Figlio di Giorgio Montini, nacque a Concesio (Brescia) nel 1897. Appartenente a una cospicua famiglia borghese di forti tradizioni cattoliche, G. B. Montini, compiuti gli studi presso il collegio Arici, entrò nel seminario di Brescia dove fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920.
Nel 1924 era già aiutante nella Segreteria di Stato e parallelamente ebbe l’incarico di assistente sociale della F.U.C.I. Nel 1937 fu nominato sostituto della Segreteria di Stato; nel 1944 divenne il collaboratore più stretto di Pio XII, con monsignor Tardini. Il successivo ventennio di collaborazione con papa Pacelli caratterizzò senza dubbio la formazione, la mentalità e l’azione del futuro cardinale e pontefice. La sua epoca sarà segnata dal passaggio dall’era pacelliana a quella giovannea, dalla svolta mondiale dalla "guerra fredda" e dal successivo "disgelo", dal nuovo porsi della Chiesa romana di fronte al mondo, dalla problematica sollevata dal Concilio Vaticano II e dal periodo post-conciliare. Infine, la questione ecumenica, il fenomeno della secolarizzazione e del dissenso cattolico, i rapporti nuovi ad alto livello politico tra la Santa Sede e i Paesi comunisti. Nel 1952 era eletto prosegretario di Stato per gli Affari Ordinari della Chiesa; nel 1954 arcivescovo di Milano; nel 1958 diventava cardinale. Quando papa Giovanni XXIII indisse il Concilio, il cardinale Montini collaborò attivamente (Lettera pastorale: Pensiamo al concilio, della quaresima del 1962). Alla morte di Giovanni XXIII, Montini gli succedette il 21 giugno 1963.
Il Pontificato di Paolo VI
Primo compito del nuovo papa fu la conduzione del Concilio compito tutt’altro che semplice e che seppe portare a compimento manifestando una statura spirituale e culturale straordinaria.
La sua azione si caratterizzò subito per la volontà di portare a termine il discorso innovatore ormai iniziato, anche se essa non poteva prescindere dalla prudenza di un temperamento e di una personalità per molti aspetti diversi da quelli di Giovanni XXIII. Uomo di grande carità e mitezza non riuscì ad inserirsi in pieno nel mondo dei mass media, spesso poco ben disposto nei confronti della sua figura.
Il Concilio Vaticano terminava l’8 dicembre 1965; cominciava quella che molti – forse impulsivamente – consideravano una nuova era della storia della Chiesa romana. Papa Montini fu da una parte prudente in talune aperture d’ordine disciplinare o ecumenico e fu dall’altra molto sensibile ai problemi del Terzo Mondo e della pace mondiale. Basti considerare la lettera enciclica Populorum Progressio del 26 marzo 1967 che ben si colloca accanto a quel coraggioso documento conciliare che è la Gaudium et Spes (7 dicembre 1965).
La lettera apostolica Octogesima Adveniens (1971) rivela ulteriormente la condanna dell’ideologia marxista e del liberalismo capitalistico, ma anche la sua sensibilità sociale. Particolare coraggio e spirito pastorale animerà poi Paolo VI nella questione della regolamentazione delle nascite (enciclica Humanae vitae) e del problema della fede e dell’obbedienza alla gerarchia. Uno dei momenti forti del suo pontificato fu l’anno giubilare (1975), caratterizzato dal massiccio concorso di 8 milioni di pellegrini.
L’anno santo si chiuse l’8 dicembre con la pubblicazione dell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, il più lungo documento papale del suo pontificato.
Dal 1975 al 1978 perseguì con determinazione, fino alla sua morte, sia la politica ecumenica sia quella verso i Paesi dell’Est europeo.