Nato a Todi, Martino era diventato diacono della Chiesa di Roma; per le sue qualità non comuni di dottrina e di santità, fu inviato dal papa a Costantinopoli come nunzio apostolico. Nel 649 fu eletto papa, in un tempo di rapporti difficili con l’Oriente, sia in campo politico che religioso, a causa delle diverse posizioni circa il monotelismo.
Martino non attese, come era stato fatto in precedenza, la conferma dell’imperatore alla sua elezione, e dopo solo sei mesi indisse un concilio a Roma, riunendo nella chiesa del Laterano quasi tutti i vescovi italiani, una trentina di vescovi orientali e una rappresentanza di quelli africani: dai tempi di Costantino i grandi concili erano sempre stati indetti dagli imperatori, o con il loro consenso.
Fu allora che l’imperatore volle dare una lezione al vescovo di Roma: inviò a Ravenna, come esarca, Olimpio, con l’ordine di far sottoscrivere ai vescovi italiani e ai cittadini più ragguardevoli, un decreto nel quale si vietava di discutere di monotelismo. Martino poi, con astuzia, venne arrestato e deportato; nel 655 iniziava così l’ultima tappa della sua vita nel Chersoneso, in Crimea, dove morì nel settembre del 655.
Per la fedeltà alla vera dottrina e per l’esempio di santità, Martino I venne subito ricordato non solo nella Chiesa romana, ma in quella greca e slava, e da tutti venerato come martire.