forse � davvero troppo, e bisognerebbe accontentarsi.Nel Cinquecento, e negli anni a venire, non cess� la devozione popolare, ma venne meno la presenza stabile nel santuario alpestre. L�apertura di nuove vie di comunicazione, pi� rapide, meno impervie, lasciarono pi� isolato che mai il vetusto ospizio, meta s� dei devoti pellegrinaggi della gente lariana, ma dalla cadenza periodica, stagionale, legata per lo pi� alle grandi celebrazioni mariane. Si trov� tuttavia l�occasione di dotarla di begli ornamenti e di un dipinto pregevole sull�altare, una soave Madonna col Bambino vegliata dai martiri Lorenzo e Giuliano, santi particolarmente venerati nel mandellasco.Per tutto ci� ci � cara la figura vaga e dispersa di Alessandro Carnizzari, che nel secolo dei Lumi torn� ad abitare il santuario, facendosi eremita, da ricco che era. Per fede profonda, per amore � ne siamo certi - delle sue montagne. Da qui il suo sguardo si posava sul Sasso Cavallo, accarezzava il pizzo Carbonai, s�arrampicava lungo i torrioni Magnaghi, la cresta Parascioli, la punta Malavello, e poi ancor pi� su, aggrappandosi alla cima aguzza della Grigna settentrionale... Una meraviglia che incanta i cuori e libera la mente. Allora come oggi ancora, per nostra fortuna.

Santa Maria sopra Olcio, dunque, era un punto di riferimento tra la Grigna e il Lario, modesta per dimensioni, eccezionale per importanza. Una piccola chiesa, alcuni raccolti edifici, un chiostro: un ospizio religioso di montagna, insomma, nato probabilmente nell’alto medioevo, attivo certamente già prima del Mille. Gestito, all’inizio, dai monaci di san Benedetto, che anche […]

…Santa Maria sopra Olcio, dunque, era un punto di riferimento tra la Grigna e il Lario, modesta per dimensioni, eccezionale per importanza. Una piccola chiesa, alcuni raccolti edifici, un chiostro: un ospizio religioso di montagna, insomma, nato probabilmente nell’alto medioevo, attivo certamente già prima del Mille…

Comunità Missionarie Laiche PIME

La Comunità Missionarie Laiche PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) ha avuto origine nel 1989. E’ composta da donne che si dedicano, per tutta la vita, alla missio ad gentes, esprimendo una scelta di consacrazione nella forma laicale, con vita comunitaria. La Comunità ha sede a Busto Arsizio (VA) dove ha luogo la formazione alla missione […]

Testo da sostituire

NOTIZIE UTILI - Almenno San Salvatore dista una decina di chilometri da Bergamo, allo sbocco della Valle Imagna, delimitato a oriente dalla scarpata del fiume Brembo. Per raggiungerlo si pu� percorrere la statale 342 Bergamo-Lecco; provenendo dall�autostrada A4 si pu� uscire a Capriate e proseguire in direzione Ponte San Pietro. Un servizio di autobus collega Bergamo con Almenno.Il santuario della Madonna del Castello e l�adiacente chiesa di San Salvatore sono aperti tutti i giorni, ma per verificare le modalit� di visit� � bene contattare il cappellano don Angelo al numero 035.64083.La chiesa di San GiorgioChi ama l�arte medievale ha in Almenno una meta del cuore. � davvero straordinaria, infatti, la concentrazione di testimonianze romaniche in questa parte della provincia bergamasca, a cominciare da quel bellissimo tempio di San Tom� di cui gi� abbiamo parlato su queste pagine qualche tempo fa. Un�altra gemma del tesoro almennese � senza dubbio la chiesa di San Giorgio, che sorge in aperta campagna, tra prati e vigneti, all�incrocio dei due assi viari dell�antico reticolo romano. Eretto verso il 1150, l�edificio ha una sua misurata imponenza, che si esprime soprattutto nell�equilibrio interiore delle tre navate e nella maestria con cui � realizzata la parte absidale. Notevolissimi sono anche gli affreschi, che a pi� riprese, tra la fine del XII e la prima met� del XIV secolo rivestirono la basilica di un variegato manto policromo, oggi soltanto in parte conservatosi, ma che resta punto di riferimento per la conoscenza della pittura bergamasca d�et� medievale.La chiesa, lo si � detto, � dedicata a san Giorgio, cavaliere e martire, uccisore di draghi e salvatore di fanciulle. Che sia allora di un drago, quell�enorme �costola� che pende da tempo immemorabile sopra l�altar maggiore? La voce popolare vuole proprio cos�...
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NOTIZIE UTILI Almenno San Salvatore dista una decina di chilometri da Bergamo, allo sbocco della Valle Imagna, delimitato a oriente dalla scarpata del fiume Brembo. Per raggiungerlo si pu� percorrere la statale 342 Bergamo-Lecco; provenendo dall�autostrada A4 si pu� uscire a Capriate e proseguire in direzione Ponte San Pietro. Un servizio di autobus collega Bergamo […]

