Quasi un’autobiografia, filtrata attraverso le tracce della presenza dello Spirito santo, caratterizza la prima parte di questa lettera in cui il cardinal Martini sembra coniugare a livello comunitario il cammino proposto l’anno precedente nella regola del cristiano ambrosiano. Nel ribadire più volte il fatto che lo "Spirito è presente e all’opera prima di noi, più di noi e meglio di noi", il Cardinale sottolinea come nell’individuazione della "giusta misura del rapporto tra il rispetto dei cammini individuali di maturazione nella libertà e il coinvolgimento collettivo caldo ed entusiasta nella comunità" ci sia il segreto di un’azione pastorale docile all’azione dello Spirito.
Dalla lettera giunge un invito alle comunità parrocchiali, alle associazioni, ai gruppi e ai movimenti affinché si "sottomettano volentieri e con generosità al giudizio della Parola di Dio e si aprano al soffio dello Spirito". Per questo il Cardinale offre un preciso decalogo per un esame di coscienza della comunità. Di grande efficacia il riferimento alla parabola dell’amico importuno (Lc 11,5-8) nella quale il cardinal Martini individua il riferimento a chi bussa alla porta della comunità cristiana chiedendo il pane della Parola di Dio: un gruppo o una comunità che non si lasciasse scomodare dall’amico importuno, scrive l’Arcivescovo, non potrebbe mai dirsi aperto all’azione dello Spirito.