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Genitori & figli

La famiglia come scuola di amore

Il cardinal Tettamanzi definisce l’uomo come «un essere amato e capace di amare». Non sempre viene spontaneo pensare agli esseri umani nella loro capacità di amare; soprattutto in un’epoca, la nostra, di “passioni tristi”, di disillusioni, frammentazione sociale, ridefinizione o disgregazione della famiglia tradizionale; in un’epoca, citando ancora il cardinale, di “analfabetismo affettivo”, dove il linguaggio dell’amore manca o peggio è confuso, ambiguo. Eppure la capacità di amare è un’esperienza centrale nella fede cristiana...

di Stefania Perduca Psicoterapeuta

12 Maggio 2011

Eppure potenzialmente siamo proprio chiamati alla relazione con l’altro, definiti dal rapporto con l’altro, capaci di relazioni intime e durature. Potenzialmente, certo, esiste la scelta personale ma prima di questa esiste un’esperienza che costruisce il nostro sé: essere stati a nostra volta amati. Un’esperienza centrale nella fede cristiana e fondante dal punto di vista psicologico. Essere amati ci permette di amare, ma prima ancora ci permette di esistere. Prima di venire al mondo fisicamente un bambino esiste nella testa e nel cuore dei propri genitori che, mentre lo attendono, gli attribuiscono caratteristiche specifiche (Sarà sveglio e simpatico! Sarà capriccioso come te?) che pongono le basi della sua identità.

Il modo in cui gli altri ci immaginano, ci vedono e ci attendono è la prima fonte di origine di noi stessi: impariamo chi siamo dagli altri, un po’ come se fossero uno specchio nel quale vediamo la nostra immagine riflessa. Il modo in cui i genitori ci rispecchiano forma non solo la nostra immagine di noi,  come persona amabile o non amabile, ma anche la visione del mondo e delle altre persone, accoglienti o di rifiutanti, e della possibilità di stabilire relazioni affettive durevoli e soddisfacenti. Le prime relazioni sono la culla del nostro sé, della nostra possibilità di essere uomini e donne, della nostra capacità di amare noi stessi e gli altri. Allora, tornando alle riflessioni del Cardinale, come può una famiglia – «ambito primo e privilegiato per educare all’amore» – rendere attuale le potenzialità di amare di ciascuno di noi?

EDUCARE ALL’AMORE SIGNIFICA…
… anzitutto educare ad essere persone autentiche. Il genitore è chiamato al difficile compito di amare il proprio figlio in modo incondizionato, solo perché egli esiste e non perché “fa cose giuste” o “dice cose belle”. Il genitore accetta in maniera positiva e incondizionata il bambino quando lo accetta come persona, lo apprezza, consentendogli di esprimere tutto se stesso, anche nei sentimenti riprovevoli che ognuno di noi ha sperimentato e sperimenta nella vita.

Il genitore offrendo accettazione fonda la fiducia di sé ancora quando il bambino è molto piccolo. E’ una sfida certo, soprattutto in un mondo dove i modelli da raggiungere sono tanti ed elevati: l’efficientismo, il benessere, la forma fisica, l’elevata performance cognitiva e dove il rischio di non accettazione (se non sei bravo, non esisti) è forte negli ambienti professionali e sociali in genere. Una sfida anche perché invita l’adulto a correre il rischio che il figlio non sia esattamente quello desiderato e sperato.

EDUCARE ALL’AMORE SIGNIFICA…
… anche educare alla consapevolezza di sé. Se sono cresciuto come essere “amabile”, allora non avrò paura di guardarmi dentro, di scoprire come sono fatto nelle mie potenzialità e limiti, nei miei successi e fallimenti, nelle mie grandiosità e piccolezze di essere umano. Non avrò paura neanche di mostrarmi all’altro e di comunicare i miei sentimenti, di fondare relazioni intime, di donarmi totalmente, e a mia volta di accettare l’altro senza svalutazione. Ecco un’altra sfida per i genitori: concedere fiducia al figlio e alle persone che incontrerà e che sceglierà.

EDUCARE ALL’AMORE SIGNIFICA…
…educare all’impegno. Ovvero ad amare si impara. Riprendendo un altro passaggio dell’omelia, l’amore riguarda «mente, cuore, corpo, intelligenza, libertà, apertura al vero, desiderio del bene, anelito all’infinito, bisogno di Dio». La famiglia può mostrare con l’esempio e raccontare a parole la storia delle proprie relazioni di coppia o di amicizia, evidenziando che l’amore implica più aspetti della persona: il sentimento si intreccia alla scelta ed implica la volontà e la rimotivazione. Posso scegliere di portare avanti una scelta grazie alla mia volontà e posso scoprire nuove ragioni per amare, magari diverse da quelle iniziali e apprezzarle; scoprire che le persone cambiano ma possono essere amate in modi nuovi e con linguaggio nuovi.