Quando poi i Franchi ebbero la meglio sul popolo di Teodolinda, i conti di Lecco presero possesso del feudo di Almenno, fortificando e ampliando gli insediamenti longobardi nell�area. Non solo. Una nuova chiesa dedicata al Salvatore sorse attorno e sopra l�antica, che ne divenne cos� la cripta, ambiente di profonda suggestione, ritmato da colonne con preziosi capitelli romani, destinato a custodire venerate reliquie della Vergine e della Santa Croce.Fino al Mille, e poi ancora oltre, la basilica plebana di Almenno era dunque considerata la pi� insigne, la pi� importante di tutto quel vasto territorio che si estendeva tra la Val Imagna e la Val Brembana, fin quasi alle sponde del Lario, strettamente legata all�autorit� e al prestigio del vescovo di Bergamo. Una chiesa notevole anche nella struttura, impostata su tre navate, con tetto a capriate sostenuto da massicci pilastri a base quadrata: un�architettura di stile preromanico tuttora perfettamente leggibile, che rende questo edificio un unicum in area orobica.Al suo interno, come del resto anche nella cripta, la chiesa di San Salvatore conserva interessanti affreschi di vari periodi: un Cristo Pantocrate, nella volta del presbiterio, risalente alla fine del XII secolo; santi, apostoli e martiri sparsi un po� ovunque, realizzati da mani diverse tra il Trecento e il Quattrocento. E poi un autentico, straordinario capolavoro: il pulpito in pietra arenaria. Databile attorno al 1130, � opera di bellezza perfetta, esempio sublime della semplicit� e della profondit� della scultura romanica in terra di Lombardia, con la rappresentazione, in altorilievo, dei simboli dei quattro evangelisti, e un fregio stupefacente, per grazia ed espressivit�, raffigurante scene di caccia e di lotta fra uomini e bestie, metafora della sfibrante battaglia dell�anima per sfuggire al peccato. Questo pezzo soltanto, c�� da crederci, vale e giustifica il viaggio in quest�angolo della bergamasca.Le guerre tra Milano e Venezia ebbero ripercussioni gravissime anche su Almenno, lasciando ovunque morte e distruzione. La sola chiesa di San Salvatore, nel 1433, fu risparmiata dalla vendetta della Serenissima, ma in quali condizioni di abbandono e povert� essa versasse lo si � ricordato all�inizio. Cos� come si � detto della sua prodigiosa rinascita, che condusse alla costruzione di un nuovo santuario, decorato dagli artisti pi� celebri, arricchito dalla piet� di molti, moltissimi.La cripta longobarda, la pieve antica, il santuario rinascimentale: secoli e secoli di storia, arte e fede radunati, addossati quasi, in un unico grande tempio consacrato al nome di Maria. E l�immagine della Vergine � l�, nel punto pi� alto, in cima a un campanile visibile in tutta la vallata, le braccia aperte ad accogliere. La gente di Almenno pare avere imparato la �lezione�: la bellezza e la tenerezza della Madre le vogliono sempre a portata di sguardo.

Quando poi i Franchi ebbero la meglio sul popolo di Teodolinda, i conti di Lecco presero possesso del feudo di Almenno, fortificando e ampliando gli insediamenti longobardi nell’area. Non solo. Una nuova chiesa dedicata al Salvatore sorse attorno e sopra l’antica, che ne divenne così la cripta, ambiente di profonda suggestione, ritmato da colonne con […]

L�immagine aveva ancora un suo fascino, ma era vecchia, rovinata, poco leggibile. E poi, si sar� detto qualcuno, di quelle raffigurazioni della Vergine col Bambino in grembo ce n�erano in giro tante, per il paese e nella valle... Una pi� o una meno...Di scrupoli, insomma, ce ne furono ben pochi. L�antica chiesa di San Salvatore, ad Almenno, rischiava di crollare, e soldi per sistemarla non ce n�erano, o non si volevano trovare. Per ora, si decise, un sostegno sarebbe bastato, un contrafforte con cui puntellare la facciata. Pazienza se cos� facendo si andava a coprire quello sbiadito affresco mariano, pazienza se un tassello della memoria e della fede delle generazioni passate veniva cancellato d�un colpo...Si era allora nei primissimi anni del secolo decimosesto, e quello che sembrava l�epilogo di una piccola storia un po� triste non era invece che l�inizio di una vicenda prodigiosa. Gi�, perch� un bel mattino, pochi giorni pi� tardi, un gruppo di passanti non solo s�accorse che il dipinto della Madonna col piccolo Ges� era improvvisamente riapparso ben visibile sulla parete esterna della chiesa, ma anche che il puntello di pietre e mattoni si trovava spostato pi� in l�, intatto, di quasi due metri. Proprio cos�: il muraglione non era crollato, n� era stato abbattuto, ma, incredibilmente, miracolosamente, era stato �semplicemente� scostato come da una mano gigantesca. Una �mano� che aveva voluto riportare agli sguardi della gente di Almenno quella sacra immagine frettolosamente occultata.Le implicazioni simboliche di un simile evento sono chiare ed evidenti, tanto che poco importa, forse, sottoporre il racconto popolare a una rigorosa verifica storica. Quel che � certo, infatti, � che dopo quell�avvenimento la devozione mariana parve rifiorire in questa parte della bergamasca, ispirata da nuova fiducia, sorretta da rinnovato vigore. E non solo si recuperarono rapidamente i fondi per restaurare il tempio vetusto di San Salvatore, ma le offerte raccolte da ogni parte furono cos� generose da permettere in breve la costruzione di un nuovo santuario, addossato al primo, bello e grande, con la miracolosa immagine a far da altare.Il complesso della Madonna del Castello - o della Candelora, come pi� comunemente � noto dalle parti di Almenno - sorse dunque cos�, chiesa su chiesa, storia su storia. E ancora oggi, nella festa febbravina della Presentazione al tempio di Ges�, attorno al santuario mariano si raduna una folla di fedeli e un variopinto mercato, a perpetuare una tradizione sempre sentita e davvero vissuta.Ma per comprendere meglio la singolarit� di questo luogo, � bene fare un passo indietro. Un lungo balzo, in verit�, capace di riportarci addirittura ai primi tempi della Chiesa bergamasca, all�epoca della presenza longobarda, quando, quass�, su un balcone di roccia affacciato sul Brembo, venne eretto un palazzo regio e la sua cappella. Palazzo e cappella che, a loro volta, insistevano su realt� preesistenti e ancora pi� antiche: una villa romana d�et� imperiale e un sacro edificio dedicato alla divinit� dei boschi, Silvano.Quando poi i Franchi ebbero la meglio sul popolo di Teodolinda, i conti di Lecco presero possesso del feudo di Almenno, fortificando e ampliando gli insediamenti longobardi nell�area. Non solo. Una nuova chiesa dedicata al Salvatore sorse attorno e sopra l�antica, che ne divenne cos� la cripta, ambiente di profonda suggestione, ritmato da colonne con preziosi capitelli romani, destinato a custodire venerate reliquie della Vergine e della Santa Croce.Fino al Mille, e poi ancora oltre, la basilica plebana di Almenno era dunque considerata la pi� insigne, la pi� importante di tutto quel vasto territorio che si estendeva tra la Val Imagna e la Val Brembana, fin quasi alle sponde del Lario, strettamente legata all�autorit� e al prestigio del vescovo di Bergamo. Una chiesa notevole anche nella struttura, impostata su tre navate, con tetto a capriate sostenuto da massicci pilastri a base quadrata: un�architettura di stile preromanico tuttora perfettamente leggibile, che rende questo edificio un unicum in area orobica.Al suo interno, come del resto anche nella cripta, la chiesa di San Salvatore conserva interessanti affreschi di vari periodi: un Cristo Pantocrate, nella volta del presbiterio, risalente alla fine del XII secolo; santi, apostoli e martiri sparsi un po� ovunque, realizzati da mani diverse tra il Trecento e il Quattrocento. E poi un autentico, straordinario capolavoro: il pulpito in pietra arenaria. Databile attorno al 1130, � opera di bellezza perfetta, esempio sublime della semplicit� e della profondit� della scultura romanica in terra di Lombardia, con la rappresentazione, in altorilievo, dei simboli dei quattro evangelisti, e un fregio stupefacente, per grazia ed espressivit�, raffigurante scene di caccia e di lotta fra uomini e bestie, metafora della sfibrante battaglia dell�anima per sfuggire al peccato. Questo pezzo soltanto, c�� da crederci, vale e giustifica il viaggio in quest�angolo della bergamasca.Le guerre tra Milano e Venezia ebbero ripercussioni gravissime anche su Almenno, lasciando ovunque morte e distruzione. La sola chiesa di San Salvatore, nel 1433, fu risparmiata dalla vendetta della Serenissima, ma in quali condizioni di abbandono e povert� essa versasse lo si � ricordato all�inizio. Cos� come si � detto della sua prodigiosa rinascita, che condusse alla costruzione di un nuovo santuario, decorato dagli artisti pi� celebri, arricchito dalla piet� di molti, moltissimi.La cripta longobarda, la pieve antica, il santuario rinascimentale: secoli e secoli di storia, arte e fede radunati, addossati quasi, in un unico grande tempio consacrato al nome di Maria. E l�immagine della Vergine � l�, nel punto pi� alto, in cima a un campanile visibile in tutta la vallata, le braccia aperte ad accogliere. La gente di Almenno pare avere imparato la �lezione�: la bellezza e la tenerezza della Madre le vogliono sempre a portata di sguardo.

Testo e foto di Luca Frigerio———————————L’immagine aveva ancora un suo fascino, ma era vecchia, rovinata, poco leggibile. E poi, si sarà detto qualcuno, di quelle raffigurazioni della Vergine col Bambino in grembo ce n’erano in giro tante, per il paese e nella valle… Una più o una meno… Di scrupoli, insomma, ce ne furono ben […]

L�immagine aveva ancora un suo fascino, ma era vecchia, rovinata, poco leggibile. E poi, si sar� detto qualcuno, di quelle raffigurazioni della Vergine col Bambino in grembo ce n�erano in giro tante, per il paese e nella valle... Una pi� o una meno...Di scrupoli, insomma, ce ne furono ben pochi. L�antica chiesa di San Salvatore, ad Almenno, rischiava di crollare, e soldi per sistemarla non ce n�erano, o non si volevano trovare. Per ora, si decise, un sostegno sarebbe bastato, un contrafforte con cui puntellare la facciata. Pazienza se cos� facendo si andava a coprire quello sbiadito affresco mariano, pazienza se un tassello della memoria e della fede delle generazioni passate veniva cancellato d�un colpo...Si era allora nei primissimi anni del secolo decimosesto, e quello che sembrava l�epilogo di una piccola storia un po� triste non era invece che l�inizio di una vicenda prodigiosa. Gi�, perch� un bel mattino, pochi giorni pi� tardi, un gruppo di passanti non solo s�accorse che il dipinto della Madonna col piccolo Ges� era improvvisamente riapparso ben visibile sulla parete esterna della chiesa, ma anche che il puntello di pietre e mattoni si trovava spostato pi� in l�, intatto, di quasi due metri. Proprio cos�: il muraglione non era crollato, n� era stato abbattuto, ma, incredibilmente, miracolosamente, era stato �semplicemente� scostato come da una mano gigantesca. Una �mano� che aveva voluto riportare agli sguardi della gente di Almenno quella sacra immagine frettolosamente occultata.Le implicazioni simboliche di un simile evento sono chiare ed evidenti, tanto che poco importa, forse, sottoporre il racconto popolare a una rigorosa verifica storica. Quel che � certo, infatti, � che dopo quell�avvenimento la devozione mariana parve rifiorire in questa parte della bergamasca, ispirata da nuova fiducia, sorretta da rinnovato vigore. E non solo si recuperarono rapidamente i fondi per restaurare il tempio vetusto di San Salvatore, ma le offerte raccolte da ogni parte furono cos� generose da permettere in breve la costruzione di un nuovo santuario, addossato al primo, bello e grande, con la miracolosa immagine a far da altare.Il complesso della Madonna del Castello - o della Candelora, come pi� comunemente � noto dalle parti di Almenno - sorse dunque cos�, chiesa su chiesa, storia su storia. E ancora oggi, nella festa febbravina della Presentazione al tempio di Ges�, attorno al santuario mariano si raduna una folla di fedeli e un variopinto mercato, a perpetuare una tradizione sempre sentita e davvero vissuta.Ma per comprendere meglio la singolarit� di questo luogo, � bene fare un passo indietro. Un lungo balzo, in verit�, capace di riportarci addirittura ai primi tempi della Chiesa bergamasca, all�epoca della presenza longobarda, quando, quass�, su un balcone di roccia affacciato sul Brembo, venne eretto un palazzo regio e la sua cappella. Palazzo e cappella che, a loro volta, insistevano su realt� preesistenti e ancora pi� antiche: una villa romana d�et� imperiale e un sacro edificio dedicato alla divinit� dei boschi, Silvano.Quando poi i Franchi ebbero la meglio sul popolo di Teodolinda, i conti di Lecco presero possesso del feudo di Almenno, fortificando e ampliando gli insediamenti longobardi nell�area. Non solo. Una nuova chiesa dedicata al Salvatore sorse attorno e sopra l�antica, che ne divenne cos� la cripta, ambiente di profonda suggestione, ritmato da colonne con preziosi capitelli romani, destinato a custodire venerate reliquie della Vergine e della Santa Croce.Fino al Mille, e poi ancora oltre, la basilica plebana di Almenno era dunque considerata la pi� insigne, la pi� importante di tutto quel vasto territorio che si estendeva tra la Val Imagna e la Val Brembana, fin quasi alle sponde del Lario, strettamente legata all�autorit� e al prestigio del vescovo di Bergamo. Una chiesa notevole anche nella struttura, impostata su tre navate, con tetto a capriate sostenuto da massicci pilastri a base quadrata: un�architettura di stile preromanico tuttora perfettamente leggibile, che rende questo edificio un unicum in area orobica.Al suo interno, come del resto anche nella cripta, la chiesa di San Salvatore conserva interessanti affreschi di vari periodi: un Cristo Pantocrate, nella volta del presbiterio, risalente alla fine del XII secolo; santi, apostoli e martiri sparsi un po� ovunque, realizzati da mani diverse tra il Trecento e il Quattrocento. E poi un autentico, straordinario capolavoro: il pulpito in pietra arenaria. Databile attorno al 1130, � opera di bellezza perfetta, esempio sublime della semplicit� e della profondit� della scultura romanica in terra di Lombardia, con la rappresentazione, in altorilievo, dei simboli dei quattro evangelisti, e un fregio stupefacente, per grazia ed espressivit�, raffigurante scene di caccia e di lotta fra uomini e bestie, metafora della sfibrante battaglia dell�anima per sfuggire al peccato. Questo pezzo soltanto, c�� da crederci, vale e giustifica il viaggio in quest�angolo della bergamasca.Le guerre tra Milano e Venezia ebbero ripercussioni gravissime anche su Almenno, lasciando ovunque morte e distruzione. La sola chiesa di San Salvatore, nel 1433, fu risparmiata dalla vendetta della Serenissima, ma in quali condizioni di abbandono e povert� essa versasse lo si � ricordato all�inizio. Cos� come si � detto della sua prodigiosa rinascita, che condusse alla costruzione di un nuovo santuario, decorato dagli artisti pi� celebri, arricchito dalla piet� di molti, moltissimi.La cripta longobarda, la pieve antica, il santuario rinascimentale: secoli e secoli di storia, arte e fede radunati, addossati quasi, in un unico grande tempio consacrato al nome di Maria. E l�immagine della Vergine � l�, nel punto pi� alto, in cima a un campanile visibile in tutta la vallata, le braccia aperte ad accogliere. La gente di Almenno pare avere imparato la �lezione�: la bellezza e la tenerezza della Madre le vogliono sempre a portata di sguardo.
Provincia di Bergamo

Provincia di Bergamo

…E l’immagine della Vergine è là, nel punto più alto, in cima a un campanile visibile in tutta la vallata, le braccia aperte ad accogliere. La gente di Almenno pare avere imparato la “lezione”: la bellezza e la tenerezza della Madre le vogliono sempre a portata di sguardo.

NATALE A DRESDA

NATALE A DRESDA

A Dresda, capitale della Sassonia, in Germania, il Natale è di casa, anzi, di storia, perchè risale al 1434 la tradizione dello Striezelmarkt , il mercatino dell’artigianato e dei dolciumi natalizi.Nella grande piazza dell’Altmarkt, proprio nel centro della città, da metà novembre fino alla vigilia di Natale, è festa grande per i bambini che hanno […]

653 - Itinerari Redazione Diocesi

BELGIOIOSO

BELGIOIOSO

Veniva da lontano, Philippe Du Bois. Da una terra al di là delle Alpi, e ancora più su, dove la parlata francofona risuonava di uno strano accento, e dove le donne andavano per strada con alti copricapi e alti sandali di legno. Era in viaggio da più di un mese ormai, e la stanchezza bussava […]

NOTIZIEUTILI - La chiesetta di San Giacomo della Cerreta si trova nella campagnaattorno a Belgioioso, a una decina di chilometri a est di Pavia,lungo l�antica via Francigena che scorreva parallela al Po.Giunti nella frazione di San Leonardo, occorre proseguire in direzioneOspitaletto.Per visitare il piccolo, delizioso santuario, che conserva interessantiaffreschi e una statua lignea cinquecentesca di San Giacomo, bisogna rivolgersialla vicina trattoria (chiusa il marted�).Per informazioni, tel. 0382.969170.

NOTIZIE UTILI – La chiesetta di San Giacomo della Cerreta si trova nella campagna attorno a Belgioioso, a una decina di chilometri a est di Pavia, lungo l’antica via Francigena che scorreva parallela al Po.Giunti nella frazione di San Leonardo, occorre proseguire in direzione Ospitaletto.Per visitare il piccolo, delizioso santuario, che conserva interessanti affreschi e […]

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Ausiliarie diocesane

Ausiliarie diocesane

Le Ausiliarie Diocesane mettono la propria vita e la propria fede al servizio della missione apostolica della Chiesa diocesana che è in Milano . Evangelizzare è per loro la grazia e la vocazione a cui si dedicano, è la loro identità più profonda. A questo scopo raccolgono la loro vita attorno ai consigli evangelici con il voto di castità, povertà e obbedienza che emettono nelle mani dell’Arcivescovo, il quale è anche il Superiore dell’Istituto. Testimoniano nella loro vita comunitaria il segno di quella fraternità ecclesiale che condivide gioie e fatiche per il Regno di Dio. Come le donne della resurrezione proclamano Gesù vivo e presente nella storia umana e operano perché questa storia sia, per tutti, luogo di salvezza e di santità. La loro vocazione è contemporaneamente e inscindibilmente orientata alla “vita consacrata” che accolgono come dono ecclesiale e alla “dedicazione a vita” alla edificazione della Chiesa. ( cfr. Statuto delle Ausiliarie Diocesane – approvato il 12/4/98) La sede è: AUSILIARIE DIOCESANE Via S. Francesco, 1/A  20030 -Seveso Tel. 0362-509674 http://www.ausiliariediocesane.it/ (Per l’elenco delle Ausiliarie diocesane e i loro impegni pastorali vedi la sezione della Guida della Diocesi).

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Adoratrici Perpetue SS. Sacramento Seregno

Monasteri di clausura femminili in Diocesi

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