Le Chiese d’Oriente e d’Occidente hanno celebrato fin dall’antichità, in modi diversi e in date differenti, la festa della Trasfigurazione. Introdotta in Armenia nel IV secolo, e nel V secolo nell’area siriaca, la festa fu celebrata per ricordare la dedicazione di una chiesa sul monte Tabor.
In Occidente la festa si diffuse nel sec. XI, e papa Callisto III, nel 1457, l’estese alla Chiesa universale in seguito alla vittoria riportata contro i Turchi a Belgrado, la cui notizia giunse a Roma proprio il 6 agosto.Un riferimento preciso alla Trasfigurazione del Signore l’abbiamo nel vangelo della II domenica di quaresima, ma non si tratta di un doppione, perché nel tempo quaresimale non abbiamo una festa propriamente detta della Trasfigurazione. Ricordando l’episodio biblico nel quale Gesù fu trasfigurato davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni mentre conversava con Mosè ed Elia, la Chiesa vede in Cristo il compimento di tutte le Scritture, Colui che rivela all’uomo la sua vocazione alla divinizzazione.
Paolo VI concluse la sua vita terrena proprio alla sera di questo giorno dell’anno 1978. A un Angelus del 6 agosto aveva ricordato come “la Trasfigurazione getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana e ci fa rivolgere la mente al destino immortale che quel fatto adombra. Sulla cima del Tabor Cristo svela per qualche istante lo splendore della sua divinità, e si manifesta ai testimoni prescelti quale realmente è, il Figlio di Dio; ma fa vedere anche il trascendente destino della sua natura umana, che egli ha assunto per salvarci, destinata anch’essa, perché redenta dal suo sacrificio d’amore irrevocabile, a partecipare alla pienezza della vita, alla sorte dei santi nella luce”.