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Come la Chiesa degli apostoli nella società per nuove culture

31 Marzo 2003

La quarta parte del testo sinodale si occupa della Chiesa nella società e cultura contemporanea.

Afferma che «la Chiesa ambrosiana… auspica che i cristiani… operino efficacemente al costante miglioramento delle istituzioni pubbliche e della organizzazione dello Stato come condizione di una maggiore libertà e giustizia a vantaggio di tutti i cittadini, specialmente di quelli più deboli» (cost. 550 e cf i capitoli 24-26: costt. 521-611).

Dobbiamo quindi imitare, anche sotto questo aspetto, la Chiesa degli apostoli che non si oppose alle istituzioni ufficiali e necessarie per l’organizzazione della società; né pretese creare strutture parallele o sostitutive, memori della testimonianza data da Cristo a Pilato: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36).
La Chiesa apostolica appare dagli Atti determinata ad immettere nella società e nelle sue istituzioni "lo spirito evangelico" che evidenzia e afferma una serie di valori-verità irrinunciabili come beni per tutti:

* la persona umana, primo valore della creazione e quindi degna del massimo rispetto;

* l’uguaglianza di tutte le persone e la scoperta che la condizione umana è unica e identica nonostante le differenze;

* la fratellanza, come amore per i propri simili e quindi la concordia; non rivalità e guerre; * la solidarietà o capacità reale di compartecipazione di beni, esperienze, forze e anche di problemi, sofferenze, angosce;

* la libertà di coscienza sottomessa soltanto a Dio e alla sua volontà; per questo diventa indispensabile l’ascolto della Parola di Dio;

* la ricerca della verità come esigenza di ogni cultura che voglia essere libera dai condizionamenti ideologici e politici;

* la giustizia che riconosce a ciascuno il suo, non fa del male a nessuno e impegna a vivere onestamente operando il bene come Dio comanda;

* la possibilità di conversione e di salvezza per tutti indistintamente;

* la pace, come condizione ideale per una convivenza costruttiva e più felice;

* una visione globale della vita, aperta quindi alla speranza di una vita eterna in Dio, alla quale si arriva attraversando il suo giudizio finale .

Fin dai primi capitoli della storia scritta da S. Luca, si vede la Chiesa apostolica entrare nella società e nelle sue molteplici culture e confrontarsi con esse. Si trova subito di fronte un popolo comprensivo, accogliente e persino entusiasta; ma anche un potere politico diffidente o contrario. Il programma di quei primi cristiani però, non è di abbattere le istituzioni governative, ma di evidenziare gli errori e le ingiustizie di coloro che gestiscono il potere, e di promuoverne la giustizia e la libertà di coscienza. Pietro e Giovanni, al primo processo, accusano i capi di avere ucciso un innocente e affermano che i cristiani devono ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini.
Lo stile di vita dei primi cristiani mette in crisi una cultura dominante, provocando riforme e rinnovamento dei costumi sociali: per questo l’apostolo Giacomo viene ucciso da Erode. A Filippi e a Efeso, Paolo con i suoi amici, accusati di gettare il disordine nella città, di essere sovversivi e antisociali, con la forza della Parola libera le persone dallo sfruttamento, dall’alienazione e dall’idolatria che le rendeva spersonalizzate e dipendenti da idoli costruiti dall’uomo, dalle cose quindi.
Ancora Paolo, a Gerusalemme, denuncia la tortura e la corruzione dei funzionari di stato, pur riconoscendo al potere politico la caratteristica della laicità e il ruolo di amministratore e tutore dell’ordine pubblico.
Da qui un’ulteriore riprova che la fede cristiana non propone specifici modelli politici e sociali, ma alcune modalità essenziali e uno spirito capace di animare dall’interno la società e farla vivere.
Parafrasando l’espressione della Lettera a Diogneto dei tempi apostolici, "i cristiani anima del mondo", si può dire che "la Chiesa degli apostoli è anima della società".

Chiediamoci allora: come possiamo anche noi animare la nostra società? Quale lievito dobbiamo essere per smuoverla, fermentarla, promuoverla, renderla fragrante e più vivibile?

Prima di tutto dobbiamo convincerci che una simile operazione esclude ogni idea o progetto di dominio del mondo. Gesù l’ha spiegato bene ai suoi discepoli: «I capi delle nazioni dominano… spadroneggiano…; ma voi non fate così. Voi siate ultimi e servi di tutti» (cf Mt 20,25-26). Si tratta di penetrare in tutta la pasta come il lievito, e come la luce far risaltare la realtà anche nelle sue contraddizioni. Gesù ci chiede non la prepotenza repressiva, ma una costante lievitazione sociale "mediante l’amore" che sempre rispetta la libertà dell’uomo, e "mediante l’illuminazione" del mondo con la verità.
E’ quindi la cultura della verità e dell’amore che dobbiamo ricostruire e diffondere proclamando, come Paolo ad Atene, la verità rivelata da Cristo contro l’ignoranza e l’agnosticismo, e la gratuità di Dio e del suo amore come risposte al dubbio e all’angoscia dell’uomo contemporaneo.