Nasce a Colonia intorno al 1030 dalla nobile famiglia degli Hartenfaust. Compie gli studi nella celebre scuola cattedrale di Reims dove divenne, giovanissimo, maestro di teologia. Ordinato presbitero, fu canonico di quella cattedrale e apprezzato insegnante nella stessa scuola. Per venti anni tenne alta la fama di questo centro accademico e vi formò discepoli famosi, come il futuro papa Urbano II e sant’Ugo vescovo di Grenoble.
Ma quando alla cattedra episcopale di Reims fu eletto Manasse, un vescovo notoriamente simoniaco, Bruno che, secondo l’indirizzo dato alla cristianità da Gregorio VII, operava per una vera riforma del mondo ecclesiastico e civile, fu esonerato da tutti gli incarichi ed espulso dalla diocesi. Alla deposizione di Manasse, operata dal Concilio di Lione del 1080, Bruno rifiutò l’elezione a vescovo di Reims che tutti sollecitavano, e si orientò verso una forma di vita più conforme al suo desiderio di ricerca di Dio, nella solitudine e nel silenzio.
Si ritirò dapprima a Molesme, presso il suo antico maestro, l’abate Roberto, e poi a Grenoble, dove il vescovo Ugo, suo antico allievo, gli assegnò un luogo solitario (la Chartreuse), che divenne la culla dell’Ordine Certosino, e dove si configurò una forma di vita fortemente eremitica, ispirata ai Padri del deserto, ma in un quadro cenobitico. Ma Urbano II, per portare avanti la riforma avviata da Gregorio VII, nella grave congiuntura in cui si trovava con un antipapa alle porte della città, volle accanto a sé l’antico maestro, e Bruno venne a Roma con un gruppo di compagni. Da qui però, perdurando i dissidi tra il pontefice e l’impero, tornò presto a cercare la solitudine dell’eremo, ritirandosi in Calabria, dove, vicino a Serra, fondò una nuova Certosa (oggi Serra San Bruno). Poco lontano, affluendo numerosi vecchi e nuovi discepoli, aprì poi un secondo eremo, Santo Stefano di Bosco, che divenne il più importante.
Bruno morì nel 1101, e non fu mai ufficialmente canonizzato. Ma la sua memoria, a partire dall’ambiente certosino, è passata nei libri liturgici romani nel 1622, come quella di un maestro che indica all’uomo, che cerca la propria verità, la via evangelica dell’attesa del Regno promesso, nella preghiera incessante, nella lotta segreta del cuore contro le passioni e nell’ascolto della Parola che il Padre rivolge ai suoi figli